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Lucky, Smilla e le olimpiadi ovine
C'era una volta, in un posto bellissimo, una collina verde con sotto il mare lontano lontano e sopra le montagne più alte che avevano ancora un po’ di neve in cima. Tutto intorno alberi rotondi e soffici pieni di rami comodi per tanti uccelli dalle piume colorate. Non so quanti nidi fossero presenti, ma una ghiandaia grassa come un tacchino riposava beata nel suo comodo rifugio, disturbata soltanto da un picchio secco e antipatico suo vicino che bussava e bussava continuamente.
Quattro alberi più in la c'era una povera casetta di legno col camino fumante e dietro la finestra una lanterna fioca fioca illuminava il pastore Orso Maria seduto al tavolo.
Orso Maria aveva sempre odiato quel nome. Non sapeva proprio perché si doveva chiamare anche Maria, come le femmine, ma tant'è, quel nome gli era stato dato.
Si fece sempre chiamare solo Orso.
Non si dava pace perché pare che di lì a poco ci sarebbero state le Olimpiadi degli Ovini. Gli era stato ordinato di partecipare con le sue pecore Aveva 712 percore e sarebbe stato un problema scegliere quelle più adatte. Erano talmente tante che di alcune non ricordava neanche il nome!
Il pastore Orso Maria aveva provato a rifiutarsi ma il Padrone era andato su tutte le furie.
"Orso Maria, devi partecipare!" disse il padrone, e lui già lo odiava perché si ostinava ad aggiungere quel Maria dietro al suo nome Orso. Aveva un tono così autoritario che faceva tremare i quadri alle pareti ogni volta che apriva bocca.
" E non solo! - aggiunse - Ma voglio almeno una medaglia nella categoria ricotta e una nella categoria lana!! Hai trenta giorni di tempo a partire da oggi!" Aggiunse con quella sua vociaccia roca e uscì sbattendo la porta così violentemente che tutti gli uccelli dei quattro alberi rotondi e soffici volarono via impauriti dai loro nidi. La ghiandaia piombò ai piedi della quercia con un tonfo sordo e il picchio secco restò col becco incastrato nel tronco e, vibrando come un diapason, rimase appeso e tremolante per un giorno intero.
Orso sapeva bene che avrebbe dovuto spiegare a ciascuna pecorella che sarebbero al più presto cominciati gli allenamenti e che avrebbe dovuto scegliere almeno 100 pecorelle più promettenti per iscriverle alle olimpiadi.
Avrebbe trovato le pecore campioni? Come avrebbe effettuato la selezione senza alimentare gelosie e risentimenti tra quelle pettegolane delle sue pecore?
Passeggiava nervosamente su e giù senza avere una sola buona idea.
Si era fatta sera e i grilli dietro la finestra cominciavano a cantare a intermittenza con quella insistenza seconda solo a certe cicale ciarlatane che solevano frequentare quei luoghi quando l'estate si faceva più avanzata.
Non potendo riflettere ben bene, uscì di casa per allontanarsi dai grilli e camminò verso il ruscello. La notte tiepida e luminosa per la presenza di una grande luna sembrava fatta apposta per riflettere.
Arrivò fino al ruscello, staccò un filo d'erba, lo mise in bocca e cominciò a pensare. Ma la testa del pastore Orso non era abituata a pensare, tanto meno di notte e fu così che il nostro amico Orso si addormentò su un grosso sasso levigato, cullato dal rumore dell'acqua del ruscello che zampillava gonfia di neve sciolta giù verso il fiume.
Si risvegliò la mattina dopo tutto indolenzito, coi piedi umidi e le ossa rotte.
Le pecore belavano dall'ovile perchè si era fatto tardi e volevano uscire. Smilla e Lucky, due cani pastore pasticcioni, andavano e tornavano tra l'ovile e la casa di Orso graffiando con le zampe alla porta.
