Si sa che le foglie cadono, alla fine, succede sempre, ma loro non hanno idea che sarà la terra a contenerle alla fine, e non la guardano neanche, guardano solo il cielo per giorni e notti, per mesi, per una stagione intera. Ferme sui loro rami seguono con lo sguardo le nuvole in corsa, le vedono dilatarsi per poi frantumarsi e svanire o saldarsi tra loro componendosi in pensieri abbandonati chissà da chi e riciclati da sguardi distratti.
È il vento che le muove le nuvole, che le modella e ne fa quello che vuole, e siccome è il vento che muove anche loro e le fa fremere e agitare sotto la sua spinta adesso che sono attaccate al ramo, le foglie credono che una volta libere da quel legno anche loro verranno trascinate via. E si figurano un futuro come il cielo: di respiro azzurro e di rogo rosso, di frenesia e di calma, di voli e di cadute, di pace e inferno, collera e pietà.
Ma si sa che le foglie cadono, alla fine, succede sempre, e a staccarle dal ramo non è il cielo ma è la terra ed è la terra che le raccoglie e le pretende e non il cielo, e niente azzurro niente rosso nessuna frenesia e nessun volo, solo terra arida che le prosciuga e le blocca in forme aspre e ruvide o terra bagnata che le rende molli, le scioglie e le inghiotte lentamente. Però qualcuna cade nel momento giusto, cade quando il vento soffia e allora per pochi istanti è una passeggera del vento ed ha il suo interminabile attimo di cielo prima di diventare terra.