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Il vecchio
Solo sulla sua barca, il vecchio guarda le onde rincorrere il sole, come ogni giorno della sua vita. Non ha ricordi del prima, non sa chi sia né da dove abbia avuto inizio il suo viaggio, anche la sua età si è ormai persa nel tempo. L'unica cosa che sa è che deve andare, scappare più lontano dell'orizzonte, seminare per sempre quegli occhi che lo inseguono.
Capita a volte che il tempo si fermi. Tutto in quei momenti è congelato ed immobile, perfino il vento smette di soffiare. Allora vede solo quegli occhi. Lo fissano, muti, lo scrutano fino alle profondità più nascoste della sua mente. Il vecchio tenta di fuggirli, ma anche lui è imprigionato nell'attimo. Non c'è nessun rumore, il suo cuore ha smesso di battere, non respira, non vive, solo uno sguardo fisso su di lui. Cerca di interrogarlo, di capire cosa voglia, ma gli occhi non parlano. Sente l'ansia crescere dentro di sé, fino a fargli desiderare una vera morte. E mentre la speranza lo abbandona, quando ormai ha smesso di lottare, di nuovo l'acqua batte sullo scafo, il vento soffia tra i suoi capelli. Il tempo ha ripreso il suo corso, gli occhi sono scomparsi. Si ritrova di nuovo solo, sulla sua barca, a fissare l'orizzonte.
All'inizio la paura è stata così forte da spingerlo a partire, senza nessuno scopo se non la fuga, senza altra meta che l'orizzonte. Non si chiese perché quegli occhi lo cercassero. In fondo non gli importava saperlo: voleva solo che sparissero. La solitudine, pensava, sarebbe stata sua complice. Ma dopo le prime interminabili giornate in mare ha cominciato a cercare risposte, senza aver mai il coraggio di farsi domande. Ora rimpiange di essere tanto lontano dal mondo: lì non sarebbe mai arrivato qualcuno in grado di aiutarlo. In realtà, da tempo anche i pesci e gli uccelli lo hanno lasciato solo al suo cammino. La vita anche lo sta abbandonando: a brandelli, un pezzo alla volta, scivola nel vento, portando un ricordo, un respiro, un sorriso. Ora è più spettro che uomo, il corpo simile ad uno scheletro nudo, la pelle sventola al vento. Tutto è ansia: l'attesa, l'attimo, il pensiero.
Come ogni giorno, il vecchio fissa l'orizzonte. E in fondo, piccolo, lontano, solo accennato, un puntino scuro. Piano piano, il punto acquista massa e volume, un contorno più delineato, particolari: è una terra. Il vecchio è terrorizzato dall'infinità di sensazioni sconosciute che lo assalgono: aveva dimenticato la felicità. Le combatte con tutte le sue forze, sono gli occhi, si dice, stanno tornando, cercano di ingannarmi. Stremato dall'ennesima lotta interiore, soccombe, si lascia invadere dalla gioia e dalla speranza, convinto che il tempo stia per fermarsi di nuovo. Ma l'acqua scorre, il vento continua a soffiare. Il vecchio non capisce, non domanda, aspetta. È questa la sua vita. Il punto è ormai una striscia, copre tutto l'orizzonte.
Sembra che una mano invisibile abbia sollevato la barca, tanto corre veloce e leggera. Non lascia scia nell'acqua, ma il vecchio non se ne accorge: fissa l'orizzonte avanti a sé. Così, di colpo, arriva. Senza pensarci, scende, guarda l'erba, gli alberi, gli uccelli. Sa che è così che devono essere, sa quello che sono, anche se non ne ha coscienza. Sente la vita salire, è dall'erba che viene, pensa, e vi si butta supino. Si gira e rigira a scatti, nervosamente: tutto il mio corpo deve vivere, tutto deve toccare l'erba. Ma la paura non lo ha abbandonato: la sente arrivare di nuovo, terribile più di prima. Il vecchio allora comincia ad urlare, forte, più forte, il petto si apre, la gola si squarcia, la poca pelle rimasta schizza lontano. Con un unico, interminabile grido butta fuori di sé tutta la paura incamerata durante gli interminabili anni della sua fuga.
