D'inverno, il cerchio della famiglia si stringe fino a soffocare.
D'inverno, quando il freddo ci costringe a stare in casa, tutti riuniti dentro una stanza. Allora scoppiano gli odi, le incomprensioni dovute a differenti caratteri, a differente cultura e differenti modi di guardare il mondo.
Quando non sopporto più tutto questo esco al freddo a passeggiare. Vado in campagna e percorro gli ultimi sentieri rimasti, che frequentavo quando ero ragazzo.
Ho visto questi sentieri polverosi, fioriti di robinia, camomilla e papaveri durante il mese di Maggio. Li ho visti fradici di umidità in Agosto, affollati di stramonio ed erba morella.
Qui ho raccolto la camomilla, ho classificato le erbe, ho spogliato le ragazze e di notte ho osservato le stelle.
In questo punto ho fatto l'amore con Roberta, laggiù con Caterina; e rivedo ancora i loro visi arrossati e i loro corpi bianchi e nudi.
Lungo questo sentierino oltrepasso l'arco in mattoni del tombino e arrivo al vecchio cimitero.
Cammino fra le tombe grigie e oblique con i vasi di fiori marci. Il cimitero rilassa il corpo, calma la mente, acquieta i pensieri.
Qui non c'è dolore. Qui non c'è sofferenza, non c'è paura. Gli inferni creati dalle religioni rimangono sopra alla terra. Sotto terra c'è solo oblio e quiete.
Guardo le foto e ritrovo gli amici di una volta, le facce che non vedevo da molti anni e che il tempo ha portato via.
La vita è un romanzo drammatico dove convivono la bella ragazza e lo spastico, il giovane sano e quello canceroso, il vecchio centenario e il neonato morto. E nel cimitero, dove arriviamo tutti, finiscono i progetti grandiosi, gli amori eterni, crollano le fedi e tutte le filosofie.
A sera, stanco e infreddolito, ritorno a casa.
Da giovani ci illudiamo continuamente. Vediamo la primavera e crediamo che duri sempre. Scopriamo l'amore e crediamo che sia eterno. Poi, continuando a vedere inverni, vecchiaia e morte, impariamo che tutto passa, che la primavera finisce, come l'amore, la giovinezza e la vita.
Febbraio 2004