Il merlo
Da giorni ero rinchiuso in casa. Avevo atteso tutto l'inverno l'arrivo della primavera, ma quell'anno sembrava non arrivare mai.
Finalmente un mattino il sole inviò i suoi raggi attraverso alcune nuvole. Aprii la finestra, era proprio una magnifica giornata, finalmente era possibile respirare un po' d'aria fresca.
Chiesi a mia moglie di prepararmi in fretta la colazione, quel mattino mi potevo finalmente concedere la tanto agognata passeggiata.
Infilai gli stivali e mi incamminai felice, alla mia età quelle passeggiate erano una vera delizia. Chissà per quanto tempo il buon Dio mi avrebbe permesso ancora di godere di quelle meraviglie della natura.
Lungo il viale vidi alcuni ranuncoli gialli, che cercavano di uscire tra le foglie sparse al suolo, e delle viole che, mescolate ad alcuni fiori selvatici e all'erba verde di un piccolo avvallamento, creavano un panorama che aveva dell'incredibile.
Poco lontano alcuni contadini con i loro trattori iniziavano l'aratura dei campi, mentre alcuni gabbiani li circondavano cercando disperatamente di rubare ai loro stessi compagni i grossi lombrichi che l'aratro portava in superficie.
Imboccai un piccolo sentiero che conduceva ad alcuni enormi alberi, gli ultimi rimasti in quella splendida campagna - alla cui incantevole ombra d'estate mi fermavo spesso a leggere -; ed ero quasi giunto al termine quando il mio sguardo fu attratto da una piccola ombra nera. Sembrava uno straccio sporco disteso ad asciugare al sole.
Mi avvicinai, curioso di capire come potesse rimanere così sospeso, quasi del tutto fermo a circa un metro da terra... io non vedevo alcun filo che lo potesse reggere.
Con sgomento mi accorsi che non era un pezzo di stoffa, ma un povero merlo che cercava disperatamente di liberarsi da una invisibile rete che un imbecille aveva teso tra due alberi.
Subito mi avvicinai e delicatamente cercai di afferrarlo con una mano; il merlo rimase fermo, come capendo che gli stavo portando aiuto. Intanto con l'altra mano iniziai ad allentare delicatamente le maglie della rete che lo tenevano imprigionato, facendo attenzione a non rompere le sue povere zampette.
Con calma e dopo un delicato lavoro ci riuscii.
Mentre controllavo che non avesse nulla di rotto, lui mi guardava con i suoi piccoli occhietti neri, come per capire se l'avevo liberato solo per poi ucciderlo senza pietà. Non era ferito, fortunatamente ero giunto in tempo.
Lo accarezzai a lungo, poi aprii la mano e il merlo con un guizzo prese il volo. Dopo aver fatto un lungo giro sopra le cime di alcuni alberi ritornò e si fermò sul ramo di un albero a pochi metri da me. Come due amici ci guardammo a lungo. Poi io alzai il braccio e con la mano lo salutai. Ripresi il cammino, felice per avere contribuito quel giorno a ridare la libertà a un piccolo amico.