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Damiano, il Diario e Daria (tre)
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Caro Diario,
so che posso migliorare.
Ma di chi è la colpa se mi sento già perfetto?
Avrei forse potuto desiderare un nome diverso da Damiano? Probabilmente sbaglio punto di vista.
Dovrei piuttosto andare da un ottico o da un dentista. I dentisti sanno sempre cosa dire, e guadagnano anche un sacco di soldi. La mia esistenza è costellata di dentisti che non vedono bene e da ottici che credono di essere dentisti. Anche Daria, la mia ex-ragazza, credeva di essere un dentista, ma poi dieci anni fa emigrò in Australia a fare l'ottico. Cioè, è quello che mi disse, in realtà non so bene cosa faccia, nemmeno lei sa esattamente cosa significhi fare l'ottico ad Hobart. Non controllava mai sul dizionario, e finì per credere che fare l'ottico significasse prendersi cura di se stessa. Io lo spero per lei, perché in tv ho sentito dire che si preannuncia di questi tempi un'invasione di canguri mannari. Probabilmente avranno bisogno di un buon dentista. Ecco vedi, si finisce sempre per convincersi che ciò che abbiamo "trovato" sia il meglio che si possa desiderare, e invece poi scopri che non è poi così tanto male.
Io ho sempre desiderato Daria fin da piccolo. Certo, la chiamavo in mille nomi diversi perché ancora non la conoscevo, forse per questo litigavamo così tanto, credeva io avessi delle amanti. Invece lo dicevo così per scherzare, anche lei scherzando mi fratturò l'osso del naso e persi due incisivi. Capisci quindi quando dico che è importante conoscere un buon ottico e un buon dentista?
Mio caro Diario, non essere confuso anche tu. Io amavo Daria, più dei miei occhi e dei miei denti e forse la amo ancora di più ora che non ci vediamo più. E forse non era sufficiente nemmeno questo. Dieci anni di non-vedersi non si possono dimenticare così facilmente. Magari un giorno mi farò assumere come canguro mannaro e andrò in Polinesia a prendere il sole oppure lezioni di yoga.
Il nostro fu un incontro inaspettato e fortuito, dieci anni fa. Durante la festa ad una tesi di laurea di una amica comune che dissertò allegramente sui rapimenti alieni e sulla cospirazione globale. Ma io non è che ci creda poi molto sugli incontri inaspettati. È stato tutto così strano, tanto che poi lei il giorno dopo prese il primo aereo e se ne volò a 16. 678 chilometri di distanza, non era forse una evidente dichiarazione di amore? Perché proprio 16. 678? Non è invece un segno?
Stanotte ho fatto un sogno, cioè, non era proprio notte perché di notte a volte lavoro, quindi era mattina quando mi addormentai. Mi trovavo su una nuvola nel bel mezzo di un cielo azzurro tipo paradiso, e stavo stirando un cumulo di panni sporchi. Un enorme mucchio di panni da stirare, e c'era un palo con un cartello con tanti nomi. Erano nomi strani, mai uditi o letti prima. Verdena, Marlene Kunz, Smashing Pumkins, Subsonica, tutti nomi che non so cosa possano significare, sicuramente illusioni del mio subconscio. Forse erano nomi di città, o di navi da guerra, fatto sta che stiravo cumuli di mutande su cui c'erano etichette di quei nomi, a chili e chili. Riconobbi solo un nome prima di svegliarmi in preda al panico e sudando freddo. Al 16. 678° posto vidi il nome di Eros Ramazzotti.
Se frequentassi uno psicanalista potrei chiedere il significato del sogno, ma credo caro Diario di esserci arrivato da solo. Cioè, anche con il tuo aiuto, ovviamente. E il messaggio è che in paradiso ci sono ancora panni da lavare. Insomma non saremo mai liberi. La libertà come diceva Daria, è uno stato mentale. È che io sulla cartina questo Stato proprio non lo trovo. O forse non voglio. O forse l'ho trovato e non lo riconosco. O forse lo forso ma non lo forso abbastanza. Forse mi sono forso. È colpa di questi denti, e vorrei così tanto che lei mi chiamasse per raggiungerla in Australia, ma ciò che inizia, prima o poi finisce, e per me il "prima-o-poi" è durato dieci anni.
Tutto ricomincerà daccapo?
In questo momento infinito, la finità si è momenta.
Anche se sospetto che finché...
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Non ebbe tempo di finire la frase, poiché bussarono alla porta. Damiano alzò gli occhi verso la finestra, sospettando qualcosa che era sepolto lontano nella sua memoria. Bussarono ancora e lui si voltò dalla parte giusta, si alzò dalla sedia e chiese ad alta voce chi fosse. Guardò dallo spioncino e contemporaneamente udì delle voci femminili, erano delle spogliarelliste che dicevano di avere un appuntamento con lui. Damiano spalancò gli occhi e spalancò la porta quasi immediatamente.
Lui osservò curioso la scena perché in realtà non ricordava di aver mai conosciuto delle spogliarelliste, loro cinque invece entrarono cominciando subito un gran baccano. Ridevano e portavano bottiglie di Cartizze e bicchieri di plastica con i quali iniziarono a bere e far bere Damiano. Non capiva bene cosa stesse accadendo ma pensò che la cosa importante era non farle andare in bagno dove crescevano le piantine di soia. L'alcool entrò subito nelle vene, trasportato fino al cuore e poi al cervello, spandendosi fino alle estremità di tutto il sistema nervoso.
Le cinque bellissime ragazze mutarono carattere, i loro occhi si dilatarono, le pupille simili a felini, i denti crebbero in zanne ricurve, le unghie artigli d'avorio. Fameliche si avventarono sul corpo di Damiano, ciucciandoselo fino all'osso. La cucina bianca e azzurra si tinse di rosso. Una furia cannibale in un vortice di colori, si consumarono a vicenda, una con l'altra. Bianco, azzurro, rosso, verde. Un caleidoscopio di colori esplose, metafora di un istante selvaggio e animalesco. I colori aggrovigliati si mescolavano in un turbinio di follia e allegro divertimento. Finché l'arcobaleno ruotando a velocità intermittente si stabilizzo ad una temperatura di 6500 gradi Kelvin e divenne bianco. Bianco... come il seguito di questo foglio...
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