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Amanti sul cartone ondulato nell'era del debito pubblico
1 GENNAIO 2008
-‘Sto cartone è un macello, ondula.
Si ride.
-Ma c’è?- Le nocche statali avevano anticipato di un niente la voce tutoria.
Ci si ammutolisce. (lo si tenta almeno).
-Pffuà!
-Zitta amò.- Aveva deciso di tenere la serranda aperta sicuro che avrebbero attirato meno attenzioni,-se vedono i lucchetti aperti,- aveva ragionato, -me dovessero chiamà le guardie.
-Ci se-i?- Il giurante in effetti sembrava convinto del fatto suo, mestierante quale era.
-E te pareva, è quello sfragna-sfranghe de Feltro.
-Pffuà! Chi?!
Lei era libera da qualsivoglia pezza di tessuto modellato, con in seno solo un turchese merlato illuminato da un sorriso stampato. Lui invece, guardingo quasi come lo scocciatore in borghese, era in mezze maniche e mezze braghe. La fibbia metallica tintinnava la fine del round.
-Un gazzellato che arriva sempre al momento sbagliato.
Prese (disinvoltamente) la prima cosa utile all’interpretazione incontrata varcando l’angolo e mise su la sua faccia più sofferente.
- Eccolo!(x2).
La coppia lo agognava da dietro il vetro sporco della porta sfoggiando il buon lavoro odontotecnico.
- Buonasera ragazzi.
La di lui, privatizzata, non la smetteva di sponsorizzare il suo dentista, volendo far intendere al giovane uomo che aveva gradito (assaie) il declassamento temporale. -Ciao Lucido come è iniziato?- Il di lei dal canto suo non poteva fare a meno di indagare, anche se la faccia del neorinato ometto era un caso scontato, -come è finito,- sussurrò infatti alzando la busta piena di panni, a dimostrazione che qualcosa, e più, stava muovendosi. ?"Il primo pranzo dell’anno è stato fatale.
31 DICEMBRE 2007
-Noi invece zì con l’anno nuovo grande partenza disorganizzata verso lidi sàcaraibici? Lasciamo a casa ‘ste babbione.
Lucido batteva un bit veloce con la suola della ciabattona grigio morto mentre faceva fischiare in bocca i bucatini notturni, -anzi che no fratè,- confermò tra un fischio e l’altro.
-Chiacchieri, chiacchieri, non sai far altro,- pappagallò la iena ferita.
Lucido professionale continuava a fare il capotreno con gli occhi neri fissi sul piatto fumante. Il real amico si risentì per lui: -sì, poi quando sàpartiamo veramente voglio proprio vedè che sàfate!
Graz, la consorte del principino, a quel punto si sentì in diritto di intromettersi, rivolgendosi all’altolocato marito, -tu non ti preoccupare.
E così facendo frenò sul nascere il ridere del pappagallo ienato che riuscì giusto a far circolare nella piccola sala un -chiacchieri.
Lucido ascoltò l’ultimo vago di pasta fischiettare la ritirata e alzando la canna degli occhi mirò alla pappaiena, sparandole uno sguardo mafiesco all’Al Capone indisposto. Lei ebbe paura ma come sempre non la mostrò.
-Sai come ci divertiamo se ve ne andate per un po’!- O almeno credé di non mostrarla. Avrebbe preferito.
-Pensa noi.- Il Lucido mormorò senza mollare l’obiettivo, continuando ad inchiodarla alla parete, lì proprio vicino al Puopolo.
-Che ora sàsemo fatta? Direbbe un civitavechieeese.
Il principino delle Terre Petretti affacciate sul mare di carbone di Civitavecchia boccheggiava inframmezzi sottomesso ai colpi amaranto del sincero spremuto.
-Sono le due e mezza, è capodanno, ed è ora di uscire! Chi viene?
La iena volante smaniava di schiodarsi e volare via da quella crocifissione.
Silenzio. Non c’è peggior sordo di chi non vuole uscire.
Varcarono la stretta soglia in serie: sàprincipino e consorte, la zitta e in chiusura la ienagalla pappata.
Lucido il sordo alzò la cornetta a porta appena chiusa. -Finalmente amore.
30 DICEMBRE 2007
La punta era ai secchioni dell’O. D. I. A. sistemati davanti al TransDonald’s della piazza incriminata.
Il Lucido tremava preda del gelo int.-est.
L’appizzo era scoperto, alla mercé di qualsiocchio goloso di materiale ciccetineo.
Tremava, tramava e drenava, -me sto a piscià sotto,- temeva.
Diede la prima telefoninata 3 minuti esatti dal parcheggio del Pandino-mobile: nada; la seconda 2 minuti esatti dopo la prima, -ma dove 6?
Non vedeva quel autobus che lei tanto decantava.
Telefoninò la terza esasperato dalla sindrome della vescica isterica.
-Sbrigati, please, stoi a tremila!
