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VISITA AD UNA STRUTTURA OSPEDALIERA
Visita ad una STRUTTURA OSPEDALIERA REGIONALE
( Per rispettare la privacy, imposta dalla legge italiana a tutela di non si suppone bene chi o che cosa, in questo come nei successivi test, luoghi e nomi non verranno riportati o, nel caso saranno rigorosamente di fantasia. )
Sergio B. e Andrea C. si erano domandati: “ che cosa vi è di meglio che entrare in un ospedale per intraprendere la nostra indagine sui guai dell’Italia? ”
Niente.
Si erano domandati subito dopo: “ quale è la regione più pubblicizzata in positivo?”
“La Lombardia, perdinci! “
“ E noi, doverosamente, la scegliamo. “
A questo era seguito un terzo interrogativo: “ quale luogo è più indicato di un Pronto Soccorso per tastarne il polso?”
Niente, è il più.
“ E quale giorno lo è più di una domenica pomeriggio? “
Nessuno, è il più dei più.
“ Come ci presentiamo? “
“ Nell’auto accanto a noi infiliamo un ragazzino che conduciamo di tutta fretta all’ospedale perché lamenta dolori acuti nel basso ventre. Strombettando e pigiando sull’acceleratore superiamo i semafori con il rosso. Magari avremo l’onore di essere scortati da una pattuglia di vigili. “
“ Avremo la precedenza assoluta, cazzo, corsie spianate, medici premurosissimi, abbiamo calcolato ogni particolare per esordire con un campione attendibile.”
“ Non sarei tanto ottimista, temo invece che faremo un buco nell’acqua.”
“ Impossibile. Come ben conosce chi si fregia della tessera ASL ( cioè tutti i cittadini italiani ed anche gli extra residenti ) i medici di famiglia ed i pediatri smontano di servizio venerdì alle diciassette e riattaccano il telefono dello studio il lunedì mattina; dai loro cellulari risponde una voce asettica che lo dichiara o scollegato o irraggiungibile. È evidente che non ignorando tutto questo, le strutture pubbliche si saranno adeguatamente organizzate per fronteggiare una super richiesta di prestazioni.”
“ Bah, vedremo…Per intanto procediamo.”
Scelto dietro compenso di dieci euro ( meglio: dietro la promessa di un compenso di dieci euro, ndr ) un dodicenne che Sergio aveva notato mentre tirava calci contro le biciclette appoggiate nel cortile del caseggiato, e non sbagliava un colpo, alle sedici della prima domenica di settembre ?" quando infervoravano le partite di calcio e chi non è interessato a questo sport cerca riparo sotto i rami di alberi compiacenti?" i Nostri partirono, non senza celare una certa apprensione che avrebbero sconfitto con un liquorino qualora avessero vantato un buffet fornito di una sola bottiglia.
Pigiando a tutta forza sull’acceleratore e sul clacson, con il fazzoletto bianco che pendeva dal finestrino della vettura, secondo un copione ormai demodé ma sempre efficace, Sergio & Andrea piombarono davanti alle sbarre dell’ingresso dell’ospedale.
Alto là.
“ Sta male. Mio figlio sta malissimo.”
“ Se godesse di buona salute non sareste qui, ma al lago, al mare, allo stadio. Allo stadio trovereste anche me, perdio. “
L’addetto parlava guardando altrove con un tono di voce alquanto seccato. ( Stava ascoltando per radio le partite del campionato, evidentemente la sua squadra del cuore non se la cavava bene senza il suo sostegno fisico. )
“ Mio figlio non si regge in piedi, vomita, sta male, sta malissimo…”
“ È una storia che conosco bene, la raccontano tutti.”
Sergio mostrò i pugni ed un viso di colpo incazzato.
“ Si calmi, io compio semplicemente il mio dovere. Se proprio suo figlio sta come lei me lo descrive, portatelo dentro, ma la vettura non può sostare, una volta sistemato il ragazzo, dovrete parcheggiarla fuori dal nosocomio.”
“ Ma…”
“ È il regolamento, cazzo.”
“ Se la visita si concludesse in pochi minuti? Entrare, uscire…O se fossi giunto solo, non accompagnato da un amico? ”
“ Dalle sue osservazioni deduco che questa per voi è la prima volta…” L’addetto sembrava improvvisamente incuriosito, aveva tirato su la testa disinteressandosi per un momento del suo Milan superstellare che stava attaccando a tutto spiano per recuperare uno sfigatissimo 0-1 causato, aveva tenuto a precisare ( ad onor del vero nessuno si era sognato di chiederglielo ) dalla consueta papera di Dida.
