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Ricordi di scuola
In quel Tempo
nel radioso mattino di un'estate precoce,
me ne stavo seduto, intontito, abbruttito dal vino,
sul ciglio di una via polverosa.
Ebbro di melma stavo a piangermi addosso,
quando presi a volare sul scintillante Carro di Fantasia,
una voce misteriosa e bizzarra mi giunse all'orecchio,
sopra ad un fiore avvelenato da nubi di piombo
un'ape mi guatava con occhi simili a capocchie di spillo roventi.
Ma la voce proveniva dall'alto, dall'interno di un serico bozzolo,
domicilio di larva, qual ero io in quel momento.
Il sussurro si trasmetteva nell'etere come onde di idromassaggio,
dello stesso aveva il potere di rilassare i miei muscoli tesi.
"Ricostruiremo Tutto, più Antico di Prima."
Furono queste le prime note curiose di quella melodia che giungeva dal Nulla.
Antico: fu ciò che mi costrinse a pensare,
a far scoccare la scintilla che mise in moto il motore e presi a rammentare.
Ero tornato sui banchi di scuola, durante l'ora di Epica e Mitologia,
udivo una dolce voce di donna narrare ad un allievo rapito
dell'Ira funesta del Pelide Achille, invulnerabile Eroe,
della tragica morte di Ettore, del dolore di Andromaca sua sposa adorata,
ma quello che più esaltava il fanciullo eran le gesta di Ulisse l'Astuto.
"Dopo un assedio durato due lustri,
cagione di morte per innumerevoli Eroi di entrambe le schiere,
la Superba Ilio dagli Achei fu violata e combusta.
Dopo di ciò gli Eserciti Greci volser le prue delle agili navi verso le rive natie,
verso la Patria lontana.
Ma ad Ulisse, che con l'inganno diede agli Achei la vittoria,
fu negata la rotta più breve.
Poiché Odisseo era inviso a Nettuno, Padrone e Signore dei Mari,
fu, da quel Dio furente ed offeso, condannato per mille tempeste a navigare,
mille perigli costretto ad affrontare, in mille battaglie forzato a pugnare.
Un giorno, esaurite le scorte di acqua e di cibo,
diresse la prua della nave verso la spiaggia di un'isola ignota.
Lui e i suoi compagni presero terra,
si misero in marcia con passo stanco, greve di morte,
stremati da giorni di inedia e di arsura,
corrosi dal sale e dal sole,
mortale miscela che scava la carne, che dissolve il morale.
In cerca di un po' di frescura, un po' di riparo dai raggi cocenti di Apollo,
come d'incanto ai poveretti si para d'innanzi
l'enorme bocca di una spelonca, con somma cautela ne varcan la soglia,
quando gli occhi, ormai adusi alle tenebre, gli mostran l'interno,
sono strabiliati da ciotole enormi di latte ricolme,
da grandi formaggi che stillano siero.
Senza domandarsi chi può essere il padrone di quel bene prezioso,
a quattro palmenti si danno a mangiare,
per tacitare il cane rabbioso che ringhia belluino nei loro ventri deserti.
Alfine sazi e memori di aver scorto poco lontano ubertosi grappoli d'uva,
si apprestano a rendere omaggio a Dionisio.
È un gran pigiare di chicchi maturi, chicchi succosi,
da cui sprizza il sangue inebriante di Bacco.
D'improvviso un'ombra gigante si staglia maligna, Ulisse si volta:
"Scappate, è un Ciclope!!"
Gigante antropofago, un solo occhio in mezzo alla fronte.
Ma agli uomini resi grevi dal gozzovigliare
è vietata la fuga, sbarrata è la Via,
l'antro è occluso da un grande macigno.
"Ladri!"
Urla l'orribile Figlio di Poseidone,
artiglia una preda e comincia l'osceno banchetto.
Poi Ulisse, Maestro d'Inganni, lo invita a gustare del vino,
bevanda traditrice che all'orco era ignota.
Un po' sospettoso lo fiuta, l'assaggia, ne beve a barili, poi l'accoglie Morfeo,
così tramortito non si avvede del palo rovente che gli spegne la luce,
che l'orba dell'unico occhio, facendone un misero cieco.
Reso pazzo da un dolore sì atroce, con furia divina comincia a smaniare,
e in tutto quel brancolare rimuove il masso che preclude la Via,
spianando ad Ulisse, e ai suoi tremebondi Compagni,
la Via della fuga, Via di salvezza dall'orrendo macello.
Le peripezie di Ulisse non son qui terminate
altri anni dovetter passare, altre tribolazioni dovette subire,
prima che Itaca all'orizzonte gli fosse concesso vedere."
La Voce ora è muta, ma il motore è ancora vibrante,
dallo stridente rumor di ferraglia che esso produce
una domanda urge imperiosa:
"D'accordo, ma io che c'entro?
con lo scaltro Figlio di Laerte che ho da spartire?"
Sull'onda di allegre note,
simili a quelle di una marcetta suonata ad una sagra paesana,
mi giunge ancora la Voce:
"Prestami orecchio, dischiudi il cuore e la mente,
ripensa al Ciclope, colosso di muscoli ed ossa,
pensa alla beffa del piccolo Ulisse,
con quale artificio trasse in inganno il Figlio di un Dio?
quale fu quella cosa che svuotò di ogni forza quella montagna vivente?
Una piccola cosa, più piccola ancora del piccolo Ulisse,
il suo nome lo conosci, oh! se lo conosci,
ne hai fatto ragione di vita, per essa hai varcato la Soglia.
Ed ora rifletti, pensi davvero tu misera spoglia mortale,
non Semidio, non Titano possente,
di riuscire dove nulla poté Polifemo Ciclope potente?
Pensi di poter piegare ai tuoi voleri il liquido ardente?
Così piccolo che sfugge ad ogni controllo,
che lui stesso si erge a controllore spietato?"
In effetti adesso il racconto ha una morale diversa
da quella che aveva inteso l'alunno che ascoltava rapito.
Ora che sono un numero nel lager personale della piccola cosa,
un servo sempre pronto a strisciare, il significato comincia a mutare.
Mentre in ginocchio cerco di alzarmi dalla polvere in cui sono caduto,
uno schianto, come di ramo spezzato, smuove l'aria rovente,
il bozzolo si schiude e la crisalide che conteneva
distende le ali di meravigliosa farfalla,
mi viene vicina, mi guarda con fare ammiccante,
con un sussurro, che pare provenire da mondi lontani, da più direzioni, dice:
"Ricorda Tempo e Caso regolano la Vita di Tutti,
ma chi lo vuole, chi veramente lo desidera,
può ricostruire Tutto più Antico di Prima."
Poi la farfalla con rapido frullare d'ali si allontana gioiosa
per bagnarsi nella luce di quella giornata di un'estate precoce.
Quelle alate parole aleggiano a lungo negli ampi locali del mio cervello,
locali da troppo tempo sfitti.
Dalla posa di genuflessione mi ergo diritto,
scalciando la polvere mi metto in Cammino,
quasi senza volerlo cambio Sentiero, ne seguo uno Nuovo,
parallelo a quello percorso dal mio padrone,
che sia il Primo Passo per spezzar le catene??
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