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"Amore reale... da incontro... virtuale"
Ci siamo incontrati a metà strada, Firenze, appena due ore dalle nostre abituali dimore. Al casello di Firenze Nord, siamo scesi dalle auto, con il cuore che ci scoppiava in petto. Impacciati, come due adolescenti al loro primo giorno di scuola. E si che ne abbiamo di vita alle spalle. Ci siamo guardati, stretti la mano per i convenevoli; sembravano due pezzi di marmo, fredde, timorose.
Mi sei piaciuta subito, nel reale, più bella di quella foto stampata su messenger - Ciao... Michele! - Ciao... Margherita! - Pure la voce tradiva il nostro imbarazzo; ma forse era la piacevole constatazione che la persona che ci stava davanti, era più di quello che ci aspettassimo, andava oltre i nostri sogni. Siamo rimasti lì, impalati, con la mano nella mano, incapaci di staccarle; il contatto ci era piaciuto.
Dicono che lo stare bene di due corpi, è questione di pelle, e le nostre si scambiarono un grande brivido.
- Che facciamo? - Restiamo quì impalati? - Ridesti di cuore.
Restai affascinato dal tuo ridere. - Deve essere mia! - Pensai; anche tu lo pensasti, me lo confidasti dopo.
Lasciammo le auto in un parcheggio e ci incamminammo verso il centro. Parlavamo del più e del meno, argomenti futili; il mio solo pensiero era fare all'amore con te, forse pure il tuo.
Certo, sapevamo il perchè di quello incontro; ci accompagnava la voglia di noi.
Su Ponte Vecchio ti presi la mano, colsi un piccolo tremore nella tua.
Nel grazioso ristorante, seduti, uno di fronte all'altro, continuavamo a parlare del niente, con in mente solo il momento magico. Ogni gesto, ogni piccolo addentare cibo, era un assaporare parte di pelle e corpo dell'altro, in un voluttuoso e libidinoso gioco, che faceva crescere a dismisura il desiderio.
Chiamai il cameriere e sottovoce chiesi: - Avete una stanza per un pisolino dopo pranzo? - Quanti giorni vi fermate? - Oggi! - Forse anche domani! - Si! - Però dovreste essere precisi! - Intanto facciamo per oggi, poi vi facciamo sapere! - Va bene! - Con discrezione, mi raccomando! - Il cameriere strizzò l'occhio e si allontanò.
Fu Lui a darmi le chiavi, nel momento di consegnarmi il conto, con l'abilità e l'esperienza di chi agevola molti incontri di amanti.
Ricordo il numero della stanza, 3, nel piano ammezzato; solo pochi gradini e poi il Paradiso.
Presi Margherita per mano, volevo trasmetterle la mia felicità, la gratidudine per essersi fidata, per aver accettato un'incontro con Michele, un perfetto sconosciuto.
- Aspè! - mi disse, nel suo Italiano un po pasticciato - Fammi prendere fiato! - Mi gira la testa! - Forse sara il vino? - Le presi il viso tra le mani e delicatamente la baciai sulle labbra. - Margherita, non aver timore! - Ora entriamo, ci sediamo, fumiamo una sigaretta e parliamo! - Se non ti senti pronta, se hai qualche dubbio, non fartene un problema! - Ci rinfreschiamo e poi andiamo in giro a visitare questa splendida città! - Mi sorrise, forse rassicurata dal mio dire, forse davvero non si sentiva pronta. Del resto, che ne sapevo io di Margherita? Vero che era nata una simpatia e forse attrazione tra noi; ma da questo a fare l'amore con uno che non era suo marito, il passo è lungo. E se fosse stata la prima volta? E se l'apparire spregiudicata nei nostri contatti fosse stata tutta una maschera? Una posa, un voler apparire a tutti i costi una donna moderna? E adesso, trovandosi quì con me, si fosse risvegliata e trovata la Margherita mamma, moglie e con la paura di riscoprirsi donna?
Ci sedemmo sul divano del salottino; quella non era una camera, era un vero e proprio appartamento. Accendemmo una sigaretta e ci guardammo negli occhi.
Avrei dato non so cosa per sapere cosa stesse pensando; restò a guardarmi, aspirando a pieni polmoni il fumo.
- Scusami! - Le dissi - Io vado di là! - Faccio una doccia! - Sapevo che rischiavo di perderla, volevo darle il tempo di riflettere, volevo che accadesse senza forzature; mi piaceva troppo, quella non era una donna da una botta e via.
I capezzoli del seno, ancora sodo, dietro la mia schiena, cancellarono domande ed ansie. Margherita era con me sotto la doccia, lo scroscio dell'acqua aveva coperto il suo entrare; o era entrata leggera come un sogno?
