Che cosa voglio io nella vita? Poche cose: guardare la luna che sorge come una bianca sposa, oltre le distese dei campi; ammirare lo spettacolo sempre differente, entusiasmante ed emozionante del tramonto del sole, nell'alternarsi delle stagioni.
Sono un pagano, cioè un poeta, e queste cose mi danno piaceri intensi, paragonabili al fare l'amore con una donna. Le persone comuni non provano questi piaceri perché hanno una sensibilità più bassa.
Ogni caratteristica ha due facce, una buona e una cattiva. Il lato svantaggioso di essere poeta l'ho scoperto a 30 anni. A quell'età volevo ottenere le cose normali della vita: un lavoro, una donna, una casa. Ma non riuscivo a ottenerle perché la mentalità di poeta rappresentava un ostacolo insormontabile. Allora ho combattuto contro la mia natura, ho forzato me stesso, per uniformarmi, per abbassarmi, per calarmi nella mediocrità. Ho tentato di sradicare la sensibilità dalla mia anima e ho lavorato sodo per abbrutirmi. Durante questo periodo ho sofferto moltissimo.
Adesso è arrivata l'età matura e ho capito molte cose. Io sono nato con una psicologia di poeta e non riesco a realizzare le cose comuni della vita. Così come le persone comuni non riescono a scrivere libri, non fanno quadri, non producono opere d'arte.
Adesso che ho raggiunto la maturità, ho accettato questa mia caratteristica dalla quale ricavo i piaceri più grandi della vita: la capacità di godere un tramonto o una notte di luna, la capacità di scoprire la natura, di analizzare le emozioni, il piacere di sognare e di apprezzare le poesie
Questo vale più della capacità di fare denaro, del conto in banca, di casa, moglie, figli e automobile. Gli artisti sono tutti così e prima accettano la loro natura, meglio è.
Da giovane, sono partito alla ricerca di qualcosa di grande e bello. Il seme di quello che volevo lo possedevo già; e adesso, dopo molti confronti, ne sono consapevole.
Dicembre 2002