“ Finora non era mai accaduto che mio figlio si fosse ammalato di domenica…”
“ Bah…In bocca al lupo e se li avete con voi, in bocca infilateci anche un paio di tranquillanti. ”
I due amiconi avrebbero quanto prima compreso il motivo dell’augurio e del suggerimento.
Così, mentre Sergio infilava la porta a vetri del Pronto Soccorso sorreggendo il “figlioletto,” l’amico non poté dargli un sostegno morale, fu obbligato ad uscire dall’ospedale e a dedicarsi alla ricerca di un parcheggio. ( Per la verità aveva cercato di disubbidire e di abbandonare l’auto in uno slargo deliziato da alcuni bidoni d’immondizia, ma l’occhio lestissimo di un addetto l’aveva rimproverato con una creanza che era spaziata dal turpiloquio ad un paio di bestemmie, insistendo particolarmente sull’ambizione, tipicamente italiana, di non voler rispettare una volta che sia una volta ‘sti cazzi di regolamenti.)
Andrea trovò un buco nel quale a malapena s’infilò a più di un chilometro dall’ingresso grazie ad una mancia regalata ad un senegalese che si era autoeletto parcheggiatore responsabile dell’area a righe blu. Scansò, per un modico costo di un euro, un amuleto che, a detta dell’extracomunitario, avrebbe guarito al più presto il parente ammalato ( anche se fosse stato afflitto da peste bubbonica o da lebbra o da entrambe ).
Quando Andrea si riaffacciò all’ingresso sudato e trafelato ed anche giustamente incazzato per la corsa sotto la canicola - il parcheggio non presentava manco un arbusto tranne cespugli di rovi ed erbacce in abbondanza - l’addetto non intendeva lasciarlo rientrare perché “ quello non era orario di visite.”
Andrea superò l’imprevisto ostacolo dopo interminabili spiegazioni frammiste a suppliche ed a minacce. ( Il regolamento non contemplava che un accompagnatore potesse varcare due volte la porta dell’ospedale, ne conseguiva che, se il regolamento di quel nosocomio era sbagliato, come l’addetto all’ingresso non ebbe nessunissima difficoltà ad ammetterlo, anzi, lo ammise ammiccando, sarebbe bastato che uno dei signori che protestavano con tanto accanimento si fosse preso la briga di trascriverlo e di sottoporlo al Cidia - da interpretarsi come Consiglio di Amministrazione - dell’Ospedale per l’approvazione. Evidentemente l’uomo pareva essere conscio che gli esimi Amministratori mai e poi mai vi avrebbero provveduto, non scovando ovviamente i cinque minuti di tempo necessari. )
Al Pronto Soccorso Andrea non trovò tracce dei suoi soci. Sbarrò gli occhi e si guardò intorno allarmatissimo. Si aggiravano, accasciati su sedie e su panche che dalla fine della Seconda Guerra Mondiale non avevano più conosciuto uno strofinaccio, un discreto numero di disgraziati che attendevano il proprio turno; mentre gli ammalati si lamentavano, le persone che li accompagnavano si agitavano nei pochi metri collettivi come leoni feriti esibendo un foglietto con il numero: sì, proprio come nelle salumerie che si rispettano. Ma in questa bottega non si notavano bilance, prosciutti, salami...
Andrea sbirciò il numero dell’individuo più vicino e lesse il 92, l’indicatore segnalava un numero che anche sotto i suoi cinque o sei strati di polvere si sarebbe interpretato per un 35.
“ Si metta comodo e si rilassi. Ogni persona attende un’ottantina di minuti, urgenze permettendo, “ gli fu spiegato.
“ Per caso non ha visto un signore sui quarant’anni, alto, distinto, che accompagnava un ragazzo?”
“ Se si riferisce ad un padre con un figlio che lamentava dolori addominali, si sono spostati in Pediatra, qua dentro si fa il tagliando come per le vetture, ma per i minorenni l’officina è là,” e rise della sua battuta con una punta di non celata amarezza.
Andrea ringraziò e s’incamminò sempre accompagnato da un sole strafottente.
