Se un uomo, a più di settanta anni, è ancora, come dicono alcuni, “oculato” dopo aver condotto un’esistenza solitaria e misera in campagna, in una specie di stalla senz’acqua e luce per non deteriorare o comunque sporcare il suo villino nuovo, arredato ma mai abitato, credo che non possa essere assolto o perdonato per questa mancanza grave contro la dignità della vita umana. Se questa mancanza viene aggravata da un caratteraccio che gli ha precluso la gioia dell’amicizia e degli affetti parentali, e lo l’ha portato, vecchio e malato, a morire lontano dalla sua casa (meglio detta stalla) in una città sconosciuta, dove si era recato per fare accertamenti medici. .. e se, infine, arrivando, ormai defunto, al paese, dal carro funebre fosse sceso l’autista solo, senza nessun parente, nessun amico ad accompagnarlo nell’ultimo viaggio, cosa avreste detto?
Forse non avreste avuto lo spirito pronto per eguagliare una donna umile che è riuscita paradossalmente a tradurre con parole semplici la sua pietà
“Che vita miserabile! Fino alla fine!… Non s’era mai visto un morto tornare solo!”