Percorrevo la statale che porta al mare, un qualunque mare del mondo, e fui sorpreso di vedere, all'ombra di un grande albero, una simil-donna. L'osservai attentamente, la riosservai e la osservai ancora. Ma io la conoscevo! Lo conoscevo, è vero. La meraviglia non era per il fatto che fosse vestito da donna e si prostituisse, ma che nascondesse questo suo aspetto, questa identità alternativa. Ragionai sul fatto e passai qualche giorno a confrontarmi con me stesso per capire se rispettare o meno questo segreto, se farlo solo mio o parlarne.
Dopo una settimana lo incontrai ad una cena. Rasato, curato e gentile. Lo stavo studiando. Lui mi parlava di vacanze in India, di fine settimana a Londra e della sua donna. Io dissi sempre di si, e solamente si, e poi gli chiesi: «sei felice?».
Lui mi guardò, rimase in silenzio per qualche minuto, bevve il suo vino e mi disse: «se la felicità è vivere, io sono felice. Se la felicità è vivere sotto il sole, respirando l'aria del mattino e guardare le stelle con il tuo vero animo, no. Non sono felice.»
Il silenzio ci accompagno per tutto il resto della serata. Finimmo di cenare, uscimmo tutti fuori. Io girai a destra, lui a sinistra e gli altri non so. Non ci salutammo neanche e da quella sera non l'ho più visto.