Il reparto di Pediatria, secondo logica di disposizione ospedaliera, si trovava al capo opposto. Come vi giunse, cercando di mantenersi all’ombra di alcuni alberi, apparsi come oasi al beduino, Andrea notò immediatamente la folta chioma dell’amico. Sergio era circondato da una marea di bimbi dai tre mesi ai tre anni, che strillavano, piangevano, gridavano: “ ho fame, mi scappa la cacca, mamma quando ( cazzo ) mi togli da questo posto ( di merda ) e mi riporti a casa a litigare con mia sorellina? “ E via discorrendo.
Le risposte delle madri erano bugie interpretabili come miserevoli tentativi di consolazione, quelle dei padri, meno portati alla sopportazione, un repertorio riferito alla malasanità nazionale mescolate con la citazione dei propri ( e altrui ) organi genitali.
“ Il nostro campioncino ne ha davanti una ventina, “ spiegò Sergio rivolgendosi al complice. “ Ci è stato anticipato, “ indicò con la mano alcune persone presenti, “ che i tempi di attesa si aggirano sulle due ore e mezzo, sempre che nel frattempo non arrivino superurgenze.”
Di bene in meglio.
“ Devo ammettere di non aver faticato ad essere relazionato. Qui si aggira gente che accompagna il secondo o terzo figlio, l’esperienza deriva dalla frequenza.”
La ressa, il vocio, il caldo ed il puzzo, tra loro coalizzati, erano insopportabili. Di condizionatori manco una traccia. Con l’evidente impossibilità da parte del personale ospedaliero di circuire i presenti con la pietosa balla: “ scusateci e pazientate, l’impianto è momentaneamente guasto. I tecnici, nonostante i nostri solleciti, tardano a ripararlo. Ma, domattina, la prima telefonata sarà per…Ci sentiranno, quanto ci sentiranno! “ ( Tanto, è abitudine addossare la colpa agli assenti; l’indomani poi chi avrebbe messo piede in ospedale per verificare? )
La finestra, o meglio, il finestrone era chiuso, lo si poteva aprire con una maniglia posta alla sua sommità, per raggiungerlo bisognava tirare assieme una pertica umana, a mo’ di trapezisti circensi. Di conseguenza meglio tenerlo chiuso per scongiurare il rischio di qualche fratturetta che avrebbe condotto al reparto di Ortopedia, dopo essere nuovamente transitati dall’Accettazione, e sopportare con filosofica rassegnazione puzze & peti. Oltre alla tosse bronchitica di alcuni bambini presenti, con la febbre che viaggiava fra i trentotto ed i quaranta gradi.
“ Mentre mi prendo cura del nostro ammalato, tu informati, “ ribadì Sergio al suo giovane complice che gli sembrava più interessato a carpire i risultati del campionato di calcio ai padri più previdenti, giunti muniti di radiolina. Gli aggiunse sottovoce: “non siamo venuti per oziare, spero che non te lo sia dimenticato, siamo qui per lavoro ed il nostro lavoro consiste, te lo ribadisco, nello svolgere un’indagine che ci permetta quanto prima di pranzare, cenare e fare la prima colazione con brioche, burro e marmellata dal lunedì alla domenica per tutti i giorni di tutti i mesi di tutto l’anno. E, ” concluse, “ se capita, per migliorare qua e là la situazione, anche se a questa possibilità dall’alto dei miei quarant’anni sono diventato troppo scettico per credervi.”
Andrea sbuffò ma si alzò; si aggirò per i locali del reparto ed in meno di dieci minuti - tra insolenze ai governi presente, passati e futuri ed al ministro della sanità in carica ed ai suoi predecessori e successori - apprese che i medici del servizio erano due; con turni di otto ore coprivano il fabbisogno medico dell’intero parco pediatrico della città e di mezza provincia che faceva capo all’ospedale e contava cinquecentomila abitanti, uno più, uno meno, se nel frattempo non ci era scappato un morto od un lieto evento. ( Nel caso di un decesso non era il caso da preoccuparsi. Le pompe funebri?" categoria serissima?" non abbassano mai le loro serrande, prestano i loro servizi anche nei giorni festivi ed a Capodanno.)
Un’infermiera cercava di sveltire l’iter compilando, prima d’introdurre il paziente dal dottore, la cartella sanitaria che prevedeva febbre, altezza, peso, numero codice sanitario, eventuali precedenti malattie e informativa sulla privacy. Sorrideva continuamente; si sforzava, donna degna di encomio, di regalare all’umanità presente una briciola di serenità.