Avevano un modo buffo di camminare. Smilla, il cui problema era sempre stato il sederone, avanzava un po’ di traverso con quella andatura tipica dei cani spostando qua e là il culone rosa scodinzolando ad ogni passo. Aveva un'aria allegra, ma allo stesso tempo i suoi grossi occhi tondi erano tristi e dolci. Un naso sempre umido e la lingua spesso pendoloni fuori dalla bocca la rendevano simpatica come se fosse appena uscita da un cartone animato. Lucky aveva un incedere tronfio e altero. Lucky pure era un po’ strano perché un grosso ciuffo di peli bianchi e neri ricadeva proprio davanti agli occhi e avendo le zampine troppo corte, non riusciva a spostare quei peli superflui e non ci vedeva molto bene, andando continuamente a sbattere ovunque, abbaiando sommessamente ogni volta che il suo muso incocciava con un ostacolo. Era convinto di essere un gran cane da pastore. Non si era mai visto allo specchio. Primo perché non aveva specchi lassù sulla collina e secondo perché se anche avesse avuto uno specchio lassù sulla collina non si sarebbe visto per via del ciuffo di cui sopra. Procedeva baldanzoso e sicuro di se come un grande cane da pastore maremmano e nessuno ebbe mai il coraggio di spiegargli l'amara verità del suo essere un piccolo cane da salotto. Era profondamente innamorato di quella pacchiona di Smilla ma era rimasto un sentimento segreto. In verità aveva provato a dirglielo ma il suo muso non arrivava all'orecchio di Smilla e le sue parole sussurrate non giungevano mai alla cagnolona.
Il pastore Orso corse all'ovile.
" Intanto faccio uscire le pecore - pensò - e poi qualche idea mi verrà".
Si mise in cima alla collina e le guardò sfilare una ad una mentre Lucky avanzava tronfio davanti al gregge e Smilla, barcollante, spingeva col muso le ultime del gruppo.
"Innanzi tutto, pensò Orso, occorre dividere le pecore da lana da quelle da ricotta". Un bel problema riconoscerle tutte e 712!
Le uniche due che non appartenevano a nessuna categoria olimpica erano Zachia e Zamira, le pecore nere con padre di Dar El Salam e madre di Ovindoli ormai col permesso di soggiorno in regola.
Nessuno voleva la loro lana scura, e il loro latte non era adatto a farne ricotta. D'altronde era chiaro a tutti che le pecore di colore hanno indiscusse doti atletiche. Avrebbero potuto primeggiare nelle gare di corsa o di salto in lungo.
" Ma certo! - si disse Orso picchiandosi la zucca con un colpo di mano così forte che restò rincitrullito per dodici minuti - le dipingerò di bianco e nessuno se ne accorgerà."
Avendo pensato così tanto, e con la fronte ancora arrossata per il colpo di mano, Orso era sfinito. "Penserò al resto domani" disse tra se e se, cioè tra Orso e Maria.
Con un gran fischio chiamò i suoi cani. Smilla inciampò in un tronco, cadde rumorosamente, si sgrullò il pelo si rimise in piedi e spinse tutte le pecore verso i prati. Lucky si incamminò nella direzione sbagliata, piombò dentro il ruscello e finalmente il ciuffo si spostò dalla sua fronte. Vide le pecore che stavano uscendo sbellicarsi dalle risate, belando sguaiatamente, alcune rivolte sul dorso e con gli zoccoli all'aria, altre con le lacrime agli occhi. Lucky non sopportava essere preso in giro, corse a gambe levate verso il gregge abbaiando e rimettendo tutte le pecore in fila per cinque col resto di quattro.
Passò il primo giorno e Orso aveva solo risolto il problema di Zachia e Zamira.
La sera era tiepida, a primavera ormai inoltrata e le prime lucciole si stavano di nuovo sistemando tra i rovi vicino casa di Orso. Il picchio secco batteva ancora sui rami e la ghiandaia goffa e brontolona prese un grosso randello e fece smettere il picchio di picchiettare.
Disturbato dal rumore del picchio che batteva sul ramo, ma soprattutto dal rumore della ghiandaia che randellava il povero picchio secco, Orso non riusciva a dormire.
