Sempre fregati noi scrittori "dannati".
Curvati su tavolini traballanti in bettole di periferia, con le braccia conserte e la testa china ad alitare su fogli insolenti, penosamente bianchi... a rimproverarci: "che c##zo scarabocchi a fare... ma trovati un lavoro, serio. (col "serio" pronunciato accentuato)
Ed il sapore del liquore al malto che esali dal fiato ti ritorna in faccia, perchè la bocca è a pochi centimetri dal tavolino.
"Sì... sì. Ci vuole un lavoro. Uno... serio. Ma dopo... Dopo. Butto prima giu' quest'altra stronzata... Poi, sì. Un lavoro."
La mano scarna solleva tremante un bicchiere di vetro pesante. Di quelli di una volta. Con una scheggiatura sul bordo. La testa si solleva. Un pensiero balza alla mente. Un sorriso ironico si accenna su un viso disgustato... disgustato da ipocriti, figli di papà, idioti, puttane d'alto borgo, vagabondi, politici, intellettuali, snob...
Un brindisi. "Che si fottano, tutti quanti."
E giu' il sorso.
Al lavoro.