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Sfida di un acrobata
Ho passeggiato lungo un sentiero tortuoso, fatto di foglie secche e di tramonti appena rubati, cercando compagnia come un sopravvissuto nel deserto in cerca di parole non solo di acqua. Ci sono sorgenti, seppur desiderate, che non dissetano mai abbastanza quando ci sentiamo soli. Camminavo lungo i miei anni, come un acrobata sul filo del tempo, una persona sempre in bilico tra lo spazio reale, così stretto e impercettibile e l’immenso vuoto dell’insicurezza, della fragilità, delle paure, dei sentimenti sempre più forti di me, in grado di soffocarmi nella mia stupida sensibilità.
Con le braccia tese volte all’infinito percorrevo e ancora continuo, il mio viaggio verso mete sempre diverse, spesso sono caduta, mi manca equilibrio tra mente, cuore e spirito neppure la pace interiore mi aiuta, troppo impegnata nell’altalena dei ricordi, alterno passato e presente perdendomi in un tempo che non conosco. Così accade che a volte chiudo gli occhi e continuo il mio spettacolo, senza vedere ma non è coraggio, non voglio illudermi di tanta forza, a volte è meglio non vedere, il mondo è troppo grande per me e le cattiverie sembrano sempre inghiottire le cose migliori. Ad occhi chiusi il mio viaggio è più bello, a volte non sento la tua mancanza, il vento mi abbraccia e non mi sento sola, come uno scudo mi protegge dalle mie stesse angosce. Sento le stagioni sulla mia pelle e quando arriva la primavera non resisto, immagino i colori dei fiori, il sole insistente bussa ai miei occhi, così voglio vedere: Immensi e profumati campi, orizzonti senza fine e cieli innamorati che ospitano ora il limpido cobalto, ora il trionfante arancione.
Dio è stato grande, ha dipinto creando con il cuore, senza impiastrarsi le mani di sangue, i Suoi rossi erano puri, la Sua tela era incontaminata, ha disegnato mari e monti per noi e noi per Lui neppure la pace. Ora cammino saltando giù da filo, voglio sentire la terra sotto i miei piedi senza presunzione, sono una briciola nel mondo se desidero udire il rumore dei miei passi nessuno me ne farà una colpa. Amo il silenzio quando diventa musica, se ascolto la pioggia che danza sul cemento non mi accorgo che piango perché le mie lacrime non fanno rumore ed è pur sempre silenzio ma pur sempre melodia. Pensi che io sia impazzita? In questo frastuono di gente, macchine e macchinari, pensi che la pioggia non possa avere un rumore tutto suo che io desidero ascoltare? E il mio silenzio è solo immaginazione? Ho solo sete, come il disperso nel deserto lasciato solo a vagare, ho sete di pace come il Signore quando ha dipinto questa tela incasinata, ho sete di riuscire a cogliere ogni singolo rumore non come fastidioso frastuono, la mia sete è un inesauribile bisogno di perdermi ancora, sul filo dell’equilibrista e sentire che non ho paura del mondo.
Respiro profondamente, ho sparato troppe parole e mi sono tornate tutte indietro anche loro vogliono colpirmi, non basta il pensiero, me stessa al riparo da tutto si protegge dalle sue stesse parole, ridicola|! piccola donna confusa.
Mi guardo allo specchio. Vanitosa e sfarzosa so essere anche semplice e povera ma parlo come se gli stessi aggettivi dovessero per forza abbinarsi tra loro, come se non si potesse essere vanitosi e poveri o semplici e sfarzosi, distinguo bene le cose quando fingo d’essere coerente con il mio modo d’essere, troppo contraddittorio per alcuni e semplicemente complementare per me stessa, cerco di estraniarmi in terza persona ma non posso abbandonare ancora me stessa. Mi sento come il blu e l’arancione anche se così diversi tra loro entrambi hanno bisogno l’uno dell’altro, coesistono sembrando stonati, creando dentro di me un universo di confusione ma non c’è niente da aggiustare io non sono un rubinetto rotto, non perdo acqua, non i miei pezzi! Quando soffro credo di frantumarmi ma io non posso, sono già una briciola nel mondo.
