Monologo Teatrale:
Sono abituato ad addormentarmi con la luce accesa, e il televisore a basso volume. Non ieri sera. Ieri sera la luce affianco a me era accecante e le voci poco cullanti. La tua malinconica cantilena inizia a fischiarmi nelle orecchie. Ripenso ai tristi messaggi che mi hai mandato; messaggi confusi, insicuri, ma che alla fine ti lasciano a lui. Spengo tutto rimanendo nel buio più totale, nel silenzio più assoluto pensando di risolvere il problema, ma peggioro solo la situazione. La tua voce e la tua luce iniziano a farsi sentire. Le ultime cose che avrei voluto sentire. La patologia dello sfigato, ubriaco d’amore inizia a pulsare. Ma non posso permettermi di star li a subirti, e nemmeno tu puoi. Metto la testa sotto il cuscino, cercando di soffocare il mio cervello illuso che tanto vorrebbe, ma la situazione precipita. Mi scopro totalmente. Inizio a sudare. Persisti nel tormentarmi così vado in cucina e bevo un bicchiere d’acqua. Veleno in gola. Torno a letto e osservo la spia rossa del televisore. Questa mi dice di smetterla di pensarti, e poi si aggiunge anche quella della stampante e del decoder, e i miei amici, ma tu continui. La voglia di possederti fra le mie braccia inizia a scontrarsi violentemente con il tuo cuore costretto e forse realmente lontano. Resto immobile, scorgendo dietro il buio pesto della stanza varie versioni di te: sorridente, arrabbiata, triste, sensuale, e poi…
Posso solo sperare che i tuoi occhi smettano di incantarmi dunque? Attendere che tutto svanisca?
Vorrei averti. Come non ho mai desiderato altro.