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All'esordio di un grande amico
Era una sera oramai inoltrata e si passeggiava in gruppo per le vie di Roma, partendo dalla stazione, passando per la fontana di Trevi, il Pantheom sino ad arrivare in piazza Navona. Si cercava qualcosa da fare ma non c'era tanta gente in giro. Un po sconsolati decidemmo di spostarci verso Campo dè fiori per trovar più fortuna e qualche donzella in più...
L'indomani Marco avrebbe disputato una partita di campionato all'Olimpico vestendo la maglia celeste della sua nuova squadra e noi altri saremmo andati a vederlo giocare. In attesa della partita l'unico mio pensiero era quello d'avere una dolce compagna al mio fianco.
In una traversa lungo il viale che da Campo dè fiori porta a Trastevere, trovammo un ostello e senza aspettare un secondo prenotammo due doppie spendendo non ricordo quanto. Passammo la notte a bere come disperati, come solo noi sardi sappiamo fare, offrendo a tutti i pochi passanti, raccogliendo sorrisi, occhiatacce, frastimmi e qualche bella chiaccherata. Avevamo di tutto, dalle birre all'assenzio, mirto, una bottiglia di vino, l'immancabile gin lemon, cinque grammi d'hashish, e una bottiglia di vodka se non ricordo male. La serata volò via come un tiro di salvia divinorum e devo dire che non ricordo praticamente niente di ciò che successe, l'unica cosa che mi è rimasta in mente fu lo sboccolare di Stefano lungo tutto il viale che portava all'ostello.
Ci svegliammo la mattina presto senza nessun motivo e con ancora in corpo tutta la colossale sbronza della notte prima, c'incamminammo a testa bassa verso destinazione ignota... Damiano cuffia nera, giubbotto blu, pantaloni larghi neri, scarpe bò e sguardo rivolto all'asfalto, Stefano classico mutino blu notte, cresta disperata, jeans mezzo sfasciati come le all star nere che porta sempre; Marco non lo vidi la mattina perchè uscì molto prima per il raduno che si fa prima di ogni partita (chissà dove). Ricordo ancora la tensione nei suoi occhi nelle prime ore, poi svanita dopo la bevuta di qualche birra e qualche canna. Tornò prima in ostello per non finirla come noi, l'ha sempre fatto quando l'indomani doveva andare a giocare. Ed io, non saprei dire com'ero vestito, l'unica cosa che mi ricordo è che indossavo il lungo giubbotto che mio padre mi regalò tempo fa.
Almeno quattro ore di camminata a testa bassa per tre anime vaganti alla ricerca di qualsiasi evento di massa, qualche bagassa o magari per accontentarci un po di sangue di maiale con pabassa...
Sarà stato il passo tutto scordinato, fatto stà che mi ritrovai al campo d'aviazione di Monserrato tra il campo del Monserrato 92 e quello di calcio a sette delLa Salle... Tutta quella tanta gente attaccata alla rete che divide i due campi per osservare la partita che si disputava nel campo di calcio a sette! Tra quel mucchio di gente spiccava una bella mulata dai lunghi capelli lisci come piastrati e labbra carnose dal taglio molto particolare. Era in compagnia di un'amica mezzo uomo e mezzo... uomo: capelli diciamo a caschetto ma con le punte che risalivano verso l'alto, praticamente sembravano le corna di un mammut, basette non come Elvis ma quasi, bassa con uno sguardo come se avesse sempre davanti agli occhi la cosa più brutta del mondo, denti enormi e soprattutto l'assenza di un incisivo che creava un ghigno ancora più ripugnante di quanto poteva essere pur avendolo, ma poi del resto dove c'è un cesso di donna si sà, c'è sempre il culo di una bella fanciulla.
Avvicinandomi alla rete, la mulata si voltò lanciandomi uno sguardo di timido aprezzamento e cogliendo l'attimo gli passai di spalle appoggiandole le mani delicatamente nei fianchi, sfiorando quel bel culetto sodo con il mio caro membro e con il naso tra il collo e i capelli mi riempì i polmoni del suo profumo di pelle sudata... Fù un attimo, volevo fare un qualcosa per volta, quindi presi a guardare la partita e notai subito che c'era Damiano vestito come l'avevo perso, nel bordo del campo che veniva incitato dagli altri a togliersi le mani dalle tasche ed entrare in campo per giocare. "Ma io non so giocare a calcio!!" disse sconsolato entrando in campo, si posizionò in difesa e prese a dare calci al vento a mò di karateka. Poi mi voltai sulla sinistra dove si trovavano le panchine e vidi Stefano in maglietta, scarpette e pantaloncini che guardava la partita (sicuramente pronto ad entrare)in compagnia del vecchio Mister Maurizio di cui non ricordo il cognome.
