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Il tesoro dell'icona

Valerio uscì dall'università con un gran mal di testa, sintomo della nausea per quel giorno raggiunta verso il lavoro, gli studi, gli incontri "diplomatici"; lo assaliva una gran voglia di correre, a respirare il profumo di primavera promesso da quella giornata, ancora lontana a tramontare.
Il suo amico Pietro lo attendeva, per cena, nel suo piccolo borgo di montagna.
Proveniendo da luoghi ed ambienti totalmente disparati, i due erano divenuti amici inseparabili, nella cittadina appenninica, tra le aule di quella facoltà universitaria tecnica.

Valerio veniva dalla grande città. In famiglia si gestiva un'impresa di costruzioni; avevano conseguito un rilevante appalto in questa zona : la realizzazione di infrastrutture, connesse al traforo che, tagliando il grande massiccio calcareo, ne aveva messo in comunicazione i due versanti. Opera ciclopica, di grande risonanza, che aveva consentito di avviare lavori paralleli e complementari : l'irregimentazione, per vari utilizzi, delle acque di falda scaturite dalla montagna; la realizzazione di nuove vie di comunicazione; la sistemazione di pendii e scarpate. L'entità delle opere da realizzare, aveva spinto Valerio alla decisione di conseguire la laurea proprio qui, nei pressi di questo immenso cantiere, ora prossimo alla conclusione.

Pietro viveva invece, ad una cinquantina di chilometri dall'università, nella minuscola frazione di un paesino, arrampicata ai piedi delle grandi catene. Una realtà di antiche casupole in pietra e muratura, fienili e porcili; un mondo di vacche e pecore, di leggende e superstizioni, confine tra gli estremi margini della civiltà e le brulle barriere montane. Culturalmente, Pietro, giunto alle soglie della laurea, si elevava di un baratro rispetto a tutti i compaesani. Eppure i suoi progetti per il futuro non si elevavano oltre quel piccolo mondo agricolo, a cui era abbarbicato come l'ostrica di Verga. Le sue ambizioni si limitavano ad un programma : fondare una comunità agraria, sfruttando le acquisite competenze tecniche per migliorare i sistemi produttivi; comunità e sistemi che avrebbero consentito di vivere esclusivamente con quanto autarchicamente prodotto. Un ideale agreste, che aveva ricavato dalla confidenza con Teocrito, Virgilio, Tasso, oltre che dall'illimitato attaccamento alla propria terra.

Tante volte aveva proposto a Valerio di rimanere a vivere quassù, una volta chiusi l'appalto e l'università, per condividere quel progetto. Ma il giovane amico, pur risultandone in parte affascinato, subiva l'attrazione di ben altre prospettive future : la vita cittadina, il successo, la carriera, l'affermazione brillante; e poi le donne : quelle di città, numerose e variegate, con le mille suggestioni evocate, con le più ampie possibilità di scelta. Non comprendeva quel limite di vita assolutamente monotona ed insignificante, a cui Pietro sembrava volersi condannare. Al contrario, Valerio aveva ripetutamente proposto all'amico di trasferirsi in città, per lavorare insieme a lui nell'impresa edile. Ma Pietro non guardava mai al di là del proprio paesello, e presentava all'amico il suo progetto contadino come se fosse un tesoro segreto.

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1 commenti:

  • Anonimo il 28/08/2008 19:36
    troppo lunga da leggere XD

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