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I guardiani del tempo
Fu solo un attimo, un movimento improvviso, una forma scura e indefinita che per un istante aveva invaso parte del suo spazio visivo… e poi più niente. Lisey era abbastanza sicura di aver visto qualcosa muoversi alla sua destra, mentre stava leggendo, ma adesso non ne era più molto convinta. Le capitava spesso di avere la sensazione di veder muoversi qualcosa proprio all’estremità del suo campo visivo; allora si voltava di scatto, convinta di vedere Max con i suoi grandi occhi verdi sbadigliare e stirarsi pigramente, voglioso di coccole o di croccantini di cui era golosissimo. Mentre invece si stupiva di non trovare niente, neppure il suo gatto che faceva le fusa contro la porta. Cominciava a diventare un fatto snervante e assolutamente fastidioso; eppure non aveva nessun motivo per essere tesa o nervosa. Stava finendo di dare gli ultimi esami all’università, aveva un lavoro part-time soddisfacente e piacevole presso una scuola privata di lingue e un bel gruppetto di amiche simpatiche e divertenti con cui uscire nel fine settimana. Tutto nella norma più o meno, niente che non fosse tipico della vita di una normale studentessa universitaria. Ma quella sensazione… diventava sempre più insistente ed opprimente. Era come se qualcuno o qualcosa la controllasse passo dopo passo, senza lasciarle respiro. Anche i suoi genitori avevano notato che qualcosa non andava, la vedevano pallida e poco curata, proprio lei che, neppure per andare a fare la spesa si sarebbe mai sognata di uscire senza trucco; era diventata intrattabile, bastava una semplice osservazione per farla scattare come una molla. Pensando di peggiorare ulteriormente le cose, Daniel e Margaret Finney avevano deciso di lasciarle i suoi spazi e di non stressarla più di tanto con continue ed assillanti domande a cui lei si rifiutava di rispondere. Forse era solo un brutto periodo che sarebbe passato presto. Del resto Lisey era sempre stata in tipo riservato; difficilmente si confidava su argomenti che riguardavano la sua vita privata, a meno che non fosse strettamente necessario. E i suoi genitori decisero di darle un po’ di tempo prima di intervenire drasticamente.
Si svegliò in piena notte, con un groppo in gola e il respiro corto; sentiva un caldo insopportabile e si liberò dalle coperte scalciando come una forsennata. Dopo aver ripreso a respirare normalmente si accorse di essere completamente sudata; decise di andare in bagno a darsi una rinfrescata. Si alzò e a tentoni cercò la porta della camera. Tirò lentamente la maniglia per non far rumore e così non svegliare i suoi. Accese la luce del bagno… e una forma scura schizzò di lato alla su destra con una velocità fulminea, facendola inciampare e cacciare un grido. Si aggrappò alla maniglia per non cadere col cuore che batteva come un tamburo e la mente sottosopra dal sonno e dalla paura. Si girò di scatto per vedere Max che, che con la faccia tosta più grande che si possa immaginare, stava lì ai suoi piedi, leccandosi la zampina nera per poi passarsela dietro le orecchie come a dire: “Bhè? Che c’è da guardare?”. Lisey non fece in tempo ad allungargli un calcio che le giunse la voce di sua madre, ancora mezza addormentata, ma con una evidente nota di preoccupazione: “Lisey! Cosa succede? Tutto bene?” . “Sì mamma, è solo Max… mi ha fatto prendere un colpo”. Lisey fulminò con un’occhiata il gatto che se si stava tranquillamente dirigendo verso il salotto, come se niente fosse successo. “Allora torna a dormire…buonanotte” Margaret si coricò nuovamente, facendo cigolare le molle del letto. Daniel, accanto a lei, continuava a russare sonoramente, senza che quel trambusto lo avesse minimamente disturbato. Lisey spense la luce e tornò a letto, dominando l’impulso irresistibile di lasciare accesa la luce… sarebbe stato davvero ridicolo. Chiuse gli occhi e cercò di rilassarsi. Dopo circa mezz’ora tutti dormivano, fatta eccezione per Max; si era appena acciambellato sulla poltrona in salotto, quando qualcosa si mosse furtivamente dietro il tavolinetto mettendolo in allerta. Dopo aver dato una rapida occhiata, tornò a riacciambellarsi. Da dietro il divano una macchia scura schizzò in direzione della porta, senza che neppure Max se ne accorgesse.
