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Dusk
CAPITOLO UNO
Salve,
beh… forse “salve” non è la parola che più si adatta all’inizio di una storia da raccontare… ma almeno è un inizio educato, non vi sembra? D’altronde non posso certo reputarmi uno scrittore, anzi… non dico di essere agli antipodi della scrittura ma certamente non sono neanche così vicino ad questo tipo di arte (arte, perché no? Troppa gente la declassa chiamandola passatempo) che ho sempre ammirato. Qualche volta ho persino cercato di stendere su un foglio i miei pensieri, le mie sensazioni ma ovviamente i risultati non sono stati molto incoraggianti e d’altra parte il mio lavoro mi ha sempre rapito molto più tempo di quanto avessi mai voluto. Non che il mio lavoro non mi desse soddisfazione, tutt’altro! Di certo mi ha agevolato moltissimo dal punto di vista economico e per uno che è sempre stato abituato a concedersi fin troppi sfizi, molti dei quali superflui, questo era un’aspetto importante…. se poi ci aggiungete anche il fatto di essere una delle rare persone che DAVVERO si divertiva guadagnandosi da vivere, allora penso di essere stato di gran lunga fortunato nella mia vita.
Ma non si può trascurare l’altra faccia della medaglia o per meglio dire il lato oscuro di questa fortuna e cioè che il mio lavoro mi dava da vivere… ma il mio lavoro era la mia vita. Sempre preso e quando dico sempre intendo davvero la più stretta accezione dell’avverbio di tempo già citato. Giorno e notte; mattina, pomeriggio e sera. Festivi e prefestivi, era un continuo. In qualunque stanza della casa e molto spesso anche sulla navetta che mi portava al lavoro. Quante volte ho fatto incazzare mia moglie per le mezze ore in bagno a lavorare! E quante volte gli amici mi guardavano in cagnesco perché lavoravo anche mentre mi trovavo in loro compagnia! lo ammetto, ero un po’ maniaco ma ho avuto la fortuna che né mia moglie né i miei amici mi hanno mai mandato a quel paese in modo definitivo ed anzi mi hanno certamente riservato più attenzioni di quanto non abbia mai fatto io. Questo era il lato oscuro di un lavoro che mi piaceva più di quanto possa dire e che trovava un grosso riscontro economico, come vi ho già detto. Ma non ho mai avuto neanche un secondo per coltivare qualunque tipo di hobby; se questa parola non fosse nel dizionario dubito che avrei saputo con esattezza cosa volesse significare e francamente non sono certo di saperlo nemmeno ora.
Prendo l’esempio della scrittura perché adesso sto impegnandomi in questo ma ci sarebbero un sacco di altre cose che mi sarebbe piaciuto fare e che ho segato perfino con il pensiero… magari più avanti vi parlerò di alcune di esse. Devo ammettere che riportare sulla carta ciò che ti viene in mente ha un fascino magnetico per quel che mi riguarda; non credo ancora di saperlo fare come un professionista e di sicuro non ci riuscirò più, dal momento che il tempo che rimane è quello che è, ma penso di essere migliorato dai miei primi pensierini che risalgono al primo anno di liceo…. chissà se sono ancora chiusi nel credenzino della cantina…. pensandoci bene non credo proprio. Ad ogni modo ero stanco di girare all’aperto come un gnoccolone qualunque. È da giorni che lo faccio e non è cambiato nulla. Certo il paesaggio è splendido, il clima è mite come deve essere e c’è tanta gente cordiale e gentile con cui ho sempre scambiato quattro chiacchiere volentieri, ma per una volta ho deciso di rompere il regolamento e di starmene alla mia scrivania scrivendo quella che può essere la mia vita. Non ho la presunzione che possa essere ricca di avvenimenti eccitanti, dal momento che era piena di lavoro e non pretendo neanche che qualcuno possa leggere quello che sto scrivendo prima che il tempo scada, ma in fondo la scrittura può anche essere un’arte che soddisfi solo chi la mette in pratica. D’accordo, chiamiamolo anche hobby ma non nel senso più superficiale del termine, ci tengo a sottolinearlo.
Adesso dovrei darmi una botta sul capo da solo; ho detto inizialmente che “salve” era un modo educato per iniziare una storia ma che razza di educazione è quando l’autore non si presenta nemmeno??? Chiedo venia!!
Il mio nome è Robert Dusk …e forse a questo punto molti staranno già ridendo. Lo so che è un nome alquanto bizzarro (Paul Dusk mi sarebbe piaciuto di più, ad esempio...) ma che ci posso fare? In fondo può presentare lati positivi e negativi. Non andrei mai in Italia dove si trasformerebbe in Roberto Tramonto, un nome da sicuro sfigato, ma se lo teniamo nel modo anglosassone, Dusk può trasudare anche un certo fascino e se non mi credete vi faccio osservare che anche mia moglie mi ha fatto i complimenti proprio per il mio cognome … e me li ha fatti quando ancora eravamo in fase di corteggiamento quindi conta, chiaro? Comunque questo è il mio nome e lo è sempre stato nel bene e nel male; alle volte mi piace persino pensare di essere l’unico al mondo con questo nome, anche se non basterebbe a fare di me una persona più speciale di altre. Ci vuole ben altro per quello! la mia vita è sempre stata ordinaria ma è stata ciò che volevo, almeno fino a due anni fa, quando tutto cominciò…
CAPITOLO DUE
Adesso non voglio spaventare nessuno con queste mezze frasi o causare angoscia negli animi più delicati. Tutti sappiamo quello che è successo in questi ultimi due anni e di come la situazione si sia irreversibilmente aggravata negli ultimi cinque mesi… a dire la verità non so più neanch’ io fino a che punto ma ribadisco ancora che non rimane molto. E di certo io non sono uno di quelli che hanno dovuto soffrire di più, anzi …. ho ancora l’invidiabile fortuna di potere uscire e di vedere tutto quello splendido mondo che mi circonda; la maggior parte l’ha passata molto peggio. Forse chi leggerà ciò che sto scrivendo non ha mai dovuto passare quello cui siamo andati incontro noi ed in qual caso vorrei solo ricordargli di godere di ogni istante delle propria esistenza per quello che è. Possono sembrare frasi fatte ma è davvero così solo che non ce ne rendiamo conto fino a quando non siamo messi alle corde e dobbiamo scegliere quello che vogliamo davvero salvare prima di essere buttati giù. Ogni momento è quello speciale e deve essere gelosamente conservato nel baule dei nostri ricordi come una fetta della nostra esistenza e sinceramente credo che sia davvero questa la peculiarità che ci fa distinguere gli uni dagli altri e ci rende speciali, al di là di Robert o Paul Dusk, che dir si voglia.