"Uscirò al fresco verso il ruscello" - disse tra se e se, cioè tra Orso e Maria. Fece pochi passi, si adagiò su un sasso piatto, staccò un filo d'erba e masticandolo lentamente si assopì
Fu svegliato la mattina dopo dalla lingua risposa e appiccicosa di Smilla. Un altro giorno era passato senza aver preso una decisione.
Fece colazione con fichi secchi e latte di pecora e si diresse verso l'ovile. " Oggi non si bruca se prima non dividiamo le pecore da lana da quelle da ricotta!" disse rivolto all'ovile. " Le pecore da lana escono dall'ovile e si fermano a destra, le pecore da ricotta escono dall'ovile e si fermano a sinistra!" urlò Orso con tutto il fiato che aveva in corpo. E così iniziò:
“Aba, Abbondanza, Ada, Tutte e tre ricotta! “
E si diressero a sinistra.
“Adalgisa, Adama, Adele, Tutte e tre lana! “
E si diressero a destra.
Adriana, Agata, Alberica, Alberta e così via tutta la lettera A fu smistata, meno la pecora Andromeda.
Per lei c'era un grosso dilemma.
Andromeda infatti aveva il più bel mantello di lana di tutto il gregge. I suoi ciuffi erano bianchi e soffici e sembrava una nuvoletta. Ma Andromeda aveva anche le mammelle piene di tanto buon latte e la sua ricotta era la preferita di Orso Maria. "Dove la metto?"si chiese Orso." A destra o a sinistra?" La fece restare in mezzo. "Domani deciderò prima di dividere la lettera B." pensò.
Si era fatto tardi, il prato era quasi tutto brucato, e ormai le pecore si erano mangiate anche le margherite. Orso fischiò, i cani scattarono all'unisono. Smilla picchiò il muso contro un tronco e Lucky inciampò nel fosso. Poi si ripresero e radunarono abbaiando tutte e 712 le pecore.
Orso era stanco quella sera. Si sedette sulla sedia a dondolo davanti l'atrio della sua casetta, mangiò una crosta di formaggio e qualche fagiolino lessato e restò a guardare una nuvoletta che si era incastrata tra i rami dell'albero della ghiandaia.
Si tolse le scarpe lasciando uscire il suo calzino sinistro bucato. Prese un filo d'erba, lo portò alla bocca e si addormentò dondolandosi dolcemente, mentre una brezza fresca carezzava il suo ditone sinistro.
Il sole usciva timidamente da dietro le montagne spegnendo le ultime stelle col suo soffio delicato e le poche nuvole presenti nel cielo si tingevano di viola e di azzurro e poi si accendevano di un rosso intenso finché tutti i colori dell'alba incendiavano il cielo fino a sfumare nel chiarore azzurrino del mattino. Nell'aria frizzante si spargevano i profumi dei mughi odorosi e dei pini selvatici. Ma avvicinandosi sempre più al piede di Orso tutta la poesia dell'alba di tarda primavera veniva rovinata dal terribile tanfo dei suoi calzini bucati. Una grossa talpa stava facendo capoccella da una buca davanti la casetta di Orso ma fu presto spaventata dal suo sbadiglio sguaiato. Rientrò impaurita nella tana mentre Orso si alzava stiracchiandosi pigramente circondato dai suoi cani saltellanti.
Fece colazione con due noci e un bicchiere di vino e si avviò verso l'ovile.
"Oggi voglio andare avanti con la selezione", si ripromise e aperta la porta dell'ovile cominciò a chiamare le pecore della B della C e della D.
Balda, Barbara, e Bartolina subito a destra. Beniamina, Benita e Bernarda anch'esse a desta. Bertolda, Bettina e Brigitta a sinistra, assieme a Belinda, Benvenuta e Birba. Poi Berenice si mise a destra, Bartolomea e Bianchina a sinistra e Basilia ancora a destra.