Quando la sveglia suonò Lisey ebbe la tentazione di scagliarla contro il muro… ma si trattenne e allungò la mano per spegnerla. Doveva alzarsi per studiare; non poteva dormire fino a tardi, perché poi nel pomeriggio doveva andare al lavoro. Girò lo sguardo verso la finestra… e rimase a bocca aperta. Il gancino che la teneva chiusa era aperto e sul vetro c’era uno strano alone di una forma indefinita. Ricordava distintamente di aver chiuso lei stessa la finestra la sera prima e non capiva come potesse essersi aperta. Guardò da vicino la forma che si era creata sul vetro; era come se qualcuno avesse guardato dentro dall’esterno, premendo il viso contro la superficie trasparente, cosa tra l’altro abbastanza plausibile, visto che la casa era costruita interamente su di un unico piano. Ma c’era qualcosa che non tornava… Lisey osservò che non c’era segno del naso e che le labbra non erano alla giusta altezza. Erano troppo in alto e la forma era strana, come se… invece di un paio di labbra, ci fosse stato un lunga linea sottile, che tagliava quella ipotetica faccia da una parte all’altra. Immediatamente la prese il panico; un maniaco, un tizio senz’altro pericoloso e con dei seri problemi la stava spiando. Ecco perché aveva sempre la sensazione di essere seguita, pedinata, come se i suoi spostamenti fossero sempre oggetto di un continuo controllo. Pensò di correre da suo padre e da sua madre, ma qualcosa la bloccò. C’era un punto che non tornava in quella faccenda. Era vero che quella sensazione diventava sempre più reale, ma era anche vero che non aveva mai visto nessuno di sospetto in carne e ossa. Un uomo sulla cinquantina magari, con un pancione prominente e quella tipica luce malsana negli occhi, il classico porco che molesta ragazze più giovani. Il panico la prendeva quando era sola in camera sua con la porta chiusa e si girava di scatto, giurando di aver effettivamente visto qualcosa muoversi abbastanza velocemente da scomparire subito alla sua vista. Allora si guardava in giro, ma non vedeva niente. Solo la sua cameretta, in ordine e confortevole come al solito. Ed era sicura che quella strana forma sul vetro fosse collegata in qualche modo con tutto quello che le stava accadendo. “Lisey” era sua madre che la stava chiamando dalla cucina “ la colazione è pronta. Sbrigati, tra 5 minuti devo uscire per andare al lavoro”. Si riscosse e si alzò dal letto; ma non aveva voglia di fare colazione. Si sentiva come se avesse appena ricevuto un pugno nello stomaco.