“ Qualcuno ha per caso visto il mio termometro? “ Una biondina con indosso un completo bianco che la distingueva come infermiera ausiliaria o qualcosa di simile era entrata nello stanzone e si aggirava alla ricerca dello strumento smarrito.
“ Se ne disinteressi, finga di non averla intesa, “ Sergio si sentì bisbigliare all’orecchio.
“Se siamo ridotti anche senza il termometro, poveri noi, anzi, poveri i nostri figli ammalati.”
“ Non lo dica. Da questo reparto i termometri appaiono e scompaiono a comando, la domanda dell’infermiera è semplicemente il segnale convenuto per intraprendere un’affannosa caccia al tesoro con il solo scopo di distrarre i presenti.”
L’uomo che sedeva accanto a Sergio continuò nella sua spiegazione; dall’alto delle sue escursioni domenicali al Pronto Soccorso poteva essere considerato un esperto, sua moglie aveva partorito quattro figli, l’ultimo in macchina durante la corsa verso l’ospedale. Quella era la sua dodicesima visita festiva. Se gli ospedali regalassero i punti premio come per il latte, la pasta, ecc…il bilancio economico di molte famiglie italiane migliorerebbe.
“ Sono giunto a questa conclusione non perché mosso da un animo maligno ma perché qua dentro il termometro scompare un po’ troppo spesso, evidentemente c’è sotto qualcos’altro…Difatti, come l’infermiera esce e semisconvolta chiede a chi non s’immagina come possa saperlo quale sorte sia capitata al suo termometro, lei noterà che il medico di turno sgattaiolerà dall’altra porticina per uscire a fumare una sigaretta, oppure si avvicinerà alla macchinetta per bersi un caffè in beata tranquillità.”
“ C’è da sperare di capitare in ospedale quando è di turno un medico non fumatore e neppure caffeinomane.”
L’informatore sogghignò: “ non ci sono speranze purtroppo, in questo caso si ricorre all’arma estrema, scompaiono due o tre cartelle cliniche perché, santo Iddio, la pausa va rispettata, è prevista anche dal regolamento interno e dai contratti sindacali stipulati con le ventidue sigle presenti in ospedale. “ Il buonuomo aggiunse, non senza una punta di cinismo: “comunque, se le può interessare, non è solo il termometro a giocare a nascondino, sono innumerevoli gli oggetti che subiscono la medesima sorte indipendentemente dall’obbligo pausa e non vengono più ritrovati. La statistica pone in testa le siringhe, seguite da garze, cotone idrofilo, flaconi di alcol...”
“ Dove diamine finiscono?”
“ Si maligna che un parente di un dipendente abbia aperto un discount di materiale paramedico.”
“ Immagino che lei porti da casa l’occorrente.”
“ Non la riterrei un’idea malvagia, ma dovrei tenere la valigetta sempre a portata di mano. Purtroppo i miei figli quando si ammalano non preavvertono né me né mia moglie. “
Circondato sempre da un chiasso e da un tanfo allucinante, Sergio aveva approfittato per fare mentalmente alcuni conti. Nella loro città-campione vi erano non meno di 110-120 medici pediatri. Poiché il turno di riposo nei giorni festivi e prefestivi è un privilegio inderogabile della categoria che sostenne il giuramento di Ippocrate, sei medici ospedalieri nelle ventiquattrore dovevano fronteggiare con le loro poche cartucce l’assalto dei pellerossa. Roba da medaglia d’oro al valore o, se credenti, da Paradiso assicurato nei cieli più elevati.
“ Temo che la faccenda andrà oltre ogni pessimistica previsione, “ Sergio si rivolse sottovoce all’amico, che era tornato e si era accomodato vicino, “ prendi in braccio questo povero figliolo, trattalo come se tu ne fossi davvero il padre, io approfitterei di questo ozio obbligato per girellare qua e là.”
“ Ti cacceranno a calci, non è ora di visita. “
“ Che diavolo hai capito? “
“ Quello che mi hai detto.”
“ Basta che recuperi un camice bianco, riempio il taschino di penne e mi trasformerò in un medico.”
Andrea non obiettò conoscendo sin troppo bene l’amico. Sergio gli strizzò l’occhio, si alzò e salpò. Ebbe fortuna, sbirciando dentro uno stanzino scorse un camice abbandonato sopra una sedia, lo prelevò e lo indossò. Uscì dal reparto che ospitava gli ammalati più piccoli ed infilò l’ascensore che conduceva al reparto di Medicina interna.
