Si può scrivere un racconto di primavera in inverno? Ho scritto "Racconto d'autunno", poi "Racconto d'inverno" ed ora vorrei scrivere, appunto, "Racconto di primavera". È chiaro che mi sono ispirata alle quattro stagioni di Vivaldi, non per presunzione, ma semplicemente perché lo adoro. Il fatto è che l'inverno non è solo fuori di me, ma dentro di me. E l'inverno significa amarezza, delusione, rancore. Quest'ultimo è la cosa che mi fa stare più male. Finora la scrittura è stata, per me, bisogno di comunicazione ed anche terapia psicologica. Vediamo se funziona come terapia morale.
La vite americana sul mio terrazzo, fino a poco tempo fa era rossa e bellissima, punteggiata da foglie giallo oro. Adesso è solo una rete intricata di rami secchi ed io mi chiedo: "La rivedrò germogliare? Rivedrò quei germogli verde brillante, turgidi, che da un giorno all' altro esplodono in centinaia di foglie?" Tra i rami della mia vite americana, due anni orsono, una coppia di uccelli fece il nido e nacquero tre o quattro uccellini. Non ricordo. Presero tutti il volo, con mia grande gioia. Il nido restò vuoto e il vento dell' inverno successivo se lo portò via, come tante altre cose che il tempo mi ha tolto: la giovinezza, la salute. La bellezza no. Non l' ho avuta per molto. Da bambina, sì, l'avevo, ma qualcosa o qualcuno me la rubò. Rivedrò la prossima primavera? Non voglio essere patetica e non ditemi: "Ma si, la rivedrai!" Che ne sapete? Non lo sappiamo né io né voi. Ma se la rivedrò voglio tornare a vedere il mare dove giocavo da bambina. Voglio risalire la lunga gradinata che portava all' Istituto Maria S. S. Bambina, una scuola di suore dove ho frequentato l'asilo e le prime due classi elementari. È vicinissima a S: Pietro e, poiché non disturbava la megalomania mussoliniana, è stata risparmiata dalla distruzione dei Borghi. Per quello che ricordo era una scuola bellissima. Attraverso una scala coperta, si saliva ad un giardino pensile ricchissimo di fiori, alberelli, cespugli. Quando le suore ci portavano lì a giocare, pensavo sempre all' Eden. Le suore vi parlano molto presto dell' Eden, soprattutto per ammonirvi sulle conseguenze del peccato originale. Vi parlano di espulsioni, di cadute di angeli ribelli. Sì, cominciano presto a spaventarvi. E, con lo spavento, via via se n'è andata la mia bellezza e soprattutto la mia gioia di vivere. Ma... Ma c'è lo Spirito che soffia dove vuole. Ho la presunzione di credere che su me abbia soffiato, compensandomi con tanti doni delle cose che mi sono state tolte. Soprattutto mi ha ridato, pur nella fatica, la gioia di vivere e l'amore della bellezza.
Se la prossima primavera non vedrò i germogli della vite americana, spero di guardare, colma d'amore, una bianchissima Colomba, una effusione di luce che svelerà il mistero della mia vita.