-Non ti voltare! - Fammi restare un momento così! - Aderì con tutto il corpo al mio; sentii il suo pube pressato alle mie natiche, i seni schiacciati sulla schiena, il viso appoggiato sulla spalla. - Ho paura! - È la prima volta che stò con un uomo che non sia mio marito! - Cosa potrà accadermi? - Mi girai, le presi il viso tra le mani, volevo tenerla stretta, coccolarla, come il cuore suggeriva, ma il desiderio, accresciutosi nelle lunghe ore passate in messenger, con scritti anche audaci, il calore del suo corpo aderente al mio, ebbero un effetto devastante; l'erezione fu violenta, improvvisa, maestosa, ebbi quasi vergogna, tentai di scostarla. Margherita mi guardò fissa negli occhi, le lessi l'anima; ardeva dal desiderio di essere amata, posseduta, come da tempo forse non le accadeva; ritornare femmina calda e vogliosa che nell'Io sapeva di essere, che lo era stata, e che da tempo, complice l'abitudine a fare l'amore con l'uomo della sua vita, pensava di non esserlo più.
Le bocche si cercarono forsennatamente, le lingue scavarono l'interno, attorcigliandosi voluttuosamente.
Discostò le gambe, imprigionando tra le cosce la mia mascolinità. Le baciavo il collo, leccavo le orecchie; Margherita appoggiò la schiena alla parete protendendo l'addome, stringendo di più le gambe, attenta a non far scivolare il mio sesso dalla morsa.
Le leccavo il collo, le ascelle, il seno, mordicchiando i turgidi capezzoli _ Si! - Cosi! - Mordili! - Sussurrava. Il suo alito profumato mi inebriava, la lingua che leccava l'interno delle mie orecchie, mi sconvolgeva; la strinsi con passione, leccando ogni centimetro di pelle che in quella posizione riuscivo a raggiungere. Margherita, con le spalle poggiate al muro, protendeva e ritraeva il suo ventre, carezzando il mio essere con le grandi labbra della sua femminilità.
Mi scostò all'improvviso, si accovacciò tra le mie gambe, afferò il fallo - Che bello che è! - Come è duro! - Poi, avvicinandolo alle labbra gli parlò dolcemente, come se potesse sentirla. - Come sei groso! - Bello, bello, bello! - Delicatamente lo baciò; con la lingua saettante, massaggiò il glande, prepotentemente proteso verso quelle labbra carnose. Si fermò, sollevò la testa; gli occhi cercarono i miei; erano carichi di dolce malizia. Afferrò i miei glutei e con movimento deciso mi attirò a se, imboccando parte del mio essere. Mi sentii morire. Margherita mi stava regalando piaceri intensi, mi sentii avvolto in una carezza soave.
Con gli occhi chiusi e con il viso stravolto dalla libidine, muoveva il capo, man mano più veloce, facendo uscire, per poi riprendere, nella sua bocca, parte della mia virilità. Al culmine di quelle sensazioni inenarrabili, le misi le mani dietro al capo, accompagnando il suo movimento; facevo all'amore con la sua bocca, e Lei, ripiena di me, mi succhiava l'anima.
Esplosi in mille contrazioni, Margherita, con le mani arpionate alle mie natiche, mi attirava a se, ad ogni spasmo, succhiando e bevendo, avidamente, la mia linfa vitale.
Si sciacquò la bocca nel lavello - Dai! - Lavati anche tu! - Ci fumiamo una sigaretta! - Mi appoggiai stravolto al lavandino, avevo goduto come da tanto non mi succedeva; mi lavai e raggiunsi Margherita nella camera da letto.
La trovai distesa sul letto, senza accappatoio; il suo corpo, ancora sodo, ricoperto da un lenzuolo che le nascondeva il pube. - Passa di là! - Stenditi di fianco a me! - Mi passò una sigaretta accesa e poggiò la testa sul mio petto. - Avevi un buon sapore! - Ed io avevo sete di te! - Rise a crepapelle alle sue parole; ed io restai a fissarla.
Ci raccontammo la nostra quotidianità, aspirando avidamente il fumo delle sigarette, con le mani che carezzavano i corpi, donandoci teneri brividi. Fermai la mia sul Monte di Venere, giocando con la folta peluria che ricopriva l'ambita fonte di piacere.
Con le dita discostai le grandi labbra, percorrendo con il medio, il meraviglioso sentiero, titillavo il già gonfio clitoride, per poi discendere fino all'ano, carezzandolo, e poi risalire, e ancora, all'infinito. Margherita assecondava il mio carezzare con sospiri languidi e discostando le gambe, mentre la mono, racchiusa a pugno, scivolava lungo il pene con movimento lento, in una dolce masturbazione.