Non ricordo se fosse finito il primo tempo o addirittuta l'intera partita, comunque sia entrai in campo e incominciai a girare su me stesso, prima piano poi sempre più veloce sino al punto che non riuscì più a fermarmi... Girava tutto, non distinguevo più niente incominciando a preoccupparmi, pensando che non sarei più riuscito a fermarmi! Incominciai a Urlare "Aiutatemi cazz!!! Non riesco a fermarmmmimiiiii!!"
Rotolavo su tutti, la gente che cercava di fermarmi ma andavo troppo veloce, quando mi sentì preso per mano e un viso mi si propose davanti con fermezza... Era la bella mulata. Dalla felicità ripresi a girare tenendola per mano e alzandola da terra come si fa con i bambini: giravo e giravo e lei che rideva felice e il tempo passava passava...
Quando ci fermammo il sole tramontava e i fari dell'Olimpico stavano per illuminare il campo al massimo della loro potenza. L'esordio di Marco purtroppo lo persi praticamente tutto, preso dal mio girare con la mulata, infatti non seppi mai quanto finì quella partita.
Ero ai bordi del campo e negli spalti di certo non c'era il tutto esaurito, ma il suo effetto lo facevo comunque: Marco mi passò affiancò dicendo: "Guarda che adesso dobbiamo giocare un'altra partita, penso sia per beneficienza", rimasi un po così: "Ma devo giocare anch'io?!" e lui con tono quasi scontato: "é certo!!".
Mi diede una felpa da mettere al contrario, mi guardai le gambe e avevo gia le scarpette e i miei pantaloncini distrutti che usavo all'oratorio tempo fa e che si distrussero definitivamente in Valle della Luna. Ero nella squadra con la felpa al contrario celeste, quella di Marco. Non ricordo tanto della partita, solamente che era zavorrato ed ogni cambio di direzione sembrava che dovessi spostare lo stadio intero. Marco che mi passava la palla ed io che dovevo rincorrerla e praticamente neanche una volta che riuscì a prenderla o recuperarla."Carlo, non sei per niente in forma!" mi fa. "E grazie al cazzo!".
Ritornai in chissà quale luogo che sentivo familiare, una casa in legno credo; salì al primo piano mi tolsi praticamente tutto di dosso tenendo solo un asciugamano nella vita, cercai il bagno e al primo colpo lo trovai. Entrai senza bussare e ci fu una bella e una bruttissima sorpresa: la bella mulata e la ragazza mammut senza incisivo. Mi ricordo la mulata che sedeva ai bordi della vasca e la mammut che si faceva il bagno, mi fecero un sorriso entrambe come se volessero giocare e li capì che se volevo la mulata, doveva partecipare anche la cara amica... chissà a quanti avran fatto questo gioco! Mi sedetti anch'io nel bordo, infilai i piedi nella vasca e subito il cesso con voce più tremenda del suo viso: "noooo, adesso ci sono io... se entri faccio scendere l'acqua così non ti puoi fare il bagno, quest'acqua calda è l'ultima che era rimasta!!"
Lei rise, la mulata mi guardava con ghigno malizioso ma allo stesso tempo ambiguo, mi tolsi l'asciugamano e senza saperlo avevo il pene quasi un cetriolo; mi sdraiai nella vasca, l'animale mi diede le spalle appogiandomi il culo nel vegetale. Aveva un seno grossissimo e i capezzoli sporgenti e fu l'unica cosa che mi spinse a incominciare la danza; provai in tutti modi a insalivarle il capezzolo destro ma senza riuscirci. Stufo di fare la parte dello scemo, eccitato alla grande, al cospetto della mulata desiderata, m'alzai trovandomi di fronte alla mulata con il suo viso all'altezza dell'uccello.
Allungai l'indice verso la sua bocca e lei senza indugi incominciò a succhiarlo con cura notando una strana deformazione del labbro superiore al momento di contrarlo nel gesto di succhiare, poi s'alzo e con l'altra mano l'afferai per quel bel sederino entrando e uscendo ripetutamente nei suoi passaggi del piacere. Ero talmente eccittato che stavo per esplodere e quando me lo prese in mano
per masturbarmi, prese un ritmo talmente veloce quasi da farmi venire all'istante."Stai calma, hai fretta?!" Ma ormai era troppo tardi...
La mattina non vidi più nessuno degli altri, nè la bastarda mulata, nè il mammut...
Mi svegliai che avevo le mutande e i pantaloni del pigiama bagnati...
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