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La stanza buia
Non sa da quanto tempo si trova qui... non sa neanche DOVE è il “qui”... di certo sono passati giorni, ma non è possibile dire quanti.
Quello che sa di sicuro è che non potrà resistere ancora a lungo... la sua forza fisica e la sua volontà stanno giungendo al termine. Gli occhi non si sono mai abituati al buio pesto che li ha sempre avvinghiati. Per quanto possano essere dilatate quasi fino ad esplodere, le pupille non riescono a scorgere neanche un filo di una qualunque luce, naturale o artificiale che possa essere. Le orecchie sentono solo il suo respiro affannato ed i colpi di tosse sempre più frequenti e violenti.
Ormai non riesce nemmeno più a capire quale parte del corpo faccia più male né dove siano precisamente le ferite sulla pelle. Anche se giace sdraiato su quel pavimento invisibile ed umido, le fitte non cessano di tormentarlo... braccia, gambe, schiena e torace sono divenuti magazzini di dolore lancinante al quale non è possibile abituarsi... ma non è più possibile neanche combatterlo perchè le forze sono troppo lontane per poter venire in aiuto.
D'altronde come non comprenderlo?
Da quando è stato portato lì dentro è andata sempre peggio. Hanno trovato subito il modo per far tacere le sue urla ed i suoi interrogativi. La prima volta che la porta si è aperta pensava che fossero venuti a dargli da mangiare... poi arrivarono i primi colpi al viso; una mano pesante che non si tratteneva minimamente.
Una violenza eseguita e non spiegata, sempre che la violenza possa trovare spiegazione plausibile.
Il crudele e misterioso aguzzino non ha mai parlato... i pugni ed i calci alla schiena ed allo stomaco si sono spiegati benissimo e dopo le prime due “ripassate”, la voglia di gridare o di fare domande era scomparsa.
Ma non la voglia di lottare...
ci doveva essere un modo per capire dove si trovasse e se ci potesse essere una via d'uscita.
A lungo avanzò in quel buio maledetto a tentoni, strisciando le mani sulle pareti ruvide e sul pavimento per cercare qualunque cosa che potesse dargli speranza... alla fine, a furia di esplorare, i polpastrelli riuscirono a trovare una superficie liscia e fredda... una parete di metallo? Una porta di metallo! Ma priva di maniglia, purtroppo.
La maniglia si trovava solo all'esterno e quando venne abbassata, facendo scattare la serratura e riportando il torturatore nella prigione buia, bastò un calcio al mento per sbatterlo al suolo senza un grido, facendogli perdere i sensi e la curiosità...
si è ripreso da poco tempo e quelle fitte sempre più pressanti gli impediscono persino di ragionare.
Il capo è rivolto verso il punto della stanza dove crede si trovi la porta di metallo...è terrorizzato al pensiero che possa aprirsi nuovamente... non potrebbe scappare, lo sa bene... non potrebbe avere ragione di lui neanche se fosse nel pieno delle energie, figuriamoci adesso!
E poi come può combattere un avversario che non riesce a vedere? Anche quando fa il suo ingresso, non traspare nessuna luce dall'esterno! Come può vederlo così bene e colpirlo con tanta decisione? Ma soprattutto... perchè??
Perchè tutto questo?
Cosa sta succedendo?
Quale colpa può avergli fatto meritare una punizione del genere?
Forse è stato rapito anche se non pare essere un'ipotesi probabile.
Non è ricco e non ha parenti ricchi...
inoltre gli ostaggi dovrebbero essere trattati abbastanza bene fino a quando il riscatto non viene pagato... nei film è così...
Forse è finito nelle mani di un pazzo che si diverte a torturare ed uccidere la gente in quella stanza buia, come fosse un moderno boia? Forse ai suoi occhi malati, le persone che porta in questo luogo hanno delle colpe a loro sconosciute... colpe che lui deve lavare via nel più crudele dei modi! Una sorta di psicopatico giustiziere, quindi?
Neanche questa possibilità lo convince.
E se non ci fosse una spiegazione razionale che spiegasse tutto ciò? Se fosse lì solo per un macabro disegno del destino impossibile da decifrare? Questo fa molta più paura della sua condizione in sé... DEVE esserci una spiegazione... per quanto folle o assurda sia, ma DEVE ESSERCI!!!
Sapore dolce in bocca... il suo sangue; prima che sbattesse la nuca al suolo, ricorda molto bene la punta della scarpa che andava a fracassare le gengive... sapore dolce e la bocca piena.
Il bisogno di sputare arriva in fretta... sente la goccia del suo sangue esplodere sul pavimento, ma quell'orribile dolce sapore in bocca non vuole saperne di lasciarlo.