Osservo i miei occhi, a volte le palpebre ribelli mi sembrano decadenti, molluschi strati di pelle che si sciolgono come cera pendendo verso il basso, non ho ottant’anni ne ho ventisei ma quando fingo di sorridere i miei occhi se ne accorgono e non stanno al gioco, così mi fanno apparire più brutta per costringermi a un sorriso vero.
Stupidi Occhi Voi che ne sapete di me? del mio cuore, del mio passato, del mio presente, di ciò che amo e di ciò che odio?! Credete di conoscermi ma Voi siete solo due ospiti maledettamente sinceri che non ubbidite. Vi chiedo solo di fingere ogni tanto, il cuor mio lo conosco non nocerebbe mai nessuno, piuttosto si pugnala che far soffrire, il cuore mio mi è sempre stato fedele ma Voi non sapete nascondere neppure un bacio lasciato dalla malinconia. Sorridete dannazione! Io passerò per bugiarda solo per Vostro spasso, Volete solo sognare coperti dalle palpebre nel buio più totale, immaginare che c’è sempre il sole e la stagione delle piogge non esiste ma bisogna reagire! Se imparate a mentire, di una menzogna sottile s’intende, di ciò che non possa nuocere, io non sarò per forza costretta a sorridere. Chiudo così la mia conversazione con Voi che selezionate il dolore persino alla televisione, che Vi impressionate alla vista di scene violente, Occhi codardi di donna, ingenui di bambina io cresco ma Voi restate piccoli e mi lasciate sola.
Mi osservo, gli occhi non mi ascoltano e mi donano una cupa espressione, guardo le labbra, carnose e passionali avide di sapori, di delicate compagne, di impazienti morsi, di sognanti baci inaspettati, desiderati, mancati, perduti. Labbra di cui non ho bisogno. Non parlerò d’amore, almeno questo lo terrò per me, segreto.
Faccio una smorfia a questo stupido specchio, odio anche lui e le fotografie che ti imprigionano in un tempo che se hai amato non puoi rivivere, puoi solo osservarlo e rimpiangerlo e se provi a rituffarti dentro ti accorgi che è tutto cambiato. La nonna nelle sue foto in bianco e nero sembra una dea, mai vista tanta bellezza!, il nonno accanto a lei è di pari bellezza, che scherzi fa il tempo ci illude di spensierata gioventù per ricoprici di malinconiche rughe. Innamorati e belli anche senza i colori mentre io qui in un carnevale di tonalità e sfumature, non so accontentarmi di tanta apparente allegria. Vorrei vederli di nuovo insieme e felici ma il tempo padrone di tutto e di tutti fa anche questo, ci divide senza lasciarci neppure un abbraccio. Malinconici ricordi, età e tempi alle mie spalle, lontani come epoche già vissute in chissà quale vita. Percorro strade sempre uguali inventando nuovi percorsi per non cadere nella noia. Odio gli abbonamenti persino quello del caffè, abbonarsi a qualcosa di sempre uguale e sentirsi prevedibili, incapaci di stupire anche solo se stessi. Lavoro anche in un bar e conosco le persone anche solo per le loro abitudini, conosco quel tipo perché fuma solo Malboro e ne compra ogni volta quattro pacchetti e la signora con il cane che brontola sempre per la brioche che non le piace ma la mangia ogni volta e l’uomo distinto ed elegante che sa già qual è il conto del solito caffè con la minerale ma fortuna in quest’universo c’è anche qualcuno che sa come mi chiamo e di lui o di lei so che lavoro fa e so che come me non sopporta il traffico di Milano perché rende nervosi, di lui o di lei so che calore hanno le mani perché una volta all’anno ce le stringiamo per gli auguri delle feste. In quest’immenso universo c’è n’è un altro al suo interno che mi da più calore.
A volte amo stare da sola con la musica, la pittura, la radio, la televisione, il giornale, una rivista, la contemplazione del tramonto alla finestra, se tutto questo è stare soli allora posso dire che la amo, quando si ha paura della solitudine anche quella degli altri, la compagnia s’inventa purché sia piacevole, positiva disposta a raccontare allegria con la sua voce sempre diversa mai corrotta da falsi prestiti con interessi al doppio, la musica mi rilassa, mi da sfogo, tento di cantare anche se non ho voce e lei non mi chiede nulla in cambio.