Carla, Calogera e Camilla le sistemò a sinistra, Clara e Clementina insieme a Clorinda a destra, mentre Carmela, Caterina, Carolina e Chantal a sinistra.
Chantal si vantava di essere la più bella pecora dell'ovile e in parte aveva ragione. Grossi boccoli di lana le coprivano gli occhioni languidi e i suoi zoccoli avevano i tacchi a spillo che donavano uno slancio in più alle sue dolci caviglie. Il nasetto rosa era simpatico e la sua bocca delicata la faceva belare come nessuna altra pecora. Il mantello soffice di lana era stupendo e lei credeva di essere scelta per quello, ma la sua ricotta aveva un sapore speciale, cremosa, saporita, nutriente e dolce come non mai. Non accettava proprio, la bella Chantal, di essere selezionata come pecora da ricotta quando era di gran lunga la più bella dell'ovile. Soprattutto quando pensava a Simona, la sua rivale più acerrima che produceva, nonostante fosse grassa e rotondetta una lana finissima. Ma di questo ne parleremo dopo alla lettera ESSE.
Orso passò a sistemare anche la lettera D e chiamò le pecore Dafne Dalida e Danila e le dispose a sinistra. Anche Delia fu con loro a sinistra. Poi mandò a destra Delizia, Demetria Diletta, Diana e Duilia. Daniela, insieme a Dina, Dolcina e Domenica tutte a destra. Dolly invece era strana.
Orso non aveva mai capito quella pecora. I suoi occhi avevano un non so che di non ovino, non brucava mai, belava poco, aveva un pelo arruffato, quasi sintetico, le sue mammelle producevano un siero sterile e le gambe stortignaccole la facevano risultare sgraziata. Se ne stava in disparte come se non appartenesse al gregge. La sua lana non serviva a niente, il suo latte non era buono, e questo traspariva dal suo muso. Si sentiva sola, diversa, incompresa. Non aveva amiche né interessi se non quello di lustrarsi gli zoccoli, dormiva poco e si isolava dal gregge. Orso non sapeva dove sistemarla, tirò una moneta in aria. "Se viene testa la metto a destra," - pensò, - " se viene croce la sistemo a sinistra, tanto quando dovrò fare la selezione per le 100 pecore delle olimpiadi la mischio di nuovo nel gregge e chi si è visto si è visto". Lanciò in aria il soldo dorato. Il sole splendente fece luccicare come un brillante la moneta gialla contro l'azzurro del cielo. Ma mentre la moneta salita in aria discendeva di nuovo verso il basso roteando e portando con se la risposta del quesito di Orso, una Gazza farabutta e truffaldina la prese al volo e la rubò come era solita fare. Dolly rimase muta col muso all'insù, Orso si grattò il capo, ci pensò una volta e poi due, inarcò le sopracciglia e quindi disse: "Va bene, vai a destra." E poi si corresse, dandosi un'altra grattatine alla testa: "Anzi no, a sinistra"! E Dolly si diresse al suo posto assegnatole tra gli sguardi indiscreti delle pecore pettegole.
"Continuiamo domani", disse Orso, "adesso è tempo di brucare."
Le pecore passarono tutto il resto del giorno a brucare e quando il sole stava per tramontare Lucky e Smilla cominicarono a spingere il gregge verso l'ovile e tutti rientrarono nelle loro case.
Lucky in una cuccia vicino a quella di Smilla, le 712 pecore nell'ovile, Orso Maria nella sua casetta di legno col camino e tutti gli animali della collina nelle loro tane. La ghiandaia volava bassa appesantita dalla sua mole e trovò il solito picchio secco che stava beccando il ramo proprio dove poggiava casa sua. Picchiettava come un trapano e indeboliva il sostegno del nido. Fu così che la ghiandaia salì alta nel cielo con un battito d'ali e scese in picchiata in basso tutta sudata e ansimante per lo sforzo atterrando di sedere sulla testa del picchio che precipitò al suolo stordito e non si rialzò più se non la mattina dopo.