Per esempio a me piace pensare a quando, da bambino, si giocava con il casco e tutto quello che volevi appariva davanti a te.
Certo che il casco poteva essere ben più di un giocattolo e molti genitori manifestarono all’epoca per toglierlo dalla circolazione : fu a seguito di tutte quelle proteste che vennero introdotti i chip di sicurezza per potere giocare certo ma nei limiti del ragionevole. Passavo ore ed ore con quella cosa sul capo e non posso negare che sia stata una cosa che abbia segnato il corso della mia vita… ma ragazzi, quanto era bello!! ti faceva allontanare dai problemi della quotidianità (e non si dica che un bambino non ha problemi!) e faceva esaltare la tua fantasia se già ne avevi oppure ti aiutava a coltivarla nel migliore dei modi se eri carente di essa. Per un bambino di otto anni quanti ne avevo all’epoca o anche più piccolo era di certo un dispositivo che poteva farti sentire un piccolo “Dio” e uso questo termine senza esagerare. Qualche tempo fa sentii parlare di una certa “realtà virtuale” e mi misi a fare qualche ricerca per soddisfare la mia curiosità in proposito; scoprii che seppur qualche aspetto poteva rappresentare l’antenato di quello di cui potevamo disporre noi, era una tecnologia ancora molto primitiva, che ebbe tuttavia grosso successo. La differenza sostanziale era rappresentata dal fatto che tutto ciò che poteva essere pensato una volta indossato il casco diveniva concreto e prendeva forma sotto i tuoi occhi fino al momento in cui il soggetto non si fosse tolto il macchinario in questione dal capo. E questo era inevitabile proprio a causa dei sistemi di sicurezza di cui ho accennato; il principale era che un utilizzo prolungato dava come conseguenza principale una emicrania insopportabilmente dolorosa, causata da un microchip interno che rilasciava piccole scariche elettriche ai neuroni cerebrali, diretti responsabili della creazione delle immagini mentali. Appena sentivi quelle fitte, via via peggiori, stai pur certo che toglievi tutto senza tanti complimenti e molto prima che iniziasse la nausea. Ciò che fu certamente il giocattolo migliore di un bambino divenne per me un pallino fisso che mi indirizzò con sicurezza ad imboccare negli anni il sentiero che mi fermo a guardare solamente adesso.
Non fu difficile superare gli otto anni di studi che mi separavano dal mio obiettivo. La passione che mi pervadeva era in continuo aumento … volevo fermamente essere parte di quello che era stato per me fonte di ispirazione. Volevo contribuire a dare i miglioramenti che nascevano nella mia mente e volevo lasciare la mia impronta in qualcosa che giudicavo importante; io credo che questo sia comune alla maggior parte della persone: ciascuno di noi ha sogni più o meno concretizzabili e tutti ci sforziamo di incentrare ogni nostra azione per cercare di realizzarli tutti o almeno in parte. Alle volte purtroppo sorgono altri problemi che non ci consentono di proseguire la nostra lotta oppure possono sorgere gli intoppi più disparati che ci fermano e fanno rimpiangere dopo anni ciò che non abbiamo realizzato e che nella nostra mente poteva contribuire a farci essere una persona migliore o molto spesso è solo una questione di perdita di fiducia. Di certo la vita è colma di fallimenti e di stangate a ciel sereno e ve lo dice un inguaribile ottimista; molti di noi non sanno reagire quando vedono le porte che si chiudono inesorabilmente in faccia decidono alla fine di accontentarsi di quello che già hanno ottenuto anche se magari rappresenta l’esatto opposto di quello che desideravano o magari si limitano a traguardi molto più vicini e molto più facili che non danno le stesse soddisfazioni. Non mi sento di definire deboli queste persone… anch’io ho pensato di gettare tutto al vento e di occuparmi di qualunque cosa che non mi facesse perdere più il sonno e che mi permettesse di avere più rapporti umani. Ma sono sempre stato testardo ed ora posso dire che questa virtù è tale fino ad un certo limite, che io oltrepassai molto tempo fa, non ricordo esattamente quando. DOVEVO migliorare quella tecnologia ed adattarla in altri campi in modo che potesse trovare sbocchi che ancora non erano stati considerati. Era questo il mio imperativo. D’altro canto il tempo per lavorare non mi mancava. La situazione stava già aggravandosi parecchio all’epoca. Certo, i rappresentanti dei governi attuali avevano il preciso ordine di smorzare i toni della cosa per non diffondere il giusto panico nel cuore della gente … ma io e molti altri sapevamo che non era tutto rose e fiori e chi pensava fosse così si stava soltanto illudendo e credo che ne fosse ben conscio. L’orario del coprifuoco si allungava sempre di più ed i progetti per la costruzione di nuove gallerie venivano approvati in continuazione dal ministero della difesa. L’inizio dei lavori ai cantieri sotterranei aveva l’unico lato positivo di dare lavoro ad un’infinità di persone e per molti questo rappresentava un vantaggio dal momento che avevano dovuto abbandonare la loro abituale occupazione da molto tempo. Nei paesi vicini al Mediterraneo la situazione