Ora non ha più niente di umano, non è nemmeno spettro, ma non è mai stato più vivo: ora vuole sapere. Gli occhi non sono più il suo problema, rivuole i suoi ricordi. Sente che troppo ha già perso. Decide allora di chiedere aiuto agli alberi e agli animali, ma, non appena trova il coraggio di parlare, si accorge che non sa cosa vuole dire. Tanto tempo è passato da quando si faceva domande.
Allora capisce di aver perso tutto, che per lui non c'è più speranza. Pensava che, non appena avesse trovato qualcuno o qualcosa, sarebbe stato salvato e fatto uomo di nuovo, ma ora sa che il cambiamento può venire solo da lui. Allora lancia un nuovo grido, più forte e terribile del primo, riducendo il corpo ad uno scheletro scarno. La speranza l'ha abbandonato, l'aver vissuto, anche se per pochi attimi, rende ancora più insopportabile la sua condizione. Perché, perché comincia a chiedersi, perché sentire la vita se non la si può avere? Perché cercare se non si sa cosa si vuole? Perché? e si blocca, un lampo gli illumina lo sguardo, è riuscito a chiedere. Si guarda: non più scheletro ma uomo, non più vecchio ma giovane. È felice. Comincia a saltare, a ridere, mille nuove sensazioni lo riscaldano.
E, nel pieno dei suoi festeggiamenti, una nuova sorpresa per lui: un bambino dorme sereno ai piedi di un albero. Gli corre incontro, lo solleva, lo bacia: amico mio, figlio mio, tu sarai il mio compagno, ora non sono più solo. Un sorriso terribile si affaccia sul viso del bambino, il vecchio lo getta e fa per correre via, ma i suoi piedi sono inchiodati a terra.
Dovevi essere vivo perché potessi prenderti, dice una voce alle sue spalle, non voglio spettri o scheletri, ma uomini, voglio che sentano il mio arrivo e lo temano, voglio che mi rispettino, e, soprattutto, che capiscano. Il vecchio sente il suo corpo girarsi, non riesce ad evitarlo, e si trova così di fronte al bambino, che è in piedi, ad occhi chiusi, con la terribile smorfia sul volto.
E il bambino apre gli occhi.
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0 recensioni:
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Anonimo il 07/06/2011 10:56
Prosatrice attenta
Anonimo il 07/01/2011 18:03
Non so la morte che sguardo abbia, ma fuggire non si può. Accettare forse, sempre se si è all'altezza. Un bel racconto, che lascia spazio ad un minimo d'interpretazione: non so cosa per te quegli occhi, ma per me il degno sostituto delle ossa sotto un cappuccio.
C'è stata qualche ripetizione all'inizio, a mio avviso potrebbe diventare più fluido con alcuni accorgimenti. Ma è una opinione opinabile la mia... mentre questo tuo è un buon prodotto
- condivido il commento di Alberto Accorsi;
- molto bella... molto ben scritta... bravissima
Anonimo il 30/11/2007 16:43
Sinceramente lo trovo un po' complesso e confuso, ma sicuramente ben scritto. Forse ha bisogno di qualche modifica per renderlo più comprensibile. Comunque rimane un gran racconto.
- molto bello, avvincente, forse un po' confuso, ma si nota il talento.
- Un po' contorto, peccato
- Troppa complessità , un po' di confusione e qualche ingenuità (ex. "scheletro scarno"?!?)
Anonimo il 05/03/2007 08:29
Spesso non sappiamo dove stiamo andando, ne' da dove siamo partiti, spesso non ne rimane il ricordo, quello che importa e' sapere cosa vogliamo essere, prima o poi la strada la troveremo, anche se sara' una strada dolorosa, dove trascineremo la faccia, fino a scarnificare le ossa, fino a perdere l'orientamento...
Il sangue e' un riscatto obbligato... le abrasioni all'ordine del giorno...
KX
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