Orso era stanco ma contento. Mangiò un po’ di cereali e una ciotola di brodo e si ritirò nel retro della casa.
Vi siete mai chiesti perché i personaggi delle fiabe non fanno mai la cacca? Io non l'ho mai capito, forse sono personaggi un po’ speciali. Ma Orso Maria era un personaggio normale e quando gli scappava non c'era nulla da fare, neanche se era nel bel mezzo di una fiaba per bambini. Ora capirete cosa stesse facendo da venti minuti Orso Maria nel retro della casa, con in mano una foglia di fico!
Tornato dentro si infilò il pigiamino con gli orsi disegnati sopra e andò a dormire.
Quella notte Orso sognò di sognare e quando si svegliò non capiva se aveva sognato veramente o era solo un sogno.
Il sole batteva alto con i suoi raggi sul davanzale e una gran mole di lavoro attendeva ancora Orso. Era molto in ritardo rispetto al programma, ancora tante pecore erano da classificare. Si ripropose di arrivare almeno fino alla lettera ELLE, confortato dal fatto che le pecore della lettera H erano ben poche.
Corse ad aprire l'ovile e cominciò a chiamare.
Chiamò Elida, Elide, Erminia, Emanuela, Edda, sistemandole un po’ a destra un po' a sinistra. Poi ancora Eva, Elda Eleuteria, Emma, Elsa, Elvira, tre a destra e tre a sinistra. Quindi Ercolina, Erika ed Enza a destra e Ernestina, Ezia Eugenia a sinistra.
Senza fermarsi passò alla EFFE.
Fabia, Fabiana e Fabiola erano inseparabili e insieme andarono a sinistra. Fabrizia, Felicia, Fiammetta e Fiorenza a destra. Invece Fiora e Fiorella insieme a sinistra, oltre a Fosca, Franca, Francesca e Fulvia.
Bastò solo un'occhiata per capire che era il turno della lettera G. Divise le pecore a destra e sinistra come al solito. Uscirono Gaia, Gea e Gavina, seguite da Germana, Geltrude e Gessica. Andarono un po’ a destra e un po’ a sinistra. Gigia sarebbe dovuta andare a sinistra ma siccome scoprì che aveva le verruche la tenne separata dal gregge per dieci giorni. Ancora Genoveffa, Gina e Guendalina a sinistra e poi tutte assieme Grazia, Graziamaria, Graziella, Graziana a destra.
Pose Helga a sinistra e passò subito alla lettera I.
Ida, Ilaria e Ilde si misero a sinistra e Ilona, Irene e Isabella a destra. Anche Iole, Italia e Isotta stettero a destra e solo Ildegarda infine di nuovo a destra.
Quando arrivò a dividere le pecore della lettera ELLE era sfinito. Aveva voglia di riposare e soprassedere ma il tempo era poco e doveva stringere. Così continuò con tutte le pecore della lettera ELLE chiamandole una ad una. Con un filo di voce cominciò l'ultima tornata.
Lada, Larissa, Leandra, Lella, Leda e Lia si misero a destra e Leopolda, Libera e Letizia a sinistra. Livia anche a sinistra, mentre a destra un folto gruppo con Loredana, Lorenza, Ludovica, Lucia, Lucilla e Lucrezia. Per concludere Lorena e Loretta a sinistra.
Non ce la facevano più. Le pecore erano stanche di quel lungo appello, Smilla si era assopita sotto una quercia e svegliò solo quando un passero solitario mollò un bisognino proprio sul suo naso. Lucky rincorreva le formiche e poi tornava indietro con la lingua piena di insetti. Spinse le pecore nell'ovile mentre Smilla col muso chiudeva la porta. Orso tornò a casa, accese la lanterna, si cucinò la polenta e cercò di andare a dormire. Ma prima volle fare due passi. Scese con la lanterna in mano verso il ruscello a respirare un po’ d'aria fresca. Un filo di vento gli spettinava i capelli. Lasciò la lanterna su un ramo e si allontanò di un passo. Un refolo di vento soffiò proprio dentro il lumino e lo spense. Solo e al buio Orso inciampò su una radice e finì in pieno nel ruscello. Ne uscì tutto bagnato e piano piano fu in grado di trovare la strada di casa e ancora gocciolante si stese sul letto e prese sonno. Prima di addormentarsi si ricordò di Andromeda. Ancora non aveva deciso dove schierarla. Domani lancerò un'altra monetina e sistemerò anche lei. Mentre pensava questo un grosso sbadiglio lo sovrastò e si lasciò mollemente addormentare con i vestiti ancora bagnati.