L’animale buffo di ferro era un frigo merci. Quanto poteva diventare freddo il metallo il nostro ripoppante lo sapeva di certo, ma cotanto gelo int.-est. avrebbe necessitato di una pittura silossanica, preceduta dall’omoresinato primer, pensò. Ma sfortunatamente tale polimero non “lavora” bene ne sul metallo ne sull’anima, e allora continuò a tremare.
-Ma quel autista è deficiente?- Il busgriffato era ormai a vista e la telefoninataquarta servì a farlo presente a lei che invece era annebbiata dalla carne, -non ti vedo.
Tuttintorno al panda era una distesa di cinesi. O meglio indopachicinga-giapcinesi specificò il lucido tassonomico. Una ventina bloccavano la strada imperiale; due sibilavano a due metri; altri settotto sibiridevano a settotto metri; un altro, conciato di TransDonald’s gli buttava la transmonnezza sul Panda-car. -Ma che cax succed? L’invasione finale?
E allora la quinta ed ultima fu della disperazione: -ti prego piccola buttati dal finestrino di quel cas de bus. Usa il martelletto! Attiva emergenza!
Ma ci fu comunque una fine, come sempre.
I raggi ultravioletti di quel sorriso lo irradiarono abbronzandolo di gioia sconosciuta. Era entrata nella macchina, e non solo.
-Ti amo Medea.
29 DICEMBRE 2007
L’aria all’interno era sicuramente xilene-toluenizzata ma nessuno sembrava farci caso. -Si potrebbe srotolare uno di questi.
I cartoni ondulati erano tutti in piedi a formare una torretta e facilmente si sarebbe potuto con uno farne stuoia, aveva ammiccato l’archeogiovanotta.
-E se entra qualcuno? Gli dico che facevo gli addominali in attesa del veglione?- Era Lucido e rigido.
-Va bene anche in piedi sui cartoni, appoggiati così intendo.-(ariammiccamento).
-Tu eh? C’hai l’ormoni in fila, eh?- (risate risananti).
-In fila dove?- (ammicco in_dubbio).
-In fila indiana che fanno capanna!- (diversivo lucido).
-Me fai tajà! Ma che signi-fica?- (xtrammicco).
-Me fai sbroccà!- S’avvinghiarono lucidamente manco tanto.
La pompa della porta del negozio emise il suo peculiare cigolio ferreo e il rinato s’impostò Lucido,-chi è?
-Ti ho portato un panino dal Kebab.- C’è chi dice il caso.
-Ho già mangiato.- Chi dice lucide bugie.
-Vabbé ormai l’ho preso, ma che c’hai?- E chi invece dice di aver visto l’ienimento montare di nuovo su quel povero pappagallo.
-Che c’ho?- (dubbio freudamletico ma lucido).
-Non lo so è un po’ di giorni che c’hai una faccia. (assist con imbocco).
-Se faccio la faccia che faccio un motivo ci sarà,- non farebbe una piega.
-Spiega.- Se non che la iena è pienamente a galla-pappa la piega.
-Lasciami perdere un momentino, eh? Devo riflettere su alcune cose.
-Siamo alle solite? Adesso che ho fatto?- La iena ridendo, ridendo fiutò la carogna (come disse quel fante?"in tempo di guerra ogni nemico è carogna!-) e puntò lenta l’angolo delimitante il fronte.
Lucido freddo si mosse come un guardaspalle scazzato.
-Dammi il tempo di riflettere-. Giuda Docet.
-Vedi di fare in fretta stavolta-. Iena Ridens.
28 DICEMBRE 2007
Bob Marley narcotizzava l’aria già incredula regalando al mondo il suo soul. Ma qualcuno non era di quel mondo.
-Ma che dici?
-Dico che la rosa te l’ho messa io, la scritta era per te, che non mi frega un bel niente di quella cosa, della tapperella o come si chiama. Ti amo Lucido.
Ma quale mondo, quale reggae, un silenzio di note degno di nota.
Era appena stato ripartorito da un nuovo e sconosciuto buco madre il nostro, come poteva ascoltare? Quale nota suona più melodica dell’ignoto? E poi c’era quella storia dell’angelo. Roba da scavicchiacolli.
-Sono.- (sei?) -Sei?- (sei?)-Egli è.- A volte l’amore travolge.
Le mani della Medea de noantri erano labbra di madre avvolgenti, scaldanti di un tepore ribelle. Lui ribolliva. Si sentiva in piena era del ri.
-Ma sei sicura?- Ridomandò.
-Già me lo hai chiesto.- scandì lei ma amorevolmente.
-Risicura intendo.- Roba da matti.
-Lucido ti amo, sono due anni che mi rincitrulli la testolina, insomma.
Era in una confusione da strappacuore la ragazza. Lucidamente ebete il rinostro intanto si piegava mano a mano su se stesso, annichilito dal calore epidermico che svicolava dentrogni falange, questa volta sì, puro e vitale.
-Sono sconvolto,- di altra droga pensò.
