Quella notte lei era di nuovo in preda alla disperazione…era al telefono con lui…parlavano per metafore e lui le esibiva la più sincera disposizione a voler essere al posto suo per cercare di farla reagire.
Le disse:”Vorrei farti da scudo, poterti prendere per la mano e guidarti dietro la mia schiena e proteggerti…e poter finalmente constatare se farebbero la stessa cosa anche con me…”. Dopo qualche minuto di esitazione gli rispose:”Probabilmente ti ignorerebbero o ti scosterebbero per continuare a sfogare la loro rabbia, la loro indignazione su di me…”.
La sua voce così flebile e così frequentemente alternata tra istanti di afonia ed altri di raucedine…la sentiva così distrutta…era semplicemente così distrutta…in un improvviso impeto di rabbia nei confronti di coloro che, a suo parere, l’avevano ridotta così rispose:”Non si può spostare una montagna…”. E lei:”Ma tu non sei una montagna, sei una persona…!”rispose quasi come se ci fosse stato un improvviso ritorno all’infanzia, come quando i bambini in coro correggono la maestra che volutamente ha sbagliato a pronunciare qualcosa per capire se c’è attenzione, e si sentono così gratificati e soddisfatti del loro intervento…ma l’ingenuità di lei scaturiva solo da un profondo senso di solitudine, di isolamento quasi degenere, di disperazione repressa.
Colto da un profondo sentimento d’amore e da un’istintiva saggezza tipica di colui che vuole preservare allo scopo di proteggere il proprio prediletto risponde:”Ma io non sono una persona qualunque, sono colui che ti ama ed è mio dovere, se-non-ché diritto, non permettere loro di ridurti in uno stato fisico e psichico a dir poco pessimi…”.
Detto questo seguì un lungo silenzio animato qua e là da singhiozzi convulsi e rumorose inspirazioni col naso finchè lei disse:”…Ora sono stanca…. ho gli occhi gonfi…. non ho quasi più voce…voglio solo dormire…”…Lui la sentiva…sapeva che voleva essere cullata…sapeva che voleva essere accarezzata…sapeva che voleva avere compagnìa…sapeva che voleva sentirsi amata…Per una volta si sentì così in dovere di soddisfarla, di doverle tanto, che fece ciò che il suo cuore gli ordinò di fare..
Quella notte rimase sveglio al telefono con lei che dormiva, ascoltando con pazienza, gioia e affetto i suoi respiri affannati come una persona che assiste per amore e per dovere un proprio caro che è malato e in fin di vita…
Di quella notte tutto ciò che lei ricorda è una frase…<Sei tutto ciò che ho…sei la mia vita…>, ma non è mai riuscita a capire se il suo era stato solo un sogno o tutto frutto della sua fervida immaginazione;una cosa però era certa…Non poteva essere la realtà………………….