Da quante ferite sta perdendo sangue, si domanda?
“Forse il pavimento è tutto rosso, ora... tutti quei colpi... forse ho un'emorragia interna... sto morendo dissanguato!”
Una fitta pazzesca alla schiena lo strappa a questo pensiero e lo conduce ad una nuova considerazione:
“Il dolore... dicono che quando stai per morire non senti più dolore... allora non sto per morire”.
È una follia: gioire per il dolore che sta martoriando il proprio corpo... gioire sapendo che l'alternativa è peggiore.
Ma è così vero? In questa circostanza davvero la morte è peggiore di quello che ha subìto e di quello che lo attende? Perchè non crede davvero che sia la libertà ad attenderlo. Non sarebbe meglio ora abbracciare la compagna di tutti gli esseri viventi? Non sarebbe meglio prenderle la mano e farsi accompagnare da lei nell'ultimo sentiero, com'è destino di tutti? Non sarebbe meglio rispetto al dolore che sta provando?
No...
chi non ha più alcuna speranza parla a questo modo... non può perdere la speranza di fuggire...è ancora giovane per morire... molto, troppo giovane! Deve restare lucido e continuare a ragionare e ricordare... tornare indietro nel tempo fino all'ultimo momento di normalità... di serenità.
Era nel parco vicino casa... le cinque del pomeriggio di un pomeriggio d'estate; solitamente dovrebbe essere un'ora di punta... la gente che torna a casa dal lavoro, il traffico che aumenta, ecc... un parco pubblico sarebbe pieno in una giornata di sole com'era stata fin dall'alba: chi veniva per cercare un po' di refrigerio dal caldo implacabile che da giorni mozzava il fiato, chi sperava di buttar giù qualche chilo facendo jogging attorno al laghetto, chi portava a spasso il cane e chi semplicemente voleva allontanare lo stress della giornata lavorativa stando seduto sulla panchina a leggere il quotidiano o la rivista di gossip preferita, aspettando l'ora di cena.
Tuttavia la maggior parte della gente era già emigrata verso mete molto più ambite di un giardino pubblico... si sa che le ferie si attendono da quando hanno termine l'anno precedente e non si è disposti a rinviare la partenza di un solo giorno, salvo costrizioni. Anche lui sarebbe dovuto partire fra una settimana... alle volte, una partenza ritardata può far risparmiare file in autostrada e soldi nelle strutture alberghiere.
Ma una passeggiata nel parco, per giunta così vicino, non avrebbe fatto male ed il fatto che ci fosse poca gente avrebbe aiutato a portare a casa qualcuna di quelle magnifiche primule, piantate nelle aiuole qualche mese prima; qualche rapida occhiata per essere sicuro di non venire pizzicato, un piccolo colpetto con il coltellino svizzero che gli avevano regalato per il compleanno ed era cosa fatta.
Dei fiori con colori così vivi sarebbero piaciuti senz'altro al suo amore e certamente lei sarebbe stata contenta comunque, anche se non fossero stati confezionati e non venissero da un negozio specializzato... il pensiero gentile era quel che importava e lei adorava i fiori. Aveva già messo la mano in tasca per prendere la piccola lama quando... non ci sono più ricordi... niente, buio totale... il buio è piombato su di lui ed era ancora attorno a lui quando ha riaperto gli occhi.
Per quanti sforzi faccia non riesce a ricordare altro... zero. L'ultima cosa è stata la mano in tasca e... un momento! Il coltello! Forse non si sono accorti che l'aveva quando l'hanno imprigionato! Del resto non ci aveva pensato nemmeno lui se non avesse fatto mente locale.
Certo, un coltellino svizzero dalla lama arrotondata e costato pochi soldi non avrebbe fatto molta differenza ma magari avrebbe contribuito a dare più coraggio.
La mano corre velocemente dentro la tasca dei pantaloni e si mette a cercare il piccolo ma prezioso oggetto... le dita che frugano nervosamente in uno spazio piccolo eppure non sembrano incontrare nulla nella loro ricerca fino a quando l'indice sbatte contro una protuberanza in legno.
Basta scorrere poco più su ed ecco che il polpastrello delinea i contorni dello scudo argentato che decora il manico... trovato!
Prima di prenderlo fuori gli occhi si spalancano e cercano ancora nel buio, in direzione delle pareti e del soffitto... forse vedranno lampeggiare un minuscolo led rosso... forse ci sono delle telecamere appostate... forse qualcuno lo sta spiando... niente, nessun led... almeno non riesce a vederlo. Si sfrega le palpebre e prova ancora qualche volta ma non può mai essere al sicuro al cento per cento; è veramente troppo buio per poterlo essere. Bisogna rischiare! Però potrebbero esserci davvero delle telecamere e se chi sta spiando vedesse comparire magicamente un coltello nelle mani del prigioniero, prima si darebbe dello stupido per non averlo perquisito a fondo, poi entrerebbe nella camera e lo riempirebbe di botte ancora una volta togliendogli anche quel barlume di coraggio.
