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Delirio di un prigioniero
Quanto tempo era passato da quando si trovava chiuso in quella cella, solo, solo con i suoi pensieri che, crudeli, continuavano a perseguitarlo senza sosta?
Quanto tempo era passato da quando si trovava chiuso in quella cella, sporca, umida, senza neanche una finestra che potesse fargli intravedere uno scorcio di cielo e con l'unica compagnia della sua ragione che però, come tutto e tutti, col passare dei giorni, lo andava abbandonando?
Non lo avrebbe saputo dire... un'ora... un giorno... un mese... un anno... una vita?
Sbiaditi ricordi erano ormai quella della sua vita passata, quando era ancora un cavaliere e la gloria e la fama e la ricchezza lo circondavano. Cos'era mai successo, dunque, per ridurlo in quello stato?
Pazzia o ragione?
Aveva perso il senno o forse, in quel giorno ormai lontano, lo aveva finalmente ritrovato dopo una vita passata nella follia?
Domande, mille domande senza risposta si affacciavano alla sua mente, girando ad un ritmo vorticoso. Sarebbe mai riuscito a trovare una risposta? Ci aveva provato e riprovato, aveva avuto tanto tempo per pensare, ma non era giunto a nessuna conclusione;
Chi allora possedeva quelle risposte?
Dio? No, sicuramente no... quante lunghissime ore aveva passato a pregare, con fervente intensità, quante lacrime aveva versato su quel duro pavimento di pietra senza che nessuno venisse a confortarlo, e soprattutto Lui?
E dunque, esisteva davvero un Dio? E se si, perchè continuava a farlo soffrire in quel modo, torturandolo ancora e ancora?
Quante ore passate a pensare, a pensare a ciò che era stato, a ciò che era e che sarebbe potuto essere, ma soprattutto a pensare alla sua condizione. Perchè si trovava lì? Per aver avuto il coraggio di seguire la propria coscienza, per aver protetto le persone sbagliate.
Era dunque tanto sbagliato dar ascolto al proprio cuore, non voler fare qualcosa che sentiamo essere sbagliato?
Stavo lì, armato di tutto punto, la spada in pugno, lo scudo saldamente attaccato al braccio sinistro, accanto a me i miei uomini, quelli più fidati, quelli che sempre mi avevano seguito, in ogni battaglia. Davanti a noi, in ginocchio, supplicanti, stavano coloro che, secondo gli ordini ricevuti, dovevano essere giustiziati a mo’ d'avvertimento per tutti coloro che, in futuro, avrebbero voluto ribellarsi: Erano bambini!
Trenta bambini, confusi, terrorizzati, disperati, mi guardavano con occhi tanto innocenti, privi di qualsiasi colpa, che sentì come una lama trafiggermi il cuore, e per la prima volta da quando ero diventato adulto, sentì l'impulso di piangere, sentivo le lacrime che, bagnando i miei occhi minacciavano di sfuggire al mio controllo; Chiusi gli occhi, ispirai a fondo; avevo ricevuto un ordine ed era mio dovere eseguirlo, non importava chi fossero le vittime. Mi misi dinanzi al primo di loro e alzai la spada. Il bambino, poteva avere al massimo 3 anni, piangeva e gridava e implorava, ma mi imponevo di non ascoltarlo. Feci per abbattere il mio braccio sul suo corpicino quando commisi l'errore di aprire gli occhi. Allora capii;non sarei mai stato in grado di farlo, mai.
Ma non potei però far nulla per evitare che i miei compagni d'armi portassero a compimento la missione loro affidata. E rimasi lì, immobile, sgomento, nauseato a guardare quei piccoli corpi martoriati, ad ascoltare i loro pianti e le loro urla che mi ferivano le orecchie strappandomi ogni volta un pezzo di cuore. E poi il loro silenzio, più pesante delle loro urla, insopportabile per le mie orecchie. E piansi, piansi e singhiozzai come uno di loro, come un bambino, per ognuna di quelle vite ormai spente.
Ho dunque sbagliato?
Son dunque diventato pazzo?
Più passa il tempo, però, più mi convinco che non avrò mai una risposta, non saprò mai qual'è la verità... e finirò i miei giorni qui, sepolto in questa cella, solo, con i miei rimorsi come unica compagnia.
E d'improvviso, l'illuminazione... Cosa sono in realtà la pazzia e la sanità?
Non sono altro che delle scuse dietro cui l'uomo si nasconde per giustificare le proprie azioni, non sono che un modo alternativo per chiamare quelle due entità che da sempre stanno alla base del mondo: il Bene e il Male.
Non ebbi più dubbi che la mia scelta fosse stata quella giusta. Finalmente niente più dubbi, niente più rimorsi. Per la prima volta da mesi, mi sentivo quasi felice.
Quella notte, quando il sonno l'avvolse, scesero dall'alto due mani gentili e confortevoli che con dolcezza l'afferrarono portandolo via con sé verso un luogo di bellezza e di pace.
Quella notte esalò il suo ultimo respiro.
In quella notte finirono i miei giorni di tormento e potei, per la prima volta, essere felice.
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1 recensioni:
- Poteva essere più sviluppato, anche se la descrizione delle sensazioni è molto valida.
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