Quando ero piccola non lo sapevo che le amicizie andavano coltivate, come dice sempre mia madre, pensavo che coltivare era un termine utilizzato solo per le verdure e la frutta, non pensavo ai sentimenti. Poi l’ho capito cosa intendeva, dovevo stringerle a me con più forza le mie compagnie di giochi, hanno pettinato con me le bambole fingendo di tenermi compagnia ma poi a gioco finito se ne sono andate come se il gioco le avesse stancate e io non le ho trattenute oltre. Orgogliosa, non ho mai accettato di aver bisogno di qualcuno tanto meno di amicizie finte quanto il mio sorriso, ho sempre creduto più nell’amore, nonostante le delusioni, l’amore, il vero motore del mondo, il potere in assoluto per me non è il denaro, il lavoro, la tua posizione socio-economico e culturale se non hai mai amato non lo puoi capire quanto ti può dare o togliere ma vale la pena imbattersi nella tempesta delle emozioni che può suscitare anche a costo di non poterne più uscire.
Adoro gli adolescenti innamorati, quelli che passano le ore a baciarsi, che camminano al parco mano nella mano e con la loro semi-ingenua volontà di dominare il mondo se ne fregano di quelli che li osservano infastiditi, come se un bacio se pur poco innocente possa sconvolgere la persona pudica che lo vede sgradevole. Baci, spregiudicati, passionali o romantici ma niente di più, la strada non è un luogo dove liberare se stessi certo altrimenti darei ragione al signore più o meno anziano, che qualche anno fa riprese anche me con tono sgarbato e arrogante cercando di farmi sentire sporca, come il suo giaccone ma io pensavo ai miei infiniti battiti, alla loro corsa, alla gioia che mi esplodeva nel cuore e le sue parole erano fango da lasciare sulla terra bagnata dalla pioggia che a volte ha il potere di ripulire tutto anche le cattive parole. Che salto indietro! l’adolescenza sembra un giorno appena passato invece è un epoca finita da un pezzo, eppure sono ancora qui, ho inciampato nei ricordi in cerca della favola più bella per poter dormire serena e se mi sveglio devo ricominciare.
Splendido il cielo dopo la pioggia, quando per giorni è sempre grigio e piove ininterrottamente, vedere il sole sembra un miraggio. Mi aggrappo al bagliore diffuso nella mia stanza, avvolta ancora dalle mie coperte, rannicchiata come un piccolo fagottino in cerca di protezione, non avrei voglia di svegliarmi, quando non faccio incubi i sogni sono talmente belli che vivere la vita non ha lo stesso fascino ma i raggi mi svegliano.
Cerco di deviare la strada che mi farà incontrare lo specchio ma accetto la sfida amo il confronto perché ho la presunzione che ciò che vedrò non sarà una persona migliore di me. Ho sentito spesso parlare dello specchio dell’anima ma so che non è quello che puoi vedere in quell’aggeggio di false identità, ti guardi e credi di essere qualcuno ma se non riesci a vedere quello che hai dentro non ti conosci e non saprai mai chi sei e cosa vuoi. Lo specchio può dirmi se ho la cellulite, se sono sciupata e il mio colorito è pallido, se sono ingrassata e la gonna mi sta come se fossi un panettone ma non mi dirà se sono felice e soddisfatta di quello che sono, non mi dirà se ho bisogno di milioni di parole che mi cascano addosso solo per farmi compagnia, non mi dirà se posso andare a riprendere il sorriso dove l’ho lasciato, l’ho specchio mi lascia intravedere l’orologio e capisco che si è fatto tardi e se rimango ancora a guardarmi le parole non basteranno più, serve vivere e dissetarsi, serve forza d’animo e un pensiero positivo, serve coraggio e lealtà. Così continuo a camminare come un acrobata in giro per il mondo verso lo spettacolo più difficile vedo la Rassegnazione che abbraccia la Sconfitta e io non ne ho bisogno fanno l’amore con l’Insicurezza, fragile compagnia di vita, gli ingredienti pervertiti in un triangolo di sofferenza mi guardano con una smorfia, cercano di catturarmi ma io vinco la sfida, cammino sempre più veloce, lascio tutto alle spalle voglio fermarmi solo per vederle andare via e lungo il mio difficoltoso percorso non voglio applausi, solo un sorriso.
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