Medicina V per l’esattezza; l’ospedale dedicato alla Vergine Madre non era cosa da poco, viaggiava su un edificio lucente e mastodontico costruito su sei piani e nelle riviste mediche del mezzo mondo che conta era giudicato all’avanguardia per servizi, attrezzature, competenza.
Sergio pigiò con forza il bottone, insistette più volte ma l’ascensore non voleva saperne di partire.
“ È guasto, dottore “ gli disse un tizio infilando le scale accanto.
“ Beh, cose che capitano. “
“ Come si vede che lei non è del reparto! Questo è incurabile dal momento che è perennemente guasto. ”
“ Non ne ero a conoscenza, in questo ospedale presto la mia opera da una settimana. “
“ Si tranquillizzi, comunque. Per voi medici vi è un secondo ascensore, seminascosto, che viene mantenuto sempre in funzione. Si guasta solo quello dei parenti dei degenti, e purtroppo non trovano mai il tempo per chiamare un tecnico che lo ripari. Si faccia sentire, la prego, lei che qua dentro è di primo pelo.”
Sergio tacque, i piani da salire erano quattro; si domandò: come la mettiamo con i parenti degli ammalati non più giovanissimi? Non notava sedie o panchine lungo i ballatoi che potessero offrire un momentaneo sollievo a chi, volente o nolente, doveva sfidare le proprie coronarie.
“ Cazzi loro, “ questo pareva la risposta che scaturiva anche nell’ospedale citato ed elogiato da Riviste con la carta patinata. Evidentemente, pensò Sergio, accanto ad una medicina all’avanguardia nei trapianti e negl’interventi chirurgici, convive una medicina che sembra figlia del terzo mondo, e allora perché ci si stupisce quando i giornali o la tivù informano che per una malattia contratta in corsia muoiono il 7% (dato ufficiale, ndr ) dei degenti; le cause risalgono a siringhe infette, ad errori nella prescrizione e/o somministrazione di farmaci, ma non si trascurino diagnosi errate, negligenze, scambi di cartelle cliniche, guasti in apparecchiature essenziali per la sopravvivenza del paziente, e… quant’altro.
Su, giunto con la lingua fuori e le guance di fuoco, il panorama che si presentava a Sergio, non quello esibito dai finestroni dove per ammirarlo sarebbe stato necessario levarvi più strati d’incrostazioni svuotando innumerevoli bottiglie di detersivo, non era dei migliori, tanto per ricorrere ad un delicato eufemismo. Pazienti ammucchiati, calca di parenti attorno, pareti scrostate, vocio, chiasso, ed un coro di: “ finalmente dottore! Venga! Venga! “ come il nostro dottore venne adocchiato. “ Ci confermi che lei non è un miraggio, è il primo medico che oggi capita davanti alle nostre pupille…”
Sergio rimase in un silenzio imbarazzatissimo ( e comprensibilisssimo ). Oltre un : “beh, sì…. effettivamente…” il Nostro non seppe andare.
“ Come mai è finito da queste parti? Ha dimenticato, dottore carissimo, che sono le sedici e trenta di una splendente domenica? Il buon Dio non fa morire nessuno nelle festività, e chiude un orecchio sulle imprecazioni del medico di turno che ha tre piani cui badare ed il bar dell’ospedale da visitare circumnavigando ogni volta mezzo piano per raggiungere l’agognato ascensore.”
Sergio non ebbe manco il tempo di tentare di sottrarsi a questo loquace signore, venne impietrito da una voce alle spalle.
“ È lei il nuovo dottore? “ Un’infermiera si era avvicinata a grandi passi. Della giovane donna colpivano l’avvenenza ed alcuni bottoni del camice slacciati per regalare la visione di un seno per niente timido. “ Su coraggio, il medico del reparto e quello di Chirurgia II se ne sono andati, hanno lasciato il recapito, è il circolo del tennis dove sono soliti sfidarsi per l’aperitivo serale.” Aggiunse sottovoce: “ non si allarmi, si trova a meno di cinque minuti d’auto, traffico permettendo. “
“ Qua dentro non vi sono altri medici? Se un ricoverato avesse bisogno di… “
“ Dottore, cazzolina, oggi è domenica, “ ribadì l’infermiera con un cipiglio superiore all’esperienza data dalla sua età. “ In queste giornate non esistono urgenze, è una legge più o meno codificata. Di domenica nemmeno si partorisce. Un’iniezione blocca le doglie e l’indomani il parto avviene con il taglio cesareo.”
