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Journey
Sussultò.
Aprì gli occhi di scatto e si rese conto di essere al centro di un corridoio fiocamente illuminato da piccole candele poggiate in tanti candelabri di cristallo che si susseguivano lungo le pareti, al suolo. Il pavimento era ornato da un tappeto rosso che lo ricopriva quasi interamente e al contrario le pareti apparivano gialline, spoglie se non per qualche piccolo specchio tondo che si incontrava di tanto in tanto.
Prese coscienza del proprio corpo e senza aver deciso una meta precisa, decise di avviarsi alla sua sinistra. Percorreva il morbido tappeto con un andamento lento, soppesando ogni passo non per paura di qualche intrusione, ma per la semplice e pura inerzia, consapevole di non avere nulla da perdere in quel suo strano viaggio. Raggiunse il primo specchio, si voltò e si guardò: il viso era di un colorito diafano, le labbra rosse contribuivano ad aumentare il contrasto, gli occhi neri come la pece erano profondi, i capelli ramati le ricadevano morbidi fino alle spalle;abbassò lo sguardo e si rese conto di avere i piedi nudi e di essere ricoperta da un leggero tulle di seta, che andava a fasciarle l'intera figura, soffermandosi in particolar modo sulle sue grazie. Sfiorò con i polpastrelli la lastra di vetro, voltò il capo e proseguì.
Perse totalmente la cognizione del tempo. Contò circa quindici specchi e finalmente raggiunse una porta. Era di legno, semplice e dal pomello dorato, ed era posizionata alla sua sinistra. Senza attendere oltre l'aprì.
Entrò in una stanza completamente luminosa, dalle pareti bianche.
Strizzò gli occhi, cercando di abituarsi il più in fretta possibile al nuovo cambiamento;non appena riacquistò la vista, notò una bambina raggomitolata nell'angolo destro. Era circondata da libri e avvicinandosi lesse qualche titolo: sorrise. La guardò con tenerezza, le posò una mano sulla testolina, lei così piccola e indifesa che leggeva i suoi primi libri, inconsapevole e fiduciosa nel futuro, lei che accanto a sé aveva un piccolo foglio di carta dove trascriveva i suoi pensieri, lei con le gambette ricoperte di piccole macchioline viola, lei che indossava il suo vestitino preferito. La bambina alzò lo sguardo, i loro occhi si scontrarono per un istante, prima che la piccola li abbassasse di nuovo e con un gesto quasi impaziente le scostasse la mano dal capo.
Ripercorse i suoi passi e si soffermò sulla soglia, guardando la piccola figura un'ultima volta, poi chiuse la porta alle sue spalle.
Continuò il suo cammino, scese una lunga scalinata, aprì una porta logora e dalla vernice scrostata.
Appena entrò senti un gran baccano e una lama apparsa dal nulla le penetrò nel cuore. Riconobbe due figure, un uomo e una donna che litigavano, una terza figura in piedi, inerme. La donna che urlava piangeva, e il dolore al cuore diventava sempre più forte. Sentì le ginocchia piegarsi, sentì un calore indefinito all'altezza degli occhi, senti un vetro infrangersi. Chiuse gli occhi, si alzò di scatto e aprì la porta a tentoni;uscì velocemente e rimase con le spalle poggiate al muro, respirando a fondo.
Non sentì più dolore, la macchia rossa all'altezza del petto era svanita, le lacrime erano scomparse, era di nuovo tutto calmo.
Prese un profondo sospiro e ritornò sui suoi passi, risalendo la scalinata fino ad imboccare il corridoio opposto al precedente.
Altri passi, altra porta. Senza neanche soffermarsi a studiarne la struttura l'aprì.
Strabuzzò gli occhi, folgorata dalla diversità del luogo. Era un immenso prato verde riscaldato dal tiepido sole. Sentì delle risate argentine e notò un gruppo di bambini che giocavano lanciandosi a vicenda dei palloncini pieni d'acqua che inevitabilmente esplodevano, bagnandoli tutti. Dal nulla apparvero tre scalini e due bimbette sedute che guardavano i loro amichetti, ridacchiando fra loro. Improvvisamente un bimbetto alto, con gli occhialini tondi e i ricci castani la colpì in testa;sentì un rivolo di acqua gelida scorrerle lungo la schiena, si voltò e notò che il bambino la indicava e rideva di lei. Ci si avviò contro col desiderio di fargli pagare caro l'affronto, ma più camminava e più il gruppetto di bambini si allontanava, e notò una delle due bimbe salutarla con la mano, sorridendole.
Senza sapere neanche come si ritrovò di nuovo nel corridoio e i suoi capelli erano ritornati asciutti.
Continuò il suo percorso e il suo istinto la invitò a saltare qualche stanza.
Ora si trovava di fronte una porta viola, dal pomello nero.
Aprì e si rese conto di essere di fronte un ospedale, dall'altro lato della strada. Dal cancello dell'edificio uscirono due ragazze:una di loro si stava asciugando gli occhi, aveva un cappellino nero in testa e un giubbotto bianco, troppo grande per lei;l'altra era più bassina, aveva i capelli marroni e un giubottino nero. Camminavano svelte, ogni tanto la più bassa abbracciava l'amica. Provò una strana sensazione, un misto di dolore e gioia. Le guardò allontanarsi, consapevole che le due non si sarebbero più separate così facilmente.
Abbassò lo sguardo e sorrise, mentre i capelli le ricadevano sul viso. Tornò sui suoi passi e chiuse la porta.
Fece ancora qualche passo e finalmente si accorse di essere giunta alla fine del corridoio. Di fronte a sé aveva una porta, direttamente alla sua sinistra ne aveva un'altra.
Era una porta rossa, con qualche rosa nera ad adornarla.
L'aprì e sentì caldo. Nella stanza c'era un camino acceso, unica fonte di luce, e su un divano a darle le spalle, era seduta una figura. Suonava. Un suono basso, capace di entrarle nell'anima, la calmò. Rimase li ad osservare, incapace di fare anche solo un altro passo, mentre sulle labbra le nasceva un sorriso indefinibile, uno di quei sorrisi che dicono tutto e allo stesso tempo non dicono nulla. Dall'ombra arrivarono altre figure, quattro ragazzi e una ragazza;quasi la presero di peso e con degli strani sorrisi rassicuranti la sospinsero leggermente fuori dalla stanza, mentre lei faceva perno sui piedi per cercare di frenarli. Fu inutile.
Le candele nel corridoio erano sparite. Si trovava nel buio più totale e per un attimo ebbe paura. Improvvisamente notò una piccola scintilla, poi uno scoppiettio e un lampo rosso oro. Il cuore le si riscaldò, la paura era svanita e con essa era giunta la consapevolezza: il suo viaggio era finito.
Aprì l'ultima porta. Inizialmente credette di essere in volo: attorno aveva l'azzurro. Il pavimento, le pareti e il soffitto erano tutti dello stesso colore e le davano una sensazione di libertà, di immenso, come se la stanza non avesse limiti. Di fronte a sé c'era un letto candido, con lenzuola e coperte bianche;su di essere era poggiata una rosa rossa, che prese e poggiò sul petto, mentre si distendeva.
Lo sguardo rivolto al soffitto, scorse un battito d'ali, vide una piuma poggiarsi delicatamente a terra e si sentì a casa.
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