era già alla fase critica anche se nessuno lo aveva detto. Si poteva solamente immaginare quello che provavano quei poveretti che avevano la sola colpa di trovarsi nel luogo sbagliato e nel momento sbagliatissimo. Tanti iniziavano ad ammalarsi ed i medici potevano soltanto alleviare il dolore che devastava il corpo perché trovare una cura era un sogno. I commenti della gente erano ancor più agghiaccianti. Tanti dicevano che sarebbe stata meglio una guerra come tutte quelle che furono secoli prima: di certo avrebbero fatto meno vittime, ma per fortuna il genere umano aveva finalmente imparato la lezione da quel punto di vista. Niente più guerre e niente più armi di distruzione di massa da moltissime ere; l’umanità aveva finalmente raggiunto la pace ed il simile non uccideva più il proprio simile per futili motivi. La sola idea era diventata inconcepibile ed anzi si scrivevano testi e saggi e si tenevano conferenze si come l’uomo si fosse evoluto ed avesse abbandonato l’idea di violenza per perseguire l’ideale comune del benessere generale. Proprio per questo tanti erano arrabbiati per quanto fosse ingiusto che dopo così numerosi sforzi per diventare migliori, la punizione arrivava così spietata e terribile. Le famiglie che da poco avevano avuto figli accoglievano l’evento con lacrime di tristezza invece che di gioia e lo sconforto cercava di essere celato nella routine di tutti i giorni e addirittura facendo progetti a lunga scadenza che non avrebbero mai potuto vedere la loro realizzazione.
Ma nel bel mezzo di tutto questo io ero ancora cieco ed anzi mi vergogno molto a dire che stavo esultando davanti alla mia scrivania perché il mio progetto aveva finalmente trovato appoggio e stava per entrare nella realtà. Dopo quasi quattro anni passati al noiosissimo reparto dell’elaborazione statistica, ebbi la fortuna di varcare la soglia della porta che recava la scritta “Ricerca & Sviluppo”. Un colpo di fortuna assolutamente inaspettato, anche se seppi in seguito che fui chiamato a sostituire una impiegata che si ammalò e morì nell’arco di tre mesi. Finalmente potevo esprimere ciò che sentivo dentro: ero al settimo cielo. Sacrificai tutto il mio tempo per esporre degnamente un progetto che coltivavo da parecchio e che mi era stato ovviamente ispirato dal casco che mi divertiva da bambino.
CAPITOLO TRE
Mia moglie Susan non era affatto contenta di come stavano andando le cose. Non era per cattiveria, lo giuro …. Ma le cose fra noi erano completamente sfuggite di mano. A fatica la salutavo quando rientravo a casa (sempre con il terminale alla mano) e le poche volte che cenavamo insieme non parlavamo per nulla. Il più delle volte non dormivamo assieme ma sbaglia chi crede che le cose non potessero peggiorare. Povera Susan! Dio, come la amavo! Davvero! Ma come fanno molti in questo caso, feci il gravissimo errore di non dirle mai quanto, perlomeno negli ultimi anni passati assieme. La sentivo piangere mentre procedevo allo sviluppo del software ideato, ma non andai mai ad abbracciarla: aspettavo che si addormentasse e solo dopo molto tempo strisciavo in camera da letto badando bene a non svegliarla e puntando la sveglia in modo da alzarmi prima di lei e sparire ancora per evitare quel tremendo confronto che mi vedeva già sconfitto in partenza. Mi vergognavo così tanto da sentirmi un ladro nella mia stessa casa … una casa che non riconoscevo dal momento che non l’avevo aiutata ad arredarla neanche per sbaglio, anche se ricordo quante volte lei provava a coinvolgermi. La cosa più bella che potesse mai più capitarmi e l’ho gettata al vento come ho fatto con tutto il resto per seguire una realtà di cartapesta che mi ha portato ad un vicolo cieco senza speranza di tornare indietro. Lo so che mi sto compatendo e dicendo che non merito alcuna compassione, non faccio altro che peggiorare la situazione. In questi casi si dice che se potessi tornare indietro non commetterei gli stessi errori. Sono tornato indietro molte volte … ho avuto il potere di farlo e sono stato un marito migliore ed un padre per i bambini che non ho mai potuto avere. Sì ho vissuto quello che mi sono precluso di mia volontà ma i ricordi veri di ciò che sei non spariscono mai anche se tenti di rimpiazzarli con dei fac?" simili. La parte del cervello che ti identifica non ti permette di barare. Ti mette sempre davanti i tuoi meriti o le tue colpe a seconda che tu abbia gli uni o gli altri in predominanza.
Eppure c’è qualcosa a cui posso ancora aggrapparmi: ricordi reali, tremendi ma sereni al tempo stesso. Ricordi che non possono cancellare le sue lacrime che bagnano le lenzuola di un letto dove avrei dovuto essere; ricordi che non colmano quel vuoto nel cuore che avrei dovuto riempire con la premura e con la dolcezza. Ricordi che non sostituiscono gli abbracci con i quali avrei dovuto avvinghiarla ogni giorno, ogni ora, ogni volta che lei avesse voluto. Tuttavia sono ricordi che mi accompagnano quando ne ho più bisogno. Ricordi che accennano ad un nuovo inizio. Ricordi che mi dicono che non avrei potuto avere accanto una donna dal cuore così grande.
