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Tutta Una Vita
Alcide si era appena infilato nella tunica da chierichetto appena lavata e stirata dalla madre quando sentì la voce di Don Valerio provenire a fatica dal refettorio.
- Alcideeeee - disse Don Valerio - vai a pulire il calice e poi vai a prendere la mia tunica- .
Alzate le mani al cielo in segno di insofferenza prese con rabbia quel calice argenteo, ancora sporco del vino della messa precedente, tenendolo lontano dalla profumata e candida tunica per evitare che si sporcasse. Per non perdere altro tempo entro nel bagno della chiesa ignorando la puzza di urina e l’appiccicaticcio sotto le suola delle scarpe da ginnastica, comprate il mese scorso dalla madre in un negozio del centro; diede un rapido controllo a quell’ accenno di baffo che stava per crescergli flebile sopra il labbro superiore, segno di una pubertà cavalcante, soddisfatto dei progressi pose il calice sotto il rubinetto e ruotò con destrezza la manopola dell’ acqua fredda.
Lo stridore della manopola si confuse ad un altro stridore, forse un grido, anzi più gridolino di piacere che un grido vero e proprio. Insospettito si girò e rigirò su se stesso per assicurarsi che non ci fosse nessuno e con l’abilità di un gatto sul cornicione si accostò leggermente alla grata della finestra che dava sul retro della chiesa.
Sentì improvvisamente un pugno secco e serrato nello stomaco, si accasciò in silenzio sulle urine di chi sa quali miscredenti di Don Valerio e riprese fiato.
Come può un bacio fra due dodicenni provocare un tale dolore?
- Alcideeeeeeeee - la voce di Don Valerio in questa parte della chiesa era ancora più disgustosa del solito,
il gatto, questa volta con un goffo movimento, prese il calice ancora bagnato e corse sull’altare.
Alcide si era appena infilato nel nuovo cappotto alla moda comprato appositamente per la domenica e le festività, (di solito questa seconda pelle era sostituita da una palandrana grigia che rispecchiava al meglio la sua vita monotona da impiegatuccio sottopagato di uno dei tanti uffici di contabilità) quando l’orologio a pendolo del soggiorno battè le 18.
Doveva muoversi la messa iniziava fra pochi minuti, in questo modo rischiava di lasciare da solo il suo amore, il suo unico amore.
Stempiato, un po’ aggobbato, goffo e decisamente brutto, Alcide si appropinquava all’ uscio della sua modesta casetta avuta in eredità dalla famiglia.
Avanzò fiero con passo lesto, non badò ai commenti di quei giovinastri appoggiati sulle loro moto Guzzi e passò oltre senza degnarli di uno sguardo.
Entrò in chiesa, ancora con il fiatone si fece il segno della croce e come è d’ uso si bacio la mano, mentre con l’altra tolse il cappello. Fra le nebbia dell’ incenso intravide la sua colomba, risaltata ancor di più da un dipinto ottocentesco che le stava dinanzi raffigurante l’ascensione della Vergine Maria, e si incamminò per la navata centrale.
Si andò a sedere, come al solito, in seconda fila, miagolando parole garbate di scuse nei confronti dei piedi dei signori della stessa fila.
Anche questa volta ce l’aveva fatta, adesso non aveva più bisogno di niente, il suo amore, il suo angelo, la sua rosa, la sua alba e il suo crepuscolo gli stavano finalmente dinanzi uniti in un’armoniosa melodia. Di rado, durante l’antico rito, questa madonna vestita di Nero si voltava a mirare tale umile mortale, ma quest’ ultimo, per non rimanere pietrificato dalla bellezza di questa divina Medusa, scostava il capo facendo finta di contemplare il figlio crocifisso assaporando, nel contempo, quell’ incantevole profumo di vergine puerile che ancora emanava e che gli destava le narici.
In tutti questi lunghi anni lui non l’aveva mai dimenticata.
Anche questa volta lei l’aveva aspettato come ogni Domenica…come sempre.
Alcide aveva appena infilato il suo bastone d’ebano nel braccio sinistro quando sentì delle sonore risate provenire dalla finestra di fronte.
Era la notte di Natale e le famiglie si riunivano sotto un unico tetto per celebrare la nascita di nostro Signore.
Il vecchietto con il bastone d’ebano, invece, dopo aver cenato e trangugiato con violenza una fetta di panettone diede due giri di fermo alla sua porta e si incamminò verso la chiesa.
Durante il tragitto si soffermava davanti le finestre a sbirciare chi c’era dentro e per rendersi un po’ partecipe della loro gioia.
La cosa non durava che qualche minuto, doveva sbrigarsi, non poteva permettere che qualcuno occupasse il suo posto in seconda fila dietro la sua donna…era inconcepibile!!!
Destatosi da quel torpore ricominciò il suo viaggio con il suo consueto passo e nel giro di una manciata di minuti era già dentro la chiesa.
Diede una rapida occhiata alle panche, quella poca gente che c’era girovagava da una panca
all’ altra senza dargli la possibilità di adocchiare il suo posto.
Finalmente un calvo spilungone si chinò per dare un bacio affettuoso al proprio nipote o chi per lui e il vecchio con il bastone scorse, con sollievo, il suo posto vacante in seconda fila.
Tutto impettito si incamminò come al solito per la navata centrale, quando vide che qualcosa non andava; il suo caro posto aveva qualcosa di strano, come se fosse spoglio di qualcosa.
Si girò e rigirò su se stesso e notò con meraviglia che il dipinto ottocentesco davanti alla prima fila era privo di quella sinuosa figura femminile Nera.
Sentì di nuovo, dopo tanti anni, quel pugno secco e serrato dritto nello stomaco.
Stava per svenire quando il parroco Don (il nome è casuale) Piervalerio suonò con decisione la campanella.
Quel suonò metallico fece vibrare le sue membra e si andò a sedere affranto nel suo posto in seconda fila.
- è libero? -, disse una voce flebile dolce come il miele.
Alcide riconobbe quella voce, riconobbe quel viso, riconobbe quegli occhi profondi come l’ oceano, quelle labbra sottili, quel nasino all’in su e soprattutto quel sorriso…quel sorriso che tanto l’aveva fatto soffrire ma che adesso era la più dolce delle medicine.
Avrebbe voluto dirle che l’amava, che l’aveva sempre amata, che ogni gesto, ogni parola che pronunziava era come il vento di tramontana che soffia e rinfresca l’anima e il corpo dopo una giornata afosa di un meraviglioso agosto.
Avrebbe voluto dirle questo e molto altro, ma le uniche parole che riuscì a pronunciare furono solo queste..
- Si, lo è sempre stato - .
I loro sguardi si incrociarono e con essi anche i loro cuori e loro anime.
Poi, insieme ai fedeli, si alzarono e cantarono Alleluia al nostro Signore.
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