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Alzati, Gennà!

Portici. Bellissima, di sera. Sulla spiaggia del Granatello le imbarcazioni dondolano pigre sulla tavola nera d’acqua.
I treni attraversano la vicina stazione con fischi lunghi e decisi ma sono canti di sirene per Gennaro e Marisa.
Il freddo è una scusa per stare abbracciati, aggrovigliati l’uno nell’altro vicino al bagnasciuga.
Marisa ha occhi neri e profondi come il mare, mani curate che esplorano sotto il cappotto di Gennaro, con la lingua fa acrobazie nella sua bocca, mentre gli sbottona i pantaloni. Gennaro ha venticinque anni. Cinque meno di Marisa, e forse è la prima volta che fa sesso, anche se lui crede che sia amore.
Da qualche finestra aperta, arriva il mitico Pino che li avvolge con le sue note: canzone dolce e disperata come il loro amore:
Femmene che scennene ‘a mare…
Canta Pino, canta per questa luna che li guarda, mentre Gennaro la graffia con le sue mani callose. Canta Pino, canta per questo amore preso in prestito dalla vita solo per pochi attimi, per poi ritornare l’indomani all’ipocrisia del quotidiano…
Ma ormaje è dimane…
Dei passi… un rumore… tre tizi sbucano dal nulla: quello al centro si atteggia a grande capo, fa un passo avanti, ha un completo bianco su una camicia rosa e chilogrammi di oro al collo. Le cicatrici sul suo viso danzano, sotto la luce della luna, mentre impreca:
- E accussì guagliò, te vulive fottere mia moglie! E bbravo!
Marisa comincia a tremare e non per il freddo.
Gennaro capisce che è nei guai e cerca di salvare il salvabile, ma le parole gli escono blese.
- Statte zitte! ?" ruggisce completobianco; poi si rivolge ai due gorilla che leggermente in disparte guardano la scena scaracchiando rumorosamente:
- Guagliù, sapite chello c’avite ‘a fa! A essa ce penzo je!-
E si tirò a se Marisa che con lo sguardo basso e sottomesso lo seguì fin dentro un’auto, parcheggiata non molto lontano.
Il biondino, esile e pelle scura, si avvicina a Gennaro e gli sorride, mostrando i suoi denti d’oro. Mentre l’altro, robusto, con la barba e gli occhi piccoli, gli tira un calcio dritto nello stomaco, buttandolo a terra; il biondino si accanisce con la bocca di Gennaro riempiendogliela di sangue. Il sangue scivola veloce da un lato della bocca mischiandosi nella sabbia scura.
Ammore e chi nun perde tiempo…
Gennaro si alza. Ha freddo. Tanto freddo. Barcollando afferra il cappotto da terra, ma i due gorilla ritornano alla carica: quello con la barba e occhi piccoli, afferra Gennaro e con una presa ascellare gli blocca la testa, mantenendolo curvo, come in una mossa di judo. Non è arte marziale quello che stanno facendo, non vi è dottrina orientale in quei movimenti ma puro orrore. Denti d’oro si sbottona i pantaloni; Gennaro capisce, impreca pietà, supplica pietà…

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3 commenti:

  • Vincenzo Scognamiglio il 30/03/2012 12:19
    Molto bello e veritiera
  • luigi pagano il 02/05/2010 18:13
    La vergogna sparisce nel momento in cui ti convinci che hai vinto tu.

    Grazie, Clem ros.
  • clem ros il 30/04/2010 15:19
    È vero, ha vinto lui, ma la vergogna resta.

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