racconti » Racconti storici » La rivoluzione gentile
La rivoluzione gentile
- Claudio, sembra che a Praga succederà qualcosa come nel 1968-
mi disse Maurizio, un mio amico giornalista,
-che ne diresti di accompagnarmi e farmi da fotografo?-
Come perdere un'occasione del genere? Era la prima volta che venivo chiamato a fare il fotoreporter. Organizzai al volo le mie cose, comprai una trentina di pellicole e via: era novembre del del 1989. Alla fine di quel viaggio avevo scattato più di quattromila foto.
Pochi giorni dopo a Praga le prime foto, ci furono due morti, negli scontri, ma alla fine fu dichiarata l'indipendenza dall'Unione Sovietica. Aspettavamo i carri armati russi che non giunsero, ma le foto, con tutte quelle candele accese, in Piazza Venceslao, nei vicoli del centro, in ricordo dei morti di circa vent'anni prima, tra i quali Jan Palach, erano di un effetto tremendo. Ancora oggi guardandole mi commuovono. Restammo lì qualche mese, fotografai tutta quella euforia di libertà, volti felici, conferenze del neo Presidente, momenti bellissimi, locali e birrerie aperti fino a tardi, discoteche improvvisate con musica rock, atmosfera da "volemose tutti bene". Ragazze stupende con le quali era oltre che piacevole fare amicizia. Sembrava una festa continua. Poi, in aprile mi sembra, giunse il Presidente degli Stati Uniti e, dalle bandiere a stelle e strisce che avevano invaso Praga, sembrava che la "Rivoluzione Gentile", come fu chiamata, l'avesse condotta lui.
Dopo qualche tempo americani ed europei avevano letteralmente svaligiato i negozi di cristalli di Bohemia, le bellissime ragazze avevano imparato a prostituirsi in cambio di dollari e marchi.
L'atmosfera gioiosa dei primi mesi aveva lasciato il campo a momenti meno poetici pur conservando Praga un qualcosa di affascinante, con i suoi ponti, i suoi quartieri centrali, le piazze affollate di turisti, la cultura che si respirava comunque nei vicoli del centro.
Una delle cose più significative da vivere in quella fine d'estate fu l'abbattimento della statua di Stalin che si ergeva su di una collina antistante Praga. Sotto la collina c'erano delle grotte dove fu organizzata una mostra di architettura, fotografie e arti visive tra vecchio e nuovo, e naturalmente una discoteca di "Metallica" di gruppi locali che davano libera espressione a tanti anni di repressione culturale sovietica. Si uscì da quelle grotte soltanto il giorno seguente dopo ogni tipo di eccesso: birra, musica da stordire, fumo e sesso libero.
Anche le Repubbliche Baltiche, in quella tarda primavera, si chiamarono indipendenti. Riuscimmo a prendere un visto di ingresso presso un fantomatico Consolato Lituano a Varsavia.
Vilnius era barricata soprattutto intorno al Palazzo della TV. Anche lì tutti in attesa dei carri armati russi che non arrivarono. Feci delle foto in bianco e nero eccezionali. Ricordo di aver passato dei giorni bellissimi a Vilnius, in tutti i sensi: eravamo fra i pochissimi occidentali in giro. La gente lituana è veramente gentile e amichevole.
Anche lì, la sensazione della libertà fu indescrivibile: bisognava esserci per respirare quell'atmosfera, comunque meno contaminata di Praga, ma anche intellettualmente più povera. La stessa Vilnius non potrà mai avere le bellezze architettoniche di Praga.
Decidemmo di andare più a Nord e eccoci in Estonia. Anche qui un'aria di libertà, differente però. Loro in Estonia sono sempre stati diversi dai russi, forse già più liberi anche prima dell'indipendenza. E penso, personalmente, di aver visto qui le più belle ragazze d'Europa.
Avevamo conosciuto dei ragazzi che facevano del mercato nero contrabbandando merci dalla vicina Helsinki i quali ci cambiavano i nostri soldi e ci fecero da guida nei vari locali notturni di Tallin.
L'unico grande problema dell' indipendenza, in quei mesi iniziali, fu la progressiva mancanza della distribuzione di generi di prima necessità: bloccatosi il sistema russo, pian piano i negozi restavano privi di merci.
Lasciammo Tallin non senza esserci deliziati delle bellezze locali: per noi abituati alle censure e al bigottismo del cattolicesimo, la libertà sessuale dell'educazione materialista era veramente qualcosa di nuovo e soprattutto di piacevole. Anche qui, almeno in quell'epoca, il clima generale non era affatto contaminato. Eravamo arrivati al mese di dicembre, un anno che eravamo in giro, ma decidemmo comunque di entrare in Russia attraverso un treno che ci condusse a San Pietroburgo.
Il viaggio fu qualcosa di fantastico: su quel treno a carbone ci venne offerto di tutto dalle popolazioni locali, stranite dalla nostra presenza: avevamo deciso di fare quel viaggio in quel modo per poter raccontare quei posti esattamente come erano.
Come descrivere gli odori, le sensazioni, gli sguardi, la solidarietà, la promiscuità?
In quel viaggio ho appreso una cosa che non dimenticherò mai: i poveri sono sempre disposti a dividere in due un tozzo di pane; prova a chiedere una piccola parte dei suoi beni ad un ricco!
Sicuramente Maurizio ha fatto buoni articoli, io come fotografo sto raccontando solo le mie sensazioni a distanza di circa vent'anni.
San Pietroburgo è veramente una bella città che merita di essere visitata. Riuscimmo a trovare una stanza in affitto al quarto piano di un edificio proprio a fianco dell'Ermitage. Al primo piano ci abitava il Sindaco. Anche qui, file chilometriche davanti a negozi dai scaffali vuoti. Noi, ci salvammo grazie al favorevole cambio e potemmo mangiare al ristorante del Lenin Hotel. Ma nonostante le bellezze naturali della città, nonostante una innata gentilezza delle persone, qui non c'era stata nessuna proclamazione d'indipendenza e poi la città è abbastanza grande.
Eravamo ospiti paganti della famiglia di un professore di filosofia che conosceva molto lontanamente un po' di francese. Aveva tre figli e la più piccola si infilava sempre nella nostra stanza quando rientravamo. Tutte le sere la signora al nostro rientro al tramonto ci offriva una caldissima tazza di tè. Mancavano pochi giorni a Natale e decidemmo di tornare in patria, non senza fare la nostra brava azione. Dal momento che non avevamo più tanto bisogno di rubli, ed avendone una buona scorta cambiata al nero lasciammo in una busta un "present" per i bambini: tre o quattro volte il valore delle due settimane d'affitto.
Non dimenticherò mai quell'immagine commossa della madre che ci guardava, con la piccola in braccio, piena di riconoscenza, mentre prendevamo l'ascensore, salutandoci con larghi gesti delle braccia.
123
un altro testo di questo autore un'altro testo casuale
0 recensioni:
- Per poter lasciare un commento devi essere un utente registrato.
Effettua il login o registrati
Opera pubblicata sotto una licenza Creative Commons 3.0