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Le generazioni a qualcosa servono.
- Buongiorno.- li salutò il medico
- Buongiorno.- dissero insieme.
- Ho il risultato del vostro test del DNA.-
- Quindi? Il bambino è mio?- chiese lui.
- Indubbiamente.-
- Te l’avevo detto.- sibilò offesa
- È tanto che vi frequentate.- domandò il medico.
- No.- rispose lui.- È stata una relazione occasionale abbastanza inaspettata.-
Il medico aggrottò le sopracciglia severo:
- Potrebbe essere sua figlia…-
- Senta si faccia i cazzi suoi e non mi rompa con moralismi scontati.- lo interruppe lui.
Ho quarant’anni.
Sono un imprenditore di discreto successo.
Ho un’ex moglie a cui passo volentieri più degli alimenti che dovrei, di nome Maria.
Ho anche una figlia di vent’anni, io e Maria ci siamo sposati in fretta, che vive con la madre. Si chiama Giorgia. Io l’adoro. Per lei, come si usa dire, darei la vita.
Gio in effetti è un po’ viziata, d'altronde, per via del divorzio, sia io che sua madre l’abbiamo coperta di regali e di attenzioni. Tutto sommato però è una brava ragazza, un po’ frivola, un po’ egocentrica, un po’ egoista, ma non molto di più di tante altre della sua età.
Sono un bell’uomo, c’è poco da fare. Ho ancora tutti i capelli, leggermente brizzolati ma con classe, li porto abbastanza corti. Faccio molto sport, vado anche in palestra, niente pancia.
Ho una bella vita sociale, vesto bene, mi tengo aggiornato, so sempre tutto sull’ultimo Strega, ho un buon rapporto con la tecnologia.
Ho abbastanza soldi per permettermi tutti gli sfizi che voglio: belle macchine, alcune belle case, alcune belle signore che mi allietano le serate se le porto in giro sulla mia bella macchina, offro loro delle belle cenette romantiche, dei bei aperitivi, nei posti giusti, qualche bel regalo.
Sono felice, faccio il divorziato da quindici anni e sono felice.
Da qualche tempo trovo anche Gio in giro. La nostra è una piccola città, l’aperitivo si fa nei soliti tre o quattro posti, quelli che vanno di moda in quel periodo lì. Ogni tanto la vedo, seduta con le sue amiche e i suoi amici.
I primi tempi che ci incontravamo in questi frangenti eravamo tutti e due un po’ impacciati, d’altronde le generazioni a qualcosa servono. Io la salutavo, lei mi salutava, ma poi tornava alle sue discussioni, io alle mie e facevamo un po’ finta di non vederci.
Adesso è gia un due tre anni che ci incontriamo, così, al bar. Siamo molto più sciolti: si avvicina, mi da un bacio, si fa pagare da bere e poi torna dai suoi amici. Io le torno il bacio, pago da bere, torno dai miei amici e sono contento.
Un sabato sera arrivo al bar, saluto qualcuno che conosco ma non trovo nessuno con cui mi vada veramente di fare due chiacchiere. Ordino un bicchiere.
Gio non l’avevo neanche vista, è venuta lei a salutarmi.
-Ciao papi- mi fa.
-Uei?" dico sorpreso?" non ti avevo vista.-
- Sei solo?-
- Mah, sembra di si, non c’è in giro nessuno stasera. Ma vedrai che qualcuno arriva?" intanto arriva il bicchiere di vino.
- Dai, vieni a sederti con noi.- ordina.
- No, beh no, non mi pare il caso… sei con i tuoi amici.- mi aveva preso alla sprovvista. Devo dire che però fare la figura del padre amicone che si siede a bere con i coetanei della figlia mi allettava.
- Dai papi. Cosa vuoi che sia, sono tutti simpatici.-
Alla fine ho ceduto e l’ho seguita al tavolo.
-Ragazzi, vi presento mio padre.-
-Ciao.- ho detto.
Giro di presentazioni e strette di mano.
Ci sono Tony, Baz (s’è presentato proprio così), Sandro, i tre maschi, Milly, Sara e Federica le tre femmine, in più mia figlia e io.
Quello che ho capito subito è che Federica è una figa imperiale, che tutti e tre i maschi vogliono farsela, che nessuno dei tre ha la minima speranza.
Mentre mi avvicinavo al tavolo m’ero imposto una regola: “se vuoi risultare simpatico a gente che ha ventenni meno di te non fagli pesare il fatto che hai vent’anni più di loro.” Così me ne sono stato un po’ in disparte ad ascoltare i discorsi dei ragazzi, a capire se potevo entrarci e in che misura. Nel frattempo ho pagato un giro a tutti.
I ragazzi parlavano di macchine le ragazze di musica e borsette. Sentendomi caduto in un orrido clichè, decido di prestare attenzione alle automobili. Lunga lista di automobili più o meno sportive, più o meno eleganti, più o meno costose. Quella si, quella no, quella ha più ripresa, quella ha più classe ma non mi piacciono le motorizzazioni.
Quando hanno citato la mia ho pensato “adesso mi inserisco” e me ne sono uscito con:
- Ce l’ho.- neanche fosse una figurina.
Momento di surplass, i tre ragazzi tacciono poi:
- E com’è? ?" fa Tony.
Ok, penso, sono in discussione.