Ricordi dei suoi sorrisi.
CAPITOLO QUATTRO
FILE N. 000991
ATTENDERE …… AVVIO IN CORSO ……
“Robert.”
“Susan … Susan! Oh, mio Dio! Susan, tesoro! Eccomi! Sono qui, amore, sono qui! Sei sveglia!”
“Robert, sei qui!”
“Sono qui tesoro mio! Sono accanto a te! Non ti lascio amore, stai tranquilla, non ti lascio! Senti? La senti la mia mano? Sono accanto a te. Non devi avere più paura adesso, va bene? Devi riposarti e vedrai che starai meglio in pochi giorni. Io non mi staccherò per un momento, te lo prometto!”
“Avevo paura che fosse giunta l’ora. Tutto quel dolore tremendo così all’improvviso. Non pensavo che mi sarei risvegliata.”
“È finita, Susan. Adesso devi cercare di calmarti e di riposare. Sei al sicuro con me qui. Non c’è nulla da temere ora.”
“Robert, sei così buono. La tua voce mi fa sentire così serena. Mi hai sempre fatto sentire protetta con te. Anche se so la verità … anche se so che non ci sarà un lieto fine, sono felice lo stesso perché sei vicino a me.”
“Perdonami … perdonami amore mio! Non ti sono stato accanto abbastanza! Non ho fatto niente per te in tutti questi anni! Non me lo perdonerò mai! Ho buttato al vento l’unica persona che ho amato così tanto nella mia vita solo per il mio egoismo! Tu dovresti odiarmi! Sono io che non ti merito! Non merito i tuoi sorrisi e la tua dolcezza! Non li ho mai meritati. Ti ho fatto condurre una vita di solitudine pur essendo una donna sposata e non mi sono mai voltato indietro per cercare di recuperare il nostro legame! È tutta colpa mia, Susan! Mi dispiace tanto!”
“No, tesoro …… non piangere…… non fare così, ti prego. Non farti del male che non meriti! Non ce l’ho con te! Non ho mai avuto rancore nei tuoi confronti, neanche per un istante, credimi. Io sono stata bene vicino a te ed anche se abbiamo passato tanti momenti difficili non ho mai pensato che tu avessi smesso anche solo per un momento di amarmi. Non era giusto che rinunciassi ai tuoi sogni a causa mia. Ti ho scelto e sono stata contenta della scelta che ho fatto e non ho nessun rimpianto. Sarebbe stato bello poter avere altro tempo da trascorrere assieme ma il destino ha voluto così. Non ho paura. Non vicino a te. Ed anche se soffro a lasciarti sono serena.”
“Non parlare così, Susan. Vedrai che troveranno una cura. Non perdere la speranza! Avremo ancora tanto tempo per stare insieme! Non ti libererai così facilmente di me adesso che ti ho presa! Nessuno riuscirà a strapparti via dalle mie mani anche se dovessero provarci con tutte le loro forze! Non smettere di lottare! Sei sempre stata forte e so che puoi esserlo ancora!”
“Ho fatto un sogno, sai? Ero seduta sulla spiaggia alle prime luci dell’alba ed era tutto così reale. Potevo sentire la sabbia sulle mie mani ed il vento che passava tra i capelli. Ero sorpresa all’inizio…… una parte di me sapeva che era solamente un sogno e che non sarebbe durato, ma poi è successo qualcosa di strano… ho provato emozioni che non avevo mai sentito. Non era come essere nella stanza di grafico - interazione e neanche come se avessi indossato il casco con cui giocavamo da bambini… non so nemmeno io come spiegarle ma erano emozioni… più reali ed è bastato poco perché anche il mio corpo vi si abituasse. Mi sembrava di essere avvolta in una coperta di gioia, quasi come se fosse tangibile e potessi avvinghiarmi ad essa; ricordo di aver sorriso e di aver pensato che forse era questo il sogno… forse era sempre stato questo l’incubo che avevo vissuto ed ora, finalmente, ero riuscita a svegliarmi. Non c’era nessun dolore, nessun senso di angoscia, stavo lì a godermi il vento pulito che scuoteva la lunga chioma che avevo quando ero bambina. Non avevo nessun involucro addosso, se non questo guscio di serenità che pareva indistruttibile. Ho fatto una lunga risata liberatoria e mi perdevo nel fissare quel colore così azzurro che aveva il cielo e quel blu così intenso dell’ acqua senza bolle e senza vapori venefici. Poi, d’un tratto ho guardato l’orizzonte e mi sono spaventata a morte. Non potevo fuggire da nessuna parte. Non c’era alcun riparo ed ero sicura che anche se mi fossi buttata in acqua e mi fossi immersa sarebbe stato inutile. Quella coltre di serenità si era sgretolata di colpo senza che potessi aggrapparmi ad un suo minuscolo frammento e quasi subito notai che non sentivo più il rumore delle onde ed il leggero fischio del vento. Cercavo di scacciare il terrore ma non voleva saperne di lasciare la presa e pensavo il cuore mi esplodesse, tanto batteva forte. Potevo sentire il rimbombo fastidioso fin nel cervello. Ho iniziato a correre mentre vedevo che l’ombra iniziava a stagliarsi sulla sabbia. Ti ho chiamato… ho urlato il tuo nome ma non c’era nessuno lì… non c’era nulla, solo sabbia. Quella realtà che avevo pensato un incubo in quei pochi minuti, stava riaffiorando inesorabilmente. LUI stava alzandosi. Adesso volevo svegliarmi con tutta me stessa. Volevo ritornare al buio in cui avevo vissuto per quasi tutta la mia esistenza. È buffo pensare di poter dire una cosa del genere… buffo e tragico pregare di riavere indietro tutto quello che hai sempre odiato con tutta te stessa. Il primo raggio scaturì dall’orizzonte diretto sul mio volto e credo sia stato l’istinto a farmi fare scudo con le mani, sapendo bene che era solamente una madornale ed inutile sciocchezza. Non sarebbe servito a nulla e del resto non era soltanto il volto a dover essere riparato.
