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L'INEVITABILE TRAGEDIA DELLA VITA

“Non mi sono innamorato di lei subito. Il suo essere un po’ insipida non lasciava presagire nessun fuoco, nessun interesse, una collega come tante. Un “Ciao, come va?” davanti alla macchinetta del caffè, in pausa e nulla più. Ai pranzi aziendali partecipava per obbligo, gustando il cibo come in mensa, nonostante i raffinati buffet.”.
Carlo parlava quasi a se stesso, seduto al parco, al laghetto delle anatre, che ignorando i divieti, reclamavano rumorosamente briciole pietose.
Luigi sollevò la testa dal giornale, un po’ impacciato e incredulo sul da farsi:” Che vuole questo? Lo ignoro?
Magari è un pazzo scappato dal manicomio.” Ma si sa, curiosità ed empatia sono forze irrazionali e Luigi abbassò il giornale, disponibile.
“Un giorno stavo imprecando davanti alla macchinetta del caffè: aveva ingoiato la mia unica monetina e io ne avevo un bisogno estremo. Silenziosa come un gatto allungò la mano, un colpo secco e “tlin”, scende dando il via alla magica pozione. La mia espressione d’ebete incredulità la fece scoppiare in una risata così melodiosa da contagiarmi.
<Mi hai salvato la vita: se sei libera dopo il lavoro ti offro l’aperitivo.>.
Sorrise malinconica lasciandomi lì a chiedermi:” Ma è un sì o un no?”. Invece, rientrato in ufficio, al pc mi lampeggia una bustina, aveva usato la rete interna per contattarmi.
“Accetterei, ma non ho la macchina … se non ti scoccia darmi un passaggio … Giulia”.
Iniziò così la nostra storia, telenovela dei colleghi che non si capacitavano come ”l’amorfa” avesse rapito uno scapolone appetibile e refrattario come me. Ci sposammo un anno dopo, lo stesso giorno della fatidica monetina, sfidando ogni nefasta scaramanzia. Venerdì 17 novembre. E fino alla nascita di Paola eravamo vincenti, contro tutti. Mi innamorai di mia figlia nell’istante stesso in cui me la misero in braccio: dalla sala parto ero passato in paradiso, al cospetto di Dio; per Giulia, invece, iniziò una morbosa gelosia. L’allattava a fatica e finita l’obbligatoria rientrò al lavoro a tempo pieno, chiesi io il part-time per seguirla con lo svezzamento e per non lasciarla troppo al nido. Diventai la favola dell’azienda, il “Mammo castrato”, la “Donnicciola” e Giulia non replicava.”.
Luigi ascoltava, in silenzio, specchio e confessionale dello sconosciuto barbone di mezz’età seduto al suo fianco; ma Carlo parlava più a se stesso, autore e attore della stessa commedia da diversi anni, da quando aveva lasciato tutto e tutti per la strada, dolorosamente naufrago.
“Ho cercato di rassicurarla, aiutarla, contattare un terapeuta, ma nulla. Giulia era intransigente e irremovibile nella sua posizione, in competizione per me contro la figlia. La bimba istintivamente rifiutava la madre, fu un’impresa insegnarle la parola “mamma”. Anche quando iniziò l’asilo conciliai il lavoro con i suoi orari, avevo il terrore che Giulia le stesse vicino, più volte avevo intravisto lo sguardo d’odio contro la piccola.”

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6 commenti:

  • Marta Niero il 25/12/2008 19:29
    ho provato a sistemarlo un po'
  • Anonimo il 03/08/2008 18:50
    Come Katie questo racconto mi ha commosso... era proprio la giornata giusta per leggerlo. Brava Marta, vedo che i tuoi esperimenti funzionano. Anche se ci fai piangere ci dai un poco di felicità. Ciao. Giak.
  • Marta Niero il 01/08/2008 23:53
    carissimi siete troppo generosi e vi ringrazio.. l'ho appena riletto... quanti erroriiiiiiiii!!!!! dovrò assoldare pure io un correttore di bozze personale
    domani sera, se sopravviverò al sabato, prometto di rimediare
    ciaooo
  • Ivan il 01/08/2008 16:04
    ... purtroppo la cronaca é fin troppo ricca di questi racconti. Costruito benissimo, senza pause e con i toni giusti. Hai visto stì poeti... ostrega.

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