Ci abbracciammo, forsennatamente cercammo le bocche, le mani correvano lungo i corpi a cercare ogni millimetro di pelle. Il fallo mi doleva, ogni senso di noi era teso a captare il piacere dello stare avviluppati. I corpi si attorcigliarono, si capovolsero; le boche bramavano dissetarsi alle fonti del piacere.
Divaricò le gambe, prese la mia testa tra le mani, nel vano tentativo di farsi baciare la femminilità, ormai pregna di umori. Mi liberai deciso, discesi lungo le cosce baciando e leccando ogni centimetro; accovacciato sul letto, le alzai una gamba, leccando e mordicchiando i piedi, catturando, ad uno ad uno, nella mia bocca, tutte le dita, succhiandole come tanti clitoridi. Margherita si dimenava stringendo con forza la mia verga, masturbandola violentemente. Risalii l'interno delle cosce, baciando con delicatezza ora l'una ora l'altra, fino ad arrivare al pube. Leccai tutto intorno, facendo gemere quella caldissima donna. Spostava, continuamente, il ventre, alla ricerca della mia bocca. _ Mi fai morire! - Mangiami! - Leccami! - Succhiami! - Con mossa repentina, mi costrinse con le spalle sul letto, accovacciandosi sul mio viso.
- Leccami adesso! - Leccala tutta! - Afferrò i capelli, e tenendomi fermo, strusciò tutta la sua voglia per l'intera mia faccia. L'odore di muschio selvatico, come Lei definiva il suo odore di femmina, il sapore dolciastro dei suoi umori copiosi, scatenarono la mia sete di Lei.
Mi attaccai alla sua natura come una ventosa, succhiando tutto il nettare, penetrando e asciugando con la lingua, l'interno della dolce tana. I rantoli di goduria emessi da Margherita, liberarono la mia libido - Succhiami anche tu! - Spalancò le fauci, e come un rettile a pasto, ingoiò, pezzo dopo pezzo, per intero la mia mascolinità.
Divaricò al massimo le gambe, offrendomi la visione del roseo anfràtto, il solco della via del piacere e la meravigliosa natura, contornata da una folta peluria chiara.
Mi succhiava con sapienza, leccando e poi imboccando, fino alla radice, il mio pene. La mia lingua impazzita, scendeva lungo le grandi labbra, leccando fino al roseo pertugio, violandolo delicatamente, poi risaliva fino al clitoride gonfio e duro. Mordichiandolo e succhiandolo all'infinito. Margherita godeva ripetutamente, inondandomi del dolce nettare. Di colpo si staccò dal pene, si girò, sedendosi sul mio stomaco, afferrò il fallo svettante, e lo poggiò all'ingresso della sua femminilità. Mi fissò negli occhi, il suo sguardo voglioso, pregustava il momento. Poi, con colpo deciso, si infilzò fino alla radice. - Non ti muovere! - Fermo così! - Fammelo gustare! - Me lo prendo io! - Si muoveva lentamente, in una sorta di danza del ventre; sentii distintamente l'utero massaggiare il glande pronto ad esplodere. La femminilità di Margherita pulsava, sentivo le sue contrazioni, i suoi spasmi; stava venendo, a flotti e continuamente.
Mi morse il labbro, e poi il collo, muovendosi più velocemente, facendo uscire il fallo, per poi penetrarsi con colpo secco. Si dimenava come un'ossessa, leccandomi e parlando nel mio orecchio. - Così! - Non ti muovere! - Fammi violentare il tuo fallo! - Bello, bello! - Sei tutto in me! - Squarciami! - Artigliò i miei fianchi e iniziò a cavalcarmi selvaggiamente, con colpi violenti, sempre più velocemente.
Assecondavo i suoi movimenti, assestando colpi di bacino al suo infilzarsi; i nostri corpi si penetravano in perfetto sincronismo. - Si! - Così! - Più forte! - Distruggimi! - Esplodemmo assieme, in mille contrazioni, gridando alla stanza il nostro godere, e con eco il rumore dei corpi che si penetravano violentemente.
Restammo fusi, uno sull'altro, incapaci di abbandonare il corpo dell'amante, sgomenti del piacere provato.
Si erano fatte le otto, erano cinque ore che stavamo chiusi in quella alcova; cinque ore di intense godurie, in un possedersi senza fine. Dovevamo andare, ritornare alle nostre quotidianità; ed entrambi dovevamo percorrere più di trecento kilometri di autostrada.
Ci vestimmo velocemente, senza dire una parola, guardandoci negli occhi; con quello sguardo ci dicemmo tutto. Fu triste lasciarci, ci baciammo teneramente; entrambi sapevamo che ci saremmo rivisti.
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