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Avventura Notturna
L’ambulanza raccolse il povero vecchio vicino alla stazione. Lo trovarono sdraiato su una panchina. Erano passate le tre di notte.
-Aiutami ad alzarlo- disse un infermiere al collega.
Non senza qualche difficoltà lo portarono sull’ambulanza. Puzzava di vino e aveva il naso rotto.
Arrivati in ospedale due infermieri portarono a braccia il povero vecchio nel reparto di radiologia. Lo lasciarono sopra un lettino nel corridoio in attesa della tac.
-Stia qui, quando sarà il suo turno la chiameremo- gli disse il dottore.
Il povero vecchio cominciò a guardarsi intorno. Riflesso contro una spalliera del lettino su cui stava potè vedersi in faccia. Il naso era diventato enorme e lo sentiva pulsare fortemente. Aveva perso molto sangue, e sulla sua camicia c’era una grossa chiazza rossa. Come una macchia di pomodoro.
Nel corridoio si era formata una lunga fila di persone, tutte in silenzio. Erano almeno una quindicina disposte in pochi metri.
“Che cazzo faccio qui”, pensò il povero vecchio. Si sentiva stanco e sentiva sempre quel naso pulsare, ma non gli andava di stare lì. Anche perché non ricordava come ci era finito.
Notò che un bambino continuava a fissarlo. Lui allora allargò la bocca in un amichevole sorriso ma vide il bambino fare uno sguardo impressionato e subito dopo avvicinarsi a quella che doveva essere sua madre e stringersi a lei.
Con la lingua il povero vecchio si accorse di avere una fessura tra un dente e l’altro, sul davanti. Era grossa, notò, perché la lingua ci passava benissimo. Controllò guardandosi alla spalliera e vide che aveva perso i due incisivi davanti. Effettivamente era uno spettacolo disgustoso e decise di non guardarsi più.
Stette ancora qualche minuto sul suo lettino, seduto con le gambe a penzoloni. Continuava ad arrivare gente, e si cominciava a stare stretti.
“Poco male. Sono sul mio lettino”, pensava il povero vecchio.
Poco dopo però arrivarono di corsa due infermieri.
-Si alzi e si metta da quella parte- disse uno al povero vecchio indicandogli un punto imprecisato del corridoio.
-Abbiamo bisogno urgente di questa barella- disse poi spingendola fuori.
Il povero vecchio si mise allora con la schiena contro il muro, ma non era comodo. Si lasciò scivolare fino a terra e si mise seduto. Piegò leggermente la testa ma non gli riusciva di dormire per quel maledetto pulsare.
“Fanculo, mi faccio un giro”.
Si rialzò e si diresse verso l’uscita del reparto. Passò vicino al bambino di prima, che ora lo guardava in modo timoroso. Il povero vecchio quando lo notò gli rifece ancora il suo sdentato sorriso e il bimbo si mise a singhiozzare.
Girò un bel po’ per l’ospedale, e gli infermieri che incrociava non gli davano noie. Solo qualcuno lo fermò per chiedergli che stava cercando, e lui ogni volta diceva di cercare il reparto di radiologia e poi continuava per la sua strada.
Salì su una rampa di scale fino ad un portone. Lo aprì e si trovò lungo un corridoio quasi completamente al buio, illuminato solo dalla luce dei lampioni sulla strada. Gli piaceva quell’atmosfera, quella poca luce e il fatto che non ci fosse nessuno. Si accese una sigaretta e guardò fuori da una finestra il buio della città. Si accorse che stava riacquistando un minimo di dignità, o almeno decenza nei suoi confronti. Era parecchio che non provava quella sensazione.
Finì la sigaretta immerso nella sua aria sognante e riprese a camminare per il corridoio. Le porte erano tutte chiuse, ma verso la fine del corridoio notò che una porta era accostata. Sbirciò dentro e vide che la stanza era occupata. Furtivamente entrò. La stanza era piccola, c’era un televisore su una mensola sulla destra e un letto sulla sinistra superato il bagno. Sul letto era disteso un paziente. Aveva un grosso tubo che partiva dalla bocca e lo univa ad una grande macchina messa vicino alla sponda del letto. La macchina faceva un leggero rumore come quello di un piccolo ventilatore.
Il povero vecchio si avvicinò incuriosito e attento che non arrivasse nessuno. Notò che il paziente era una donna. Anche se aveva quell’enorme tubo attaccato alla bocca vide che era molto bella. Pensò che doveva avere trent’anni, non di più. Dormiva profondamente, e il povero vecchio cominciò a fissarla. Il suo sguardo prima contemplò il suo viso, poi scese ad osservare tutto il corpo. Con la mano il povero vecchio sollevò la coperta e la fece cadere di lato. Rimase qualche istante immobile per controllare che non si svegliasse. Dormiva. Aveva una vestaglia che le lasciava scoperte le gambe. Erano molto belle, e al povero vecchio piacevano ancora di più illuminate dalla luce dei lampioni. Cominciò ad accarezzarle. La donna continuava a dormire, allora il povero vecchio continuò. Poi vide i suoi abbondanti seni. Un capezzolo fuoriusciva dalla veste e al povero vecchio dava un senso materno. Appoggiò delicatamente le sue labbra sul capezzolo e succhiò come un neonato. Poi appoggiò la testa sui seni e rimase così, guardando la luce provenire dalla finestra.
Stette lì molto tempo. Non si accorse quanto, ma intanto il naso non lo sentiva più pulsare. Poi si tirò su e riguardò il viso della ragazza. Le baciò la fronte, la ricoprì e uscì dalla stanza.
Si incamminò lungo il corridoio verso la porta da cui era entrato. Quando arrivò a pochi metri la porta si spalancò ed entrò un’infermiera.
-Che ci fa qui?- gli disse turbata.
-Questo è il reparto di chirurgia, possono entrare solo gli infermieri o i dottori- lo rimproverò.
-Non le sembro un dottore?- le disse il povero vecchio.
-Esca subito. E mi dica che ci fa qui- rispose in tono severo l’infermiera.
-Esco o le dico che ci faccio qui?-
-Se le va di scherzare chiamo la vigilanza- disse e lo fissò bene.
-Da dove è entrato?- aggiunse.
-Cercavo solo il reparto di radiologia- spiegò il povero vecchio.
- È al secondo piano, ma non si gira per l’ospedale così. Chiamo un collega e la faccio accompagnare. Aspetti qui- e discese le scale.
Quando non la vide più il povero vecchio scese anche lui le scale e uscì dall’ospedale.
Il naso aveva ripreso a fargli male, ma ormai aveva deciso che sarebbe tornato a casa.
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0 recensioni:
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- In fondo il "povero" vecchietto cercava anche lui un po' di conforto e calore umano e poichè nessuno glielo avrebbe dato spontaneamente, diciamo che se l'è preso da solo... non è mica colpa sua se si è trovato al posto giusto, nel momento giusto. Una storia come ne capitano tante, anche se alcuni non sono così fortunati. Perlomeno lui è stato pure soccorso, anche se inconsapevolmente e indipendentemente dalla sua volontà. Comunque ben scritto.
- si l'ho riconosciuto... era Henry Chinaski... mi piace...
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