Ma c’è stato qualcosa. Qualcosa che non mi sarei aspettata. qualcosa che si era verificato e che avevo letto solo nelle favole della buonanotte. È stato tanto pazzesco quanto meraviglioso, Robert; non ho peso fuoco. Non sono esplosa o non mi sono sciolta in un istante come successe a quella pattuglia di militari che avevano quello squarcio nella tuta. Ho sentito calore… solo una piccolo, piacevole calore sulla mia pelle. La mia pelle senza piaghe e senza chiazze marroni dolorose. Ho tolto le mani dal mio viso ed ho visto quello che non avevo mai potuto vedere, se non nei quadri bitmap esposti al museo storico. Ho visto quello che ha distrutto il nostro mondo e che è da sempre una minaccia orrenda nel cuore di chi è scomparso e di coloro che ancora resistono. E quando ho compreso che i miei occhi avevano brama di quella visione, che la adoravano quasi selvaggiamente, ho sorriso ancora e mi sono riavvicinata al mare. Ho ricominciato a sentire la brezza e le onde ed anche se a lungo dava fastidio fissarlo, non potevo smettere di ammirare quello che forse può essere il paradiso. Quando ho sentito il calore della tua mano ho chiuso gli occhi e sono tornata qui al buio. Avrei tanto voluto che anche tu avessi visto! Era bellissimo, Robert. Bellissimo.”
“Sono sicuro che lo era, tesoro!”
“Tu pensi che ciò che ho visto potesse esistere davvero una volta? Pensi che quello che ci hanno raccontato da bambini e quello che abbiamo visto nei quadri rispecchiasse la realtà e non fosse solo la fantasia di persone, di artisti che desideravano con tutte le loro forze…… che una ci fosse stato qualcosa di più? È possibile pensare che una volta il mondo non era quello che abbiamo conosciuto noi? È possibile immaginare che fosse invece un luogo dove fosse piacevole vivere? Un luogo assente dall’ostilità che abbiamo combattuto per secoli e che ci ha schiacciati lentamente ed inesorabilmente. Tu riesci a credere che la Terra fosse così?”
“Adesso devi riposare Susan. Devi cercare di dormire almeno un po’.”
“No, Robert, ti prego! Ho bisogno di sapere. Ho bisogno che tu mi dica se quello che ho sognato poteva essere reale, anche se sembra ridicolo. Oppure pensi che tutto ciò che ti ho raccontato possa solo esistere nei programmi che crei tu?”
“Io… non so che dirti, Susan. Non lo so davvero, mi dispiace. Mi sono fermato tante volte a pensare se l’essere umano avesse mai conosciuto davvero una vita di luce e calore naturale senza che gli costasse la vita. Una parte di me lo crede ancora e crede che la Terra fosse veramente come tu l’hai sognata. Ma non ci riesco più quando esco nelle gallerie e sento i lamenti che provengono dai centri di rigenerazione dei tessuti. Non ci riesco più quando vedo il rosso del soffitto e del pavimento aumentare di gradazione ed il calore soffocarti di ora in ora. Non ci riesco più quando vedo che ho condotto quasi tutta la mia esistenza all’interno di un involucro che non è mai servito a nulla, senza nemmeno poter più baciare o accarezzare la donna che amo. E soprattutto, non ci riesco più da quando mi guardo allo specchio e non riconosco più il mio viso, Susan. Stiamo cadendo a pezzi, e purtroppo è questa la realtà. Ormai provo dolore persino a parlare. Mi piace pensare di aver fatto del bene a qualcuno, in questi anni. Forse quello che ho creato a contribuito a riportare un miraggio di pace in certe persone; forse, inseguire il mio sogno di bambino ha potuto donare la fanciullezza a gente che non l’ha mai conosciuta…… a bambini che non hanno mai conosciuto la fanciullezza! Non sto cercando di giustificare il fatto di averti trascurata così a lungo, amore. Non sto facendo questo. Sto solo sforzandomi di dare un senso a tutto, perché non mi sarebbe inconcepibile pensare di aver gettato al vento ogni cosa di me stesso. Ma forse anche ora mi comporto da egoista: mi preoccupo sempre di ciò che penso io e non di noi due. È per questo che sono certo di non meritarti. Io ho la speranza che il tuo sogno sia il nostro traguardo. Ho la speranza che potremo tuffarci fra le onde e che potremo toccarci, baciarci e sentire l’odore della nostra pelle senza più avere timore. Forse dovevamo passare tutto questo per poter poi essere felici e questo pensiero mi fa stare bene, a volte. Non importa se millenni fa era davvero così oppure no. Forse lo è stato ma io credo, sono sicuro che lo sarà di nuovo. E che LUI non farà mai più paura.”
“Ti amo, Robert.”
“Ti amo anch’io, Susan”
“Robert…… no che fai? Fermo, No! Non toglierti il cappuccio, No!!”
“Ti amo Susan… e non voglio più rinunciare a dimostrartelo. Lo so che non ci resta più molto tempo e non voglio passarlo guardandoti da dietro uno schermo di plastica. L’ho fatto troppo a lungo… ora non m’importa più.”