Hetchiuuuù!! Lo starnuto fu così forte che la ghiandaia ancora addormentata barcollò dal nido e fu ripresa dal becco del picchio prima di precipitare giù dall'albero.
Due topini uscirono dalla tana per controllare cosa stesse accadendo e pure la vecchia talpa di fronte la casa fece capolino per controllare.
Di primo mattino Orso si ritrovò ancora bagnato nel letto e con un raffreddore coi fiocchi. La testa gli batteva come una motozappa e la febbre cominciava a salire. Aveva un naso rosso come un peperone e gli occhi lucidi per la febbre. Restò a letto per tre giorni e tre notti duranti i quali pensarono a tutto Smilla e Lucky. Portarono le pecore al pascolo e le spinsero di nuovo nell'ovile. Ma i giorni passavano e Orso Maria era ancora alla lettera ELLE.
Il quarto giorno si sentì meglio. Uscì dal letto, aprì la porta di casa e vide una cosa di cui va ancora oggi orgoglioso. Baldanzosi e scodinzolanti i cani pasticcioni tirarono orso per la giacca e lo portarono davanti all'ovile.
Orso non credeva ai propri occhi: davanti a lui le pecore inquadrate in fila per cinque col resto di quattro divise per lettera fino alla Q!!!
A destra e sinistra gruppetti di pecore.
Riconobbe Mara, Magda, Maria, Manuela, Maurizia, Maddalena. Poi un gruppo unito tutto a destra: Maria Carla, Maria Antonietta, Maria Letizia e Maria Rita facevano comunella e belavano fitto fitto, mentre un altro gruppo vedeva assieme a sinistra Marta, Melissa, Miriam e Morena. Più avanti Smilla e Lucky avevano riunito Noemi, Nada e Nadia. Vicino a loro ma più a sinistra Nicoletta, Norma, Nunzia, Nina, Ninfa e Nunziata.
Ofelia insieme a Oriana, Orietta e Ornella se ne stavano a sinistra. Poi tra le altre Onofria, Olga e Olivia a destra.
I due cani avevano sistemato anche il gruppo della P con Palmira, Paloma, Paolina, Patrizia, Piera, Perpetua, Pina e Porzia, vicino a Pia e Pasquetta.
Quintilia rimaneva sola soletta a sinistra.
"Ottimo lavoro"! Esclamò Orso Maria ai suoi amici cani. E lanciò loro un grosso osso che si litigarono per tutto il pomeriggio.
Le pecore continuarono a brucare fino a tardi e poi la notte colse tutti di sorpresa accendendo le stelle come mille lucine e oscurando gli alberi i monti e le colline circostanti. Un silenzio serafico calò nel sito e solo qualche grillo noioso interruppe quella pace quasi innaturale. Orso mangiò dei ceci, uscì nell'atrio, colse un filo d'erba, lo mise in bocca e si sedette sulla sedia a dondolo, dove presto si addormentò.
L'indomani Orso sapeva che avrebbe finito di sistemare tutto. Le pecore rimaste da dividere erano poche ormai, per cui presto quando il sole non era ancora alto corse all'ovile. Tutte le pecore dormivano ancora.
“Presto, presto, svegliaaaa!” Urlò Orso Maria! “Dobbiamo finire la selezione! “
Fece presto con la lettera R. Ormai le pecore sapevano da sole dove disporsi e chi serviva per la lana, come Ramona, Raniera, Raffaella, Renata, Renza, Romina e Riccarda si misero a sinistra, mentre altre, tra cui Rita, Regina, Rosalia e Roberta si misero a destra.