Era seduta alla sua scrivania, dinanzi al libro di testo; leggeva, ma in realtà non riusciva neppure a capire effettivamente di cosa parlasse il libro, un tomo di 500 pagine sulla Comunicazione Interculturale. Sentiva come un buco nero dentro di sé e il panico attanagliarle lo stomaco. Non sapeva neppure bene il perché, sentiva solo che qualcosa di terribile stava per accadere, qualcosa che non aveva a che fare con la semplice routine giornaliera che viveva da sempre. E c’era anche dell’altro… pensieri che non riusciva a concretizzare. Poteva sembrare anche pazzesco, ma la sua camera le sembrava… opaca. Sbiadita. Come se i colori avessero perso la loro consueta brillantezza. “Ecco che sta per piovermi addosso un bell’esaurimento nervoso” pensò. Stava per voltare pagina, quando ci fu uno scatto alla sua destra; un fulmine nero e indistinto. Lisey si alzò di scatto facendo cadere la sedia, giusto in tempo per vedere una strana palla nera schizzare dall’altra parte della stanza… per poi andare contro il muro. Corse alla parete con il cuore in gola; niente, nessuna traccia. “Andare” non era la parola giusta… quello strano oggetto dalla forma semi circolare era sparito oltre la parete. Si sedette lentamente per terra, stordita per riordinare le idee; cosa aveva visto? Era veramente paragonabile ad una palla? Era la prima forma che le era venuta in mente, ma non proprio quella esatta, perché l’oggetto mentre si muoveva ondeggiava…come fatto di materiale gommoso. Si strinse la testa fra le mani, disperata. Ma che le stava succedendo? Visioni? Allucinazioni? “Forse ho un tumore al cervello” pensò “e questi sono i primi segnali”. Mentre stava pensando questo, improvvisamente la parete dinanzi a lei si scurì. Prima che Lisey potesse anche solo dire una parola, una palla ondeggiante sbucò fuori dal muro, mostrando un orribile ghigno. Rotolò pigramente verso di lei, aprendo e chiudendo un lungo squarcio ghignante, foderato di lunghi denti aguzzi. Lisey urlò, incapace di muoversi… la palla l’essere veniva verso di lei… inesorabilmente…spalancando le fauci… Lisey fissò il suo piede e la palla che avanzava, digrignando i denti, convinta di vederlo sparire da un momento all’altro. Chiuse gli occhi…e attese. Ma non sentì niente. Incuriosita, riaprì lentamente ora un occhio, ora l’altro… e per poco non le prese un colpo. Il suo piede c’era, ma mancava sotto di esso la striscia corrispondente al pavimento. Sotto il suo piede c’era solo uno strappo nero, il vuoto più totale. Un buco nero simile ad una voragine che si allungava sotto di lei… Lisey urlò, urlò con tutto il fiato che aveva in corpo, mentre quel piccolo affare tondeggiante e scuro continuava a mangiare strisce del mondo che le apparteneva. Scomparvero uno dopo l’altro, l’armadio, la scrivania, il letto con i peluche, la lampada sul comodino… strisce di mondo ingollate, fagocitate, da quegli esseri immondi. Lisey cercò di correre, ma invano… non c’era più spazio, il pavimento ormai non esisteva più. Precipitò nel vuoto, mentre le sue grida riecheggiavano nel nulla.
“Ah!” annaspò mentre si liberava dal lenzuolo, rimasto aggrovigliato tra i piedi. Si tirò su a sedere, madida di sudore. Si guardò intorno… la sua camera…c’era ancora. I poster, i libri, la porta finestra del terrazzo… si trovavano al loro posto. Un incubo; uno stramaledettissimo incubo. Lisey guardò il calendario appeso al muro: 24 novembre. “Eppure…” pensò confusamente. Era convinta che fosse il 23 novembre. Strano. Si vede che aveva sbagliato a segnare il giorno. Scese dal letto e si recò in cucina. I suoi erano già usciti per andare al lavoro e si erano dimenticati la tv accesa. “Oggi 24 novembre…” stava annunciando il cronista al TG. “Allora è proprio il 24” pensò sempre più stupita. Si sedette per fare colazione; era una bella giornata e la luce del sole entrava dalla finestra riflettendosi sul tavolo. Tutto intorno a lei sembrava più luminoso…più nuovo. Stava per bere il suo caffè, quando ad un tratto capì… e la tazza le sfuggì di mano. Quelle pallette nere… non stavano mangiando, stavano facendo pulizia. Toglievano di mezzo ciò che ormai era ieri, per passare al domani. Erano…guardiani. I guardiani del tempo, che toglievano di mezzo il vecchio per fare posto al nuovo. Lisey rimase a bocca aperta, mentre realizzava che chissà per quale oscuro motivo aveva assistito allo straordinario passaggio dall’oggi che diventa ieri, alla nascita del domani…del futuro. Un’esperienza unica… ed irripetibile. Si guardò intorno, notò i colori smaglianti, i riflessi che brillavano sulle superfici…e per la prima volta dopo tanto tempo si sentì felice. Era un nuovo giorno…e Lisey aveva tutta l’intenzione di goderselo.
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