In mezzo alla corrente del Mare il vascello procede, imponente e calmo, coscienziosamente deciso. Va per la sua rotta in quelle acque sì burrascose, ma non abbastanza per smuoverlo. Alla sua guida non c’è nessuno da mesi, il capitano è invecchiato e si è riscoperto un piacente marinaio dongiovanni: vaga per le camere distribuendo bibite, prevalentemente tè al limone. Ma tutti i passeggeri hanno lasciato la nave da molto tempo ormai. Al capitano è cresciuta la barba, bianca e folta, e mentre serve le tazze di te a nessuno, a volte pensa a cosa serva quella strana foschia che in certi momenti si ritrova davanti agli occhi: allora si fa aria con la mano per diradarla, oppure si stropiccia con vigore le palpebre, dimenticandosi della tazza di tè che ha tra le mani; la bibita si riversa su di lui e sul pavimento, e presto si ritrova tutto appiccicoso e bagnato; ma almeno non bruciato, perché anche il tè è invecchiato, raffreddato dal tempo.
Nel punto costruito per la vedetta non è mai salito nessuno: la paura di scorgere di nuovo il niente non è mai passata. Un cannocchiale è appeso a un chiodo lassù, e aspetta un momento di gloria che non giungerà mai dilettandosi ad osservare a grandezze mostruose le increspature del legno. La scala che porta alla vedetta non è in cattivo stato, anzi con un po’ di fantasia potresti sentirne l’odore di nuovo. Solo il primo gradino è impercettibilmente scalfito, per la voglia che un bambino curioso aveva di giungere in cima e giocare ai pirati. Preso dalla foga saltava sul primo gradino, ma al momento di passare al secondo si fermava, il piedino sollevato per aria, improvvisamente troppo pesante per quel passo. Così, anche riuscire diventava improvvisamente impossibile.
Forse il bambino ci riprovò, forse no. Che abbia scelto di ammirare mestamente il suo sogno navigare lassù, più nei suoi pensieri che su quel vascello, o si sia limitato a farlo scendere di un piano di scale, pur di giocarci in santa pace, oppure che l’abbia rabbiosamente conquistato, vivendolo come un vero pirata, questo non ha comunque influito sull’ordine del vascello. Esso continua ad andare, senza rotta, avvolto dalla notte. Nessuno alla sua guida, neppure il cielo. Neppure il mare, che resta infinitamente lo stesso. E in questo quadro di insoddisfazione il blu congela il silenzio, ne assorbe il ghiaccio. Blu, ghiaccio, silenzio.
Silenzio.
Tinnnnnn. Tintinnio di un cucchiaino affondato in una tazza di tè al limone.