Sonia Sanantha, Sabrina, Silvia e Susanna a destra, Silvana, Saveria e Serenella a sinistra.
Simona era la solita capricciosa.
Lei si che aveva un bel mantello morbido: Si pettinava tutto il giorno e mangiava l'erba più verde per produrre quella bella lana. Ma brucava troppo e non smetteva mai di brucare e ogni giorno diventava più grassa. Le amiche ormai la prendevano in giro e lei diventava sempre più permalosa. Per questo, forse non era simpatica a nessuno, tantomeno a quella smorfiosa di Chantal che non si capacitava come quella cicciona di Simona potesse essere la preferita del pastore. Non aveva sempre detto, Orso, che per lui tutte le pecore erano uguali? E allora perché per Simona c'era sempre l'erba più tenera? Che forse Simona era più uguale delle altre? Si, Simona era proprio la preferita. La mise a destra.
E poi Tamara, Tania, Tecla, Taddea, Teresa, Tita. Un po' a destra un po' a sinistra. Ubalda, Ursula Uga a destra e Ulrica a sinistra. In fine Vittoria, Valeria, Vanessa, Veronica e Vincenzina furono divise a destra e sinistra. La ZETA l'aveva risolta per prima. Rimaneva ancora Andromeda. Decise di lanciare di nuovo la moneta. Si accertò che non ci fossero Gazze ladre e truffaldine in giro, lancioò la moneta e la raccolse sulla mano. Si accorse che non aveva scelto testa o croce e quindi non sapeva cosa fare. Lanciò di nuovo la moneta in alto e lesta anche questa volta la Gazza Ladra spuntò e si rubo' il soldo. "Vai comunque a sinistra" disse Orso,” così ho finito veramente.”
Tirò fuori il suo flauto dalla tasca, intonò quel noioso motivetto che suonava sempre quando era veramente contento e, felice come una pasqua, mando' le pecore all'ovile.
Finalmente sapeva chi era da lana e chi da ricotta.
Il giorno dopo quando stanco ma felice si accingeva a trovare le 100 pecore da mandare alle Olimpiadi, vide arrivare da sotto la collina, a grandi passi, il Padrone.
" Orso Maria!" Tuonò il padrone spalancando la porta.
Quanto gli dava fastidio quando quello lì lo chiamava Orso Maria!!!
Trattenne tutta la sua rabbia e finse di essere sereno.
"Ferma tutto!" Urlò il padrone mentre i quadri alle pareti vibravano in procinto di staccarsi.
“Ho deciso che non partecipiamo più alle Olimpiadi! Troppa perdita di tempo. Qui bisogna incrementare la produzione di ricotta e la lana che produci è troppo poca."
Non finì di pronunciare quelle parole che subito Lucky gli morse i pantaloni e Smilla lo spinse fuori di casa. Il Picchio secco cominciò a battere sulla testa del padrone, la ghiandaia si appollaiò di peso sulla spalla e orso prese un bastone nodoso e cominciò a rincorrerlo inferocito per tutta la collina.
Il Padrone da quel giorno non si feci mai più vedere su quella collina.
Orso libero' dall'ovile tutte le pecore, le sciolse e le mischiò.
Quelle che facevano la ricotta le tosò, quelle che avevano la lana le munse. Simona si mise a dieta e Zachia cominciò a produrre del buon latte assieme a Zamira.
E mai più su quelle colline si fece una cosa perché ordinata ma solo se ne avevano voglia.
E vissero tutti felici e contenti.
Meno la ghiandaia che non sopportava il picchio rompiscatole.
E meno Lucky che era innamorato di Smilla ma lei non lo voleva.
E meno Orso che non capiva perché dovesse chiamarsi anche Maria che era un nome da femmina.
Meno Chantal che era invidiosa di Simona.
Insomma vissero tutti “quasi” felici e contenti, che è sempre un gran bel risultato!
Buona notte
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