“Non sono la donna che hai sposato, Robert. Non lo sono più. Sono una malata terminale che si sta deteriorando. La mia pelle è quasi nera, ormai…”
“Lo è anche la mia, Susan. E tu sei molto più bella ora che ti vedo con i miei veri occhi. Sei bellissima. Sei tu la mia alba.”
ATTENDERE PREGO ………
RIPRODUZIONE TERMINATA.
CAPITOLO CINQUE
Le tolsi la maschera d’ossigeno e la baciai. Fu un bacio lungo e pieno di dolcezza come non ci eravamo mai concessi da quando ci ammalammo. Fu un bacio che unì le nostre anime come quando ci conoscemmo.
Fu il nostro ultimo bacio.
Susan morì due giorni dopo, per la gravità delle ustioni.
Le metastasi avevano ormai divorato tutto l’organismo e le terapie di rigenerazione non riuscivano più a dare sollievo alle gravi ustioni né abbassavano il livello di radiazione del suo sangue. I dottori dissero da tempo che non ce l’avrebbe fatta ma il fatto di saperlo in anticipo non ti toglie la speranza ne prepara alla perdita che ti colpisce. La sua morte mi ha reso un sacco vuoto. Non ho più indossato alcuna protezione dopo che successe ed anche adesso. Non ha più alcun senso. Siamo rimasti in pochi ed è così in tutto il mondo. Non pensavo che avrei aperto nuovamente il file dell’ultimo giorno che ho trascorso accanto a lei. Non credevo nemmeno fosse possibile farlo ancora. La maggior parte dei sistemi stanno collassando. Gli errori irreversibili del sistema sono incalcolabili a questo punto e sono già quattro i generatori di emergenza che hanno fuso per il calore. Ne resta solo uno e sarà ora di andare. L’ambiente non è più sicuro. Nulla lo è.
È buffo.
Il genere umano ha sconfitto la fame, le guerre, il razzismo e qualunque forma di violenza e non è riuscito a far nulla contro quello che si sapeva sarebbe avvenuto. Lo si sapeva da prima che Mercurio esplodesse.
Lo si sapeva e si fecero ricerche e sforzi oltre ogni limite. Il progresso ha compiuto passi da gigante nella medicina, nel ricercare fonti di energia alternativa ed anche nel potenziare il pensiero umano fino a rendere concrete le sue fantasie, come ho contribuito a realizzare nel mio lavoro.
Ma non siamo mai riusciti a trovare una via di fuga.
Ci siamo affidati ai nostri scienziati spaziali, convinti che avrebbero trovato una soluzione; purtroppo tutte quelle messe in pratica si sono sciolte proprio come è accaduto a noi. Qualunque metodo di fuga concepito non era in grado di salvarci o di farci scappare. Forse ci siamo arrivati vicini più di una volta ma non abbiamo mai toccato il traguardo. E guardare tutte quelle navicelle decollare e bruciare letteralmente assieme al proprio equipaggio ad appena qualche centinaio di metri dal suolo era divenuto ormai un tragico e demoralizzante rituale. Non si riuscì mai a scoprire un qualunque materiale abbastanza ignifugo da resistere abbastanza per consentire di poter superare l’atmosfera di gas infuocati che rappresentava un ostacolo mortale. Furono mandati messaggi di aiuto agli altri sistemi ma per quanto possa sembrare incredibile, nessuno dei nostri alleati disponeva della tecnologia necessaria per venire a prenderci e portarci fuori da questo inferno, anzi molti erano di gran lunga più primitivi di noi. Ma in fondo penso che questo sia il destino. Abbiamo cercato di resistere in modo effimero quanto più ci fosse possibile costruendo tunnel sotterranei a grande profondità ed a tempo di record ma eravamo già tutti malati, stanchi e privi di qualunque mezzo di comunicazione. Vivevamo nel dolore e nel soffocamento di quelle maledette tute protettive all’amianto modificato con miscela di basalto rinforzato. Delle chimere, ultime donazioni del nostro governo per proteggerci, almeno stando a quello che sostenevano. In realtà era solo un modo inutile per attendere la fine: nessuna protezione per chi era già malato e chi non lo era lo sarebbe divenuto presto dal momento che la temperatura aumentava di giorno in giorno. Le attrezzature da laboratorio per la creazione del ghiaccio chimico andavano in pezzi rapidamente ed i campioni di cui già si disponeva nei magazzini refrigerati si erano disciolti da più di un anno assieme agli stessi. I predicatori dell’apocalisse o presunti tali spuntavano come funghi ed avevano numeroso seguito. Qualcuno cercò di convincermi più di una volta a sentire i loro discorsi per la salvezza della mia anima; dovevo pentirmi dei miei peccati per poter accedere al regno dei cieli e ricongiungermi a Susan ponendo così fine al mio calvario.
Non mi vanto del fatto di non essere stato proprio un fulgido esempio di religione nella mia vita. Ho sempre pensato che andare in Chiesa fosse soltanto tempo tolto al mio lavoro ed appartengo a quella categoria di persone che ricercano una spiegazione scientifica agli eventi che ci circondano.
Il mondo stava morendo perché il Sole era prossimo ad esplodere. Dio non aveva mandato nessuna punizione.