“ Mi conceda, capisco e non capisco…”
“ Dottore, lei finora in quali ospedali ha prestato la sua opera? Questo non sarà il suo primo turno festivo, mi auguro. Se io non avessi ventidue anni, pensa che mi troverebbe in ‘sto posto attorniata da tanti rompicoglioni, anziché al lago con il mio compagno sotto il bellissimo sole di questa giornata? “
“ Provengo dalla Nigeria. Là c’era l’abitudine di essere operativi giorno e notte, giorni feriali e giorni festivi, ma non tergiversiamo. Penso che sia il caso d’iniziare la visita al reparto che, da quanto ho appreso, il mio collega non ha effettuato. “
“ Dopo tre piani si è stufato.”
“ Lo capisco.”
“ Dottore, una volta liberatici da questa seccatura, se lei non avrà niente in contrario, me ne andrei anche se il mio turno scade fra un paio d’ore.” Con un sorriso malizioso: “ sa, come le ho accennato, fuori sono attesa dal mio amico…” Vedendosi osservata, improvvisamente pudica sistemò i bottoni. “ Non le creerò problemi, mi sono accordata con la collega del secondo piano. Naturalmente sono favori che ci restituiamo. Come, “ aggiunse con una punta d’ironia, “ è prassi anche fra voi medici.”
Il silenzio di Sergio fu il suo assenso più o meno obbligatorio.
“ Che Dio me la mandi buona e, soprattutto, a nessun malato venga lo sghiribizzo di sentirsi male,” Sergio pensò mentre seguiva passo dopo passo l’infermiera; nonostante la faccia di bronzo di cui era dotato, non si sottraeva ad una certa tremarella.
Memore delle visite mediche militari incancellabili dalla memoria, entrò preceduto dall’infermiera che a sua volta era accompagnata da un’inserviente che recava un carrello con gli attrezzi. Il buon dottore guardò con attenzione ma con celerità le cartelle di ogni degente, sorrise agli stessi, li incoraggiò ma non rispose che a monosillabi, annuì con frequenza, confermò le cure senza esitazione, ed a passo di marcia concluse le visite.
Dal sorriso che l’infermiera gli rivolse capì di essersi comportato in modo super, meglio dei veri dottori. Del resto anche durante il transito davanti ai degenti si era accorto di essere piaciuto. Chissà come diamine si comportavano i cattedratici, quasi sarebbe stato curioso di appurarlo…
Tornato giù in pediatria, sbarazzatosi del camice, Sergio apprese dall’amico che avrebbero ricoverato il ragazzo.
“ Che cazzo gli avranno trovato se è sano come un pesce? “
“ Sappi che è l’unico che ricovereranno fra questa marea di bronchitici, asmatici, tisici... Gli altri smammano o hanno già smammato.”
“ Tutti?...”
“ Tutti.”
“ Che si fa? Il ragazzo come lo sottraiamo a questi sciagurati? “
“ Non allarmarti, il ricovero è un vocabolo che negli ospedali assume un significato diverso a seconda dei giorni, delle ore, dei posti-letto liberi. Il ricovero di tuo… figlio è previsto per domattina alle otto, prima bisognerà passare dall’Accettazione e ripetere la trafila.”
“ Se intendono ricoverarlo perché rimandano a domattina? ”
“ Ma, cazzo! te l’ho appena spiegato. La logica che muove l’ospedale non è la stessa che muove le malattie e, soggiungerei, il comune buonsenso.”
“ Continua, ci capisco sempre meno. “
“ L’ho domandato al medico, quel bel tomo volendo mostrarsi spiritoso, mi ha risposto che alle diciotto e trenta di domenica negli ospedali della penisola non viene ricoverato manco il presidente della Repubblica, ammesso che quello non scelga una clinica elvetica per liberarsi di un callo.”
“ Non gli hai chiesto come comportarci se il nostro ragazzo stanotte dovesse contorcersi nel letto dai dolori? “
“ Credi che sia tanto poco furbo da non aver cercato di metterlo alle corde? Il nostro amico poi, “ ed indicava il loro giovane complice che continuava a recitare la sua parte con una tenacia invidiabile, “ mi assecondava torcendosi peggio di una tarantola.”