Così parlo un po’ della mia macchina, poi faccio parlare un po’ loro che è importante, poi faccio un paio di battute un po’ idiote, un paio un po’ sconce, ridono, pago un altro giro per tutti. Missione compiuta, sono integrato.
Ogni tanto guardo di sfuggita Federica, senza farmene accorgere spero. Tra scollatura e mini mi sta risvegliando certe zone che non si vorrebbero sveglie in presenza di tua figlia e dei suoi amici. “Cazzo se me la scoperei” è il pensiero che mi fulmina il cervello per un momento. Lo scaccio.
Così passa il tempo dell’aperitivo.
Sono le nove, è ora di andare a cena e Baz mi fa:
- Vieni a mangiare con noi?- Non so se non mi abbia mai dato del lei ma mi accorgo ora che mi da del tu.
- Non so… - gli rispondo, tergiverso per rifiutare, cerco una scusa.
Mia figlia tutta contenta squilla:
- Dai papi, vieni a mangiare con noi.-
Mi giro a guardarla un po’ stupito. “Col cazzo che avrei invitato a mangiare la pizza mio padre con i miei amici, non alla sua età comunque” penso.
- Ben, bon, va bene. ?" dico. Federica mi sorride sorniona, un po’ come tutti.
“Cazzo se ti scoperei” mi fulmina il cervello.
Beh, la serata decolla. Io mi fingo giovane, i giovani ci cascano, così dopo la pizza ce ne andiamo al pub. Si beve e si chiacchiera, sto bene, ma mi accorgo che mia figlia diventa un po’ fredda mentre Federica mi dedica un po’ troppe attenzioni. Sarà l’alcool ma la situazione mi sta di colpo stretta, decido di ritirarmi. La scusa è facile: sono vecchio.
- Beh ragazzi, io ho una certa età, è ora che vada a dormire.-
Mia figlia insiste perché resti ma ormai si vede che no è più sincera.
- No, dai Gio, vado a casa.- le dico.
Tutti salutano, ciao. Ciao.
- Mi accompagni a casa? Non sto tanto bene.- è Federica.
“Oh cazzo” penso
- Va bene.- dico cortese.
Paghiamo e usciamo, saliamo sulla mia macchina e ci avviamo verso casa.
- Non è vero che sto male, è che dopo un po’ mi annoio a stare con loro, li trovo infantili.- dice più al cruscotto della macchina che me.
- Ah, capisco.- rispondo più al volante che a lei.
“Oh cazzo, penso”
- Tu vuoi proprio andare a casa?-
“OH CAZZO” penso più forte.
- Vuoi venire a bere qualcosa a casa da me? ?" chiede qualcuno usando la mia voce.
Mica me lo ricordavo che a vent’anni hanno la pelle fatta in quella maniera lì. Mica me lo ricordavo come sono le donne a vent’anni quando fanno all’amore. E son proprio belle.
A questo pensavo, a tratti interrotto da spasmi celebrali che si traducevano con : “che cazzo fai? Che cazzo stai facendo?”
Ho accompagnato a casa Federica che erano le tre passate pregando dio che non raccontasse niente a Gio, pregando molto dio, più di un dio.
Me ne sono tornato a casa e ho bevuto due bei bicchieroni di whisky, intanto che aspettavo che venisse mattina, senza una goccia di sonno, e piuttosto confuso.
- No- dice?" è che lei potrebbe essere sua figlia - fa il medico serio.
- In che senso?" il tono del medico stava cominciando ad inquietare lui.
- Nel senso che dall’esame del DNA risultano due profili compatibili con una parentela padre figlia.-
- … - dice lui mentre una strana cosa gli si muove tra stomaco e intestino e sente brividi accapponagli la pelle.
- … - dice il medico che lo guarda con un misto di pietà e ribrezzo sicuro dei dati che ha in mano in cui lui risulta nonno di suo figlio.
- Oh cazzo.-dice lui.
Lei taceva.
EPILOGO:
Io sono il signore tuo dio. Io sono il narratore onnisciente.
Ci sono cose che capitano nelle città piccole. Molto piccole. I bambini nascono tutti nello stesso ospedale, crescono nelle stesse scuole, frequentano le stesse squadre di calcio, di basket di pallavolo. Ci sono al massimo due scuole di danza. Due scuole di musica.
Capita.
Capita che due ragazze nate a distanza di due giorni, nello ospedale, stiano insieme nella stessa nursery, come si dice adesso, e poi si incontrino, quindici anni dopo, al liceo e diventino amiche per la pelle. Capita che il giovane padre di una si scopi l’altra perchè è proprio un figa imperiale, perché come dice lui, a vent’anni una donna è proprio bella.
Ma poi ci sono i problemi delle persone, i problemi di testa, la cattiveria.
Per esempio, metti che qualcuno, perché ha dei problemi tutti suoi, perché la vita gli si è rivoltata contro, abbia un piccolo tarlo nel cervello; metti che sia un infermiere, e metti che da vent’anni scambi bambini nella culla, non sempre, solo quando ne ha occasione, solo quando sa che può farlo senza che nessuno se ne accorga. Non lo so, per esempio quelli finiti per qualche giorno in incubatrice, che i genitori non li hanno ancora visti da vicino, che le infermiere ne hanno visti passare talmente tanti che ormai non distinguono nemmeno più i lineamenti.
Metti tutto questo, metti un po’ di sfiga, un anticoncezionale che non fa il suo lavoro, va a finire che diventi nonno di tuo figlio.
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