Ma se non ci fosse nulla appeso al soffitto o alle pareti, si potrebbe iniziare a pensare più positivo.
Combattuto dal conflitto interiore, il prigioniero si dimentica persino di respirare e dimentica anche il suo dolore... poi, quasi un gesto involontario, la mano destra riemerge dalla tasca stringendo la piccola “arma”.
Va sottolineata l'ovvietà del fatto che quella piccola lama non può assolvere molto bene alla funzione di taglio, ma può essere utile per altri compiti più umili... uno di essi molto adatto in questo tipo di frangente.
Dopo aver passato parecchio tempo a tastarle, ha imparato che quelle pareti non sono certo di ferro come quella maledetta porta... non sarà una cosa facile in mezzo a quel buio ma è la sola idea e va sfruttata.
La piccola lama si punta contro il muro ed anche se le mani dolgono, iniziano a fare il loro lavoro... poco a poco l'intonaco cede ed il suono dei frammenti che cadono al suolo infonde nuova forza e regala un sorriso di soddisfazione su quella bocca insanguinata.
Quando pensa di aver fatto troppo rumore si ferma e si guarda intorno tendendo le orecchie verso la porta d'ingresso... poi i nervi si distendono nuovamente ed il coltello svizzero continua a scavare. Non vuole pensare che potrebbe metterci mesi per riuscire ad aprire un varco... non vuole pensare che potrebbe non arrivare da nessuna parte o che potrebbe esservi del cemento armato sotto l'intonaco a frenare la sua speranza... o peggio ancora vuole pensare che la lama possa spezzarsi e rendere nullo tutto quello che ha fatto finora. Non vuole pensare a nessuna di queste tragiche possibilità o non potrebbe far altro che rannicchiarsi su sé stesso ed iniziare a piangere.
Passano i minuti... probabilmente le ore... poi la stanchezza riesce a prevalere... non si può far altro che rimettere il coltellino in tasca e sdraiarsi sul pavimento... il dolore alla schiena è ripreso più forte di prima e le mani sono intorpidite... adesso non sarà un problema addormentarsi. Dovrà avere molta pazienza ma è sicuro che i suoi sforzi saranno premiati.
Come predetto, il sonno arriva velocemente e il poveretto crolla in un sonno senza sogni.
Passa la notte... o forse è trascorsa la giornata... chi può dirlo? I suoi occhi si riaprono sempre sul buio.
Ricorda che qualche volta ha pensato quanto deve essere tremendo essere ciechi... non avere alcuna importanza se gli occhi sono aperti o chiusi... convivere con le tenebre per tutta la vita.
“Oh, mio Dio! No!”
Un'esclamazione disperata per un'altra ipotesi di angoscia che è prepotentemente balzata nella sua testa... se fosse così?? Se fosse diventato cieco? Tutto quel buio non può essere naturale, lo ha sempre pensato... per quanti sforzi facesse non riusciva mai a distinguere nulla in quelle tenebre... ma gli occhi si abituano all'oscurità anche se fitta... qualcosa avrebbe dovuto scorgere, per tutto il tempo passato lì dentro quella maledetta stanza! Tutti quei colpi... al viso oltre che al corpo... possono aver danneggiato i nervi ottici... possono avergli tolto la vista! La spiegazione è tanto semplice quanto spaventosamente triste ed ora non è proprio possibile trattenere le lacrime. Anche quel piccolo buco nel muro non ha più nessun senso.
E l'eco dei ripetuti singhiozzi che rimbomba nella stanza quasi copre il gelido rumore del chiavistello ed il cigolìo metallico della porta che si apre lentamente. Quasi... ma quando si resta in una stanza buia così a lungo senza poter contare sui propri occhi è come se gli altri sensi si amplificassero e quindi le orecchie sentono anche i rumori più insignificanti... e questo rumore, anche se leggero è tutt'altro che insignificante. È IL RUMORE...
“No... basta... basta per favore... non picchiarmi più... non voglio morire... ti prego, ti supplico... perchè mi stai facendo tutto questo? Perchè...? Sono solo un ragazzino...”
Nessuna risposta nel buio. Ma d'altronde ha senso pensare che il misterioso aguzzino possa provare pietà proprio ora? Quante possibilità esistono che egli venga mosso da compassione solo adesso