“ Beh, lo carica in macchina e torna, noi qua dentro siamo dei prigionieri, anche se lo volessimo mica potremmo scappare, “ questa la risposta di quel pirla, che persisteva a credersi molto spiritoso. “ Basta che informi l’addetto all’Accettazione che eravate venuti nel corso della domenica pomeriggio, verrete gratificati del timbro giallo, che significa urgenza, il lettuccio per suo figlio salterà fuori in cinque minuti. Al mio stupore ha aggiunto che è la prassi, se all’Accettazione dichiari di essere già passato dal reparto, ti ricoverano senza chiederti carte o altro, per di più scansi la fila. ”
“ Se durante la notte dovesse accadere l’irrimediabile? “ Sergio insisteva.
“ Mio caro amico, non credere che non gliel’ abbia domandato, era la risposta che più mi premeva. Gli avevo anticipato che la responsabilità se la sarebbe addossata per intero. Dopo questa mia affermazione vuoi ascoltare la risposta? “
“ Giochi al gatto con il topo?”
“ Qui casca l’asino, povero amico mio. La diagnosi parla di possibile stato e come tale non vi è l’obbligo di ricovero immediato. Sono furbi sai, si cautelano. Per iscritto non si parla di ricovero, me lo ha detto a voce, come di un amichevole consiglio. “
Sergio sospirò per non imprecare.
“ Non è ancora finita, amico mio, siediti comodo per l’ultima sorpresa. “
Sergio cercò di anticipare l’amico.
“ Ti hanno detto a quale pompe funebri rivolgerti, nel malaugurato ( per noi ) caso che il ragazzo…”
“ No, non si è spinto tanto avanti, quest’oggi. “
“ Dunque?...” Sergio si accorse che stava trattenendo il fiato quasi la malattia del suo figlio pro tempore fosse vera.
“ Si è limitato ad indicarmi, sempre a voce, le medicine da ingoiare con un sorso d’acqua ed a stomaco pieno, il buon dottore. Anche nel caso che si sentisse meglio, ha specificato. Mi comprenda, la medicina preventiva è la base della… Un mio sguardo l’ha consigliato a non continuare su questo argomento.”
“ Beh…? ”
“ Stavolta una parolaccia dovrai concedermela. Il buon dottore non si è limitato a prescrivere il medicinale ma ha soggiunto in quale farmacia acquistalo, e me lo ha ribadito un paio di volte. Una farmacia vale l’altra, ho risposto quasi seccato, chi se ne frega di finire in quella che mi ha indicato, per giunta al capo opposto della città e scomodissima per parcheggiarci la vettura anche in seconda fila. No, no, no, in quella! Proprio in quella! Ha ribattuto con una foga insospettabile, come se la scelta della farmacia sia la cosa più importante, sicuramente più importante del ricovero, della salute del ragazzo, di tutto. Là sarà sicuro al 100% di trovare i farmaci. Non sono stato capace di ribattere, ero rimasto veramente senza parole. “
“ Non dirmi che non hai intuito che cosa c’è sotto.”
“ Non saprei … il mio cervello a questo punto non elabora più i dati, li rifiuta.”
Suo malgrado Sergio abbozzò una risata.
Sottobraccio al loro “ ammalato, “ Sergio e Andrea scivolarono oltre l’ingresso dell’ospedale per riprendere a respirare.
Salutato il giovane volontario con una pacca sulla spalla ed una promessa di sollecito pagamento, i Nostri rientrarono nel loro appartamentino talmente incazzati che si dimenticarono di cenare.
In fondo fu una benedizione, con un frigorifero desolatamente vuoto.
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Le statistiche riferiscono che al 31. 12. 2006 il numero dei medici iscritti all’Albo ammontava a 357. 410, con un incremento dell’8% rispetto al 2002 ( 330. 000 ).
Essi sono pari ad uno ogni 180 abitanti, e stabiliscono un invidiatissimo record europeo.
In Francia è presente un medico ogni 298 abitanti.
In Germania uno ogni 302.
In Inghilterra uno ogni 501 abitanti.
Da un’indagine del “ Corriere della Sera “ del Luglio 2007, risulta che gl’italiani pongono al terzo posto dei “ problemi più urgenti “ con il 18, 8% dei suffragi, quello dell’ “ ASSISTENZA SANITARIA e DELLA SANITA’ “ non distinguendo tra pubblica e privata; quando difatti si rivolgono alla seconda lo fanno per accorciare i tempi di attesa, per lo più con impegnativa ASL.
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