Gli fu dietro. Finalmente lo rivide. Lui stava camminando sul quel sudicio marciapiede, e lei era ferma dietro di lui, a pochi passi.
Gli attimi cominciarono a dilatarsi, un solo istante sapeva di infinito. L’estrema lentezza dei pensieri accompagnava la rapidità reale del tempo.
Si ricordò che lo amava e si ricordò quanto lo amava. Era la vita, era lì davanti. La sua vita lì davanti, a portata di mano insieme a molti dubbi su come comportarsi.
Abbracciarlo? Corrergli incontro? Scaraventarlo per terra e urlargli quanto l’amasse? Fermarlo e parlargli? Non sapeva cosa fare. Eppure le sarebbe bastato scegliere una a caso di queste opzioni e mandare avanti la vicenda.
Si fermò un secondo, sgombrò la mente, mentre lui era ancora lì a pochi passi, così tangibile, così reale.
Si piegò verso terra, afferrò un sasso piuttosto grande e dalla punta acuminata. Ce l’aveva in mano, lo vedeva, lo sentiva, lo toccava. Con il braccio mirò dritto alla nuca, in sua direzione.
Con tutto l’amore e la violenza che governavano i suoi sensi lo scagliò, lo lanciò via. Così. Senza pietà. Con una calma e una lucidità apparenti. Con freddezza.
La pietra lo colpì con estrema forza, nel punto preciso che lei si era prefissata di colpire. Un punto vitale del suo capo. Ebbe appena il tempo di urlare per il dolore, si portò la mano alla nuca, ricadde per terra, accasciandosi, mentre un rivolo di sangue rigava il suo collo chiaro, bianco, candido. Poi qualche voce, una folla intorno a lui e pochi altri respiri stanchi e consapevoli del destino.
Lei non era già più lì. Giratasi di scatto, si era voltata ed era scappata chissà dove, in un altro luogo, dove l’attendeva una vita già finita. Già persa.