Lei allora iniziò a lanciare repentini colpi di cielo sulla bocca setolata di lui che inghiottì, -non so che dire.- Proferì strozzatamente pensando un’altra cosa.
I colpi di cielo erano saette oramai e la corrente alternata continuò. Le teste, lontane un bancone, si avvicinarono guardinghe (una di sicuro); Lucido non sarebbe poi stato in grado di descrivere c’ho che avesse visto, e appunto, soprattutto se, l’avesse visto.
-Allora Lucidò!
Romeo er mejo meccanichetto der coloseo fece trionfante il suo ingresso, entrando a sua insaputa nel Nuovo Mondo.
27 DICEMBRE 2007
Il giorno dopo la morte non dovrebbe essere un bel giorno.
Di fatto, il nostro potrebbe essere una pedina fondamentale per la risoluzione del quiz (può essere un bel?). Ma perché le pedine risolvono i quiz? Caso mai fanno dama o si incastrano con delle colleghe, se intendiamo pedine come tessere puzzle. Di fatto, chiedete a Lucido, ne sa.
Lo specchio gli aveva dato un’immagine distorta della realtà; quella faccia biancodeath smunta, con le occhiaie nerodeath smunte, contenenti occhi rossoblood smunti, non era poi così male. La realtà moribonda era invece animale animata animosa. Soul rebel. Anima ribelle a momenti ce rimani.
-Sono un uomo di merda-.
Non tutto è così scontato. C’è chi paga caro certe racazzate.
-Sono il genio nella lampada di cacca-. Non tutto è così dorato. La Puzza di morte era un’aurea irresistibile, luccicante addirittura.
-Ed io ero quello del “controllo io”, “faccio così”, “tranquillo cosà”.
Sentirsi morire deve essere negativamente cazzuto. Se fa questo effetto.
Di fatto, chiedendo a Lucido n’avrete risposta.
-Come ho potuto, io, il Lucido per eccellenza.
La nota positiva era che le lacrime spegnevano l’incendio oculare, quella negativa (soggettivamente) era che gocciando su una fattura ne squaquavano l’inchiostro.
Il cigolio ferreo annunciò l’evento. L’angelo cicognato atterrò.
-Ciao, come va?
La faccia a dir la verità poco lucida del nostro era una tesi di laurea da 110, e te ce butto su pure la lode. E Medea, laureanda, non tardò a capire,
-arrivo in un brutto momento?
-Sì, ma va già meglio. Furono queste le prime parole del neorinato, come il “mamma” del pupo, del resto il pianto c’era già stato si era tranquilli.
Dopo di che per dieci minuti il silenzio dei colpevoli redenti. Fino a che lei considerò l’idea che tanto lucido non fosse, -vado, forse è meglio.
-Domani torna però…ti prego-. Finalmente.
26 DICEMBRE 2007
La morte ha i tuoi occhi. La morte guardandoti da dentro ti capisce. Ma la morte è subdola, ti fa sentir morto anche quando non lo sei. Vuole che tu muoia vivendo, vuole farsi sentire bene affinché tu comprenda che non si scherza con Lei. La morte non bussa mai, ti spacca la porta; la morte ti fissa con gli occhi chiusi come una morta.
La morte è l’unico modo che conosco per rinascere. Amen.
-Cazzo!
La goccia era scesa densa, tanto che gli sembrò sangue.
-Ooddio-.
E no. Era proprio cacca colombiana squagliata.
Il plotone dei lancieri torceati diede allora il via alla marcia trionfale sul sistema cardiocircolatorio di Lucido, -avanti miei prodi, dritti al cuore!
Le punte di lancia infuocate dalle torce trafiggevano vena x vena, capillare x capillare, senza affatto stare a constatare le dimensioni del nemico.
Il castello rosso fu subito fiamme. Allora le catapulte iniziarono il loro bombardamento e la morte spaccò le porte.
-Eccoti.- Potrebbe aver detto il lucido fatto.
Si non ischerzo, saran state ventottenne di catapulte romano gotiche armate a piombo greco, piombo dell’otto.
Tutte insieme: BUM! BUM! BUM! BUM!
Proprio come se un cuore stesse per esplodere. Proprio come se.
-Non voglio morire,- dovrebbe aver supplicato il nostro.
Non “devi”morire chicco, ho già scritto altre sei cartelle cronologicamente inverse, questo è solo l’inizio. Ma come poteva saperlo Lucido, fatto com’era. Di seguito: si buttò vestito sotto la doccia fredda, si ritrasse- doccia calda, si svestì-doccia tiepida. I lancieri torceati, infami di dinastia, nel mentre pungevano-evano; i catapultieri e i catapultati manco a dirlo quanto bussavano, e aridaje che poteva venirti in mente un KamiKuore.
-Non voglio morire cazzo!- Ha sicuramente puntualizzato poco Lucido.
Non “puoi” morire stupidino, ora puoi solo rinascere.
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