Rispettavo qualunque credo e qualunque ipotesi su quello che sarebbe stato per noi e su quello che poteva essere la nostra anima ma rimanevo del parere che fare finta di avere fede, per omologarsi alle masse, sia la peggior rappresentazione di falsità che un uomo possa dimostrare. In verità questo mi diede una sorta di ispirazione per identificarmi come sorta di profeta scientifico. Mettendo a punto il progetto di “vita neuro inventiva” come l’avevo chiamato, ho fatto in modo che per qualcuno il trapasso fosse meno traumatico. In sostanza si sarebbe potuto scegliere di trascorrere gli ultimi giorni della propria esistenza nel proprio paradiso creato da ciascuno di noi e quindi tangibile per il soggetto stesso. Forse è stata un’eresia, ma si può davvero chiamare tale la capacità di rendere reale gli ultimi desideri che tutti avevamo e che non eravamo più in grado di rincorrere, sia che fossero sciocchezze, sia che fossero impossibili. Un mondo immaginario e fatto di illusione? Può essere ma non sono forse i nostri sogni e le nostre fantasie che ci hanno sempre permesso di progredire, di fare del bene altrui, di essere diversi gli uni dagli altri e di poter confrontarci per raggiungere scopi comuni? Non sono sempre stati i nostri sogni a darci la forza nei momenti più sconfortanti delle nostre brevi esistenze? E non potevano adesso essere i sogni a farci sentire più sereni ed a preparare la nostra anima per la partenza?
Io ho scelto un paradiso fatto di viali alberati, di campi verdi pieni di fiori come quelli delle illustrazioni nelle immagini che vedevo al computer da bambino. Un paradiso colmo di cascate, di mari, di fiumi dove l’acqua scorre tranquilla, limpida. Dove gli animali si soffermano ad abbeverarsi. Uno spettacolo che può solo donare la pace. Ed un mondo dove possa essere possibile vedere l’alba ed il tramonto fino a che non si sia esausti.
Un mondo che la mia Susan aveva già visto, senza bisogno di alcuna tecnologia. Ed ora il suo paradiso era diventato anche il mio.
Ma ora sta terminando, lo sento. Anche in questo mondo arriva la fine. Ma non ho paura e non mi sento solo. I miei sogni sono accanto a me.
CAPITOLO SEI
ERRORE DI INIZIALIZZAZIONE……
ATTENDERE………
CAPACITà NEUrOLOGicA INsuffICIENTE……
TENTATIVO DI RIPRISTINO in corso………
AttendRE…………
ERRORE DI PERCOrso……… risorSE INSUFFicienTI……
SECONDO TENTATIVO DI RIPRISTINO………
ESAMINATO…
ATTENDERE……
AVVIO IN CORSO………
PROGRAMMA “simulazione ultima”
INIZIALIZZAZIONE………
“Robert! Ma che fine avevi fatto? Non ti ho visto per nulla ieri! Volevo darti la rivincita a scacchi. Non dirmi che hai avuto paura e non sei uscito!”
“Ciao, Phil. No, ieri ho preferito stare in casa. Ho passato il tempo a scrivere”
“A scrivere? Scrivere cosa? Non ho mai saputo che avessi l’hobby di scrivere!”
“Ho solo buttato giù qualche mia riflessione. Ho sempre avuto l’interesse a farlo ma il mio lavoro non mi ha mai dato il tempo necessario perché mi ci mettessi seriamente.”
“Il tuo lavoro! Sempre il tuo lavoro! Se continui di questo passo finirai per perdere tutti gli amici e per diventare un topo di biblioteca. Ieri è stata una giornata meravigliosa! Il cielo era più sereno del solito e c’era un mucchio di gente al parco! Nel pomeriggio hanno fatto anche una fiera vicino al laghetto. Mi meraviglio che tu non abbia sentito le musiche della parata da casa tua. Comunque è stato uno spettacolo davvero piacevole, per non parlare poi delle ragazze in bikini che prendevano il sole sull’erba. Ti garantisco che mi sono rifatto gli occhi, vecchio mio!”
“Lo sai che il mio cuore batte solo per Susan, Phil”
“Lo so, lo so ma gli amici devono pur tentare qualche volta. È uno dei nostri compiti. E poi sarebbe anche ora che me la presentassi, no? Ci conosciamo da mesi e non l’ho mai vista neanche con il binocolo!”
“Ho paura della tua fama di dongiovanni, lo sai!”
“Questo è comprensibile! Guardando me potrebbe chiedersi quanto fosse ubriaca il giorno in cui ha deciso di sposarti!”
“Ne sono sicuro anch’io. In ogni caso dovrai tenere a bada i tuoi bollenti spiriti. Lei è lontana in questo momento.”
“E tu ti fidi a lasciarla partire per lavoro da sola? Mentre parliamo potrebbe star facendo gli straordinari e non in ufficio!”
“Infatti hai ragione, Phil. Ho deciso di raggiungerla. Anzi è per questo che sono qui. Volevo salutarti prima di andarmene.”
“E quando dovresti partire?”
“Molto presto, credo.”
“Non sembri molto entusiasta all’idea!”
“Ho solo un po’ di paura ma credo che sia giustificata in questi casi.”
“Giustificata? Ormai non ci sono più incidenti alle navette da anni e le misure di sicurezza all’aeroporto hanno scongiurato qualunque tipo di attacco terroristico, se mai ce ne fosse ancora bisogno! Il massimo che ti può capitare è soffrire il mal d’aria e riempire le buste di bordo con la tua colazione, pranzo e cena! A parte quello puoi stare tranquillo”
“Già… in ogni caso non credo ci vedremo per un bel po’, Phil. Ci tenevo molto ad essere qui per passare ancora un po’ di tempo con te. Avevo paura di non riuscire a trovarti.”
“Lo sai che vengo sempre su questa panchina a leggere il giornale, a quest’ora. Ci siamo conosciuti qui ed a meno che non venga il diluvio universale, nessuno mi farà rinunciare alle mie abitudini, inclusa questa.”
“Sei stato un buon amico in tutto questo tempo, vecchio mio! Ho sofferto meno la solitudine con le nostre chiacchierate e sono felice di averti conosciuto. Mi dispiace solo di non essere mai riuscito a batterti agli scacchi.”
“Beh… questo non avrebbe mai potuto essere nemmeno nei tuoi sogni, bello. Ma non mi piace il tuo tono di voce. Sei sicuro che vada tutto bene? Sembri triste.”
“Non ci fare caso. È solo un po’ di malinconia. Passerà presto.”
“Perché non ci facciamo una bella gita al mare, domani? Passo a prenderti di prima mattina e ce ne stiamo in panciolle tutto il santo giorno sul bagnasciuga a fissare le ragazza che giocano a volley e che fanno il bagno. Mica male il programmino, no? È l’ideale per far passare la malinconia e per riempire la testa di idee mooolto più allegre! Eh eh eh!!”
“Davvero un’idea fissa la tua! Mi piacerebbe davvero.”
“Ma?...”
“Te l’ho detto. Ho paura che dovrò partire presto. Non potrò venire con te domani”
“Ti assicuro che ne varrà la pena, invece! Sarà una giornata splendida! E magari, arrivando presto riusciamo a vedere l’alba così puoi fare anche le fotografie che ti piacciono tanto!”
“Sì…… sono certo anch’io che sarà una bellissima giornata.”
“Almeno andiamo a prendere qualcosa di fresco dal gelataio vicino al laghetto e poi ti concederò la rivincita a scacchi, nella mia infinita bontà, anche se so che sarà una riperdita.”
SYSTEM ERROR. PERDITA DI RISORSE. INSUFFICIENZA DI MEMORIA. IL PROGRAMMA SARA’ TERMINATO.
“Ma che succede? Ehi, Rob, vedi anche tu quello che vedo io?”
“Sì...è sapevo che sarebbe successo.”
“Cosa? Ma che cazzo stai dicendo? Sapevi che il cielo sarebbe diventato rosso? Che diavolo è?”
“È il preludio. Il programma sta andando in arresto. Adesso rimane davvero poco.”
“Il programma? Preludio? Ma di che accidenti stai parlando? Rob che sta succedendo qui? Basta misteri! Dimmelo!”
“Sono stato io ad impostarlo così. è così che iniziò. Nessuno sapeva cosa fosse all’inizio. Guardarono tutti il cielo. Quel colore rosso sangue che apparve all’improvviso ed il vento che iniziò a soffiare sempre più forte. Iniziò tutto in questo modo. Poi ci fu la prima scarica radioattiva. Chi era all’esterno venne polverizzato all’istante. Molte delle persone che si trovavano all’interno degli edifici si ammalarono. Ho voluto che anche la fine del mio mondo iniziasse come quel giorno. Questo è l’ultimo tramonto, Phil. E voglio ringraziarti per avermi dato la tua amicizia ed avermi fatto provare ancora quella sensazione di serenità che mi mancava tanto. Quelle risate che avevo dimenticato. Grazie.”
“Dobbiamo metterci al sicuro, Robert! Andiamo via di qui! Casa mia è vicina! Se corriamo possiamo arrivar…”
“Il vento si sta alzando, amico mio. Lo senti? Ma non devi aver nessuna paura. Questa è la mia partenza. Sto per raggiungere Susan. Finalmente il dolore è finito. Addio.”
“ROBERT!! NO!!!”
ARRESTO DEL SISTEMA IN CORSO……………
Buio.
Dal file-video del giorno di avvio:
“Mi chiamo Robert Dusk e questo è il mio primo giorno nel mondo che ho creato e che mi porterà alla fine del mio percorso. Mi trovo nel mio appartamento a 130 metri sottoterra. Il mio corpo è gravemente ustionato. Ho perso l’uso della parola e della vista quattro giorni fa. La mia gamba sinistra è completamente andata e la destra non se la passa meglio. Ho grossi problemi anche alle articolazioni delle braccia e della mandibola. Le emicranie ed i continui bruciori a ciò che resta della mia cute mi stanno spingendo sull’orlo della pazzia. Sono sdraiato sul mio letto ed ho collegato il mio cervello al sistema di modalità neuro-inventiva ed ora sono qui per tutto il tempo restante. Il sole è divenuto una supernova e sta collassando rapidamente. Ricordo che una volta pensai se fossi riuscito mai a vedere l’ultimo giorno di vita del mio pianeta. Adesso vorrei non averlo mai pensato. L’umanità è sopravvissuta alle catastrofi nucleari ed ai disastri da lei stessa provocati per cinque miliardi di anni. Poeticamente, ora si sta spegnendo insieme alla nostra stella. Attenderò che la fine giunga in un luogo che rispecchi ciò che mia moglie Susan ha vissuto nei suoi ultimi momenti e spero di poter ricongiungermi a lei presto.”
EPILOGO
La brezza mattutina accarezza la pelle del viso ed elargisce un dolce risveglio. L’aria è pulita e si respira avidamente, come se non la si fosse sentita dentro di sé da troppo tempo. Ed è bello camminare lentamente su quella distesa sconfinata di sabbia bianca che brilla alla luce dell’aurora, mentre gli occhi seguono divertiti ed affascinati le evoluzioni che i gabbiani compiono nell’azzurro.
Man mano che ci si avvicina si può davvero sentire il rumore delle onde che si affievoliscono sulla sabbia umida. Un suono che richiama la pace interiore finalmente riconquistata.
E quando si siede accanto alla donna che ha amato e che gli regala un sorriso di benvenuto, capisce che quel tempo sarà per sempre. Le tiene la mano e le sorride anch’egli, poi entrambi vengono rapiti dai cristalli di luce che si riflettono sull’acqua e dal disco luminoso che fa capolino all’orizzonte.
“È bellissimo, vero?” Chiede lei sempre sorridendo.
“Sì amore mio. È una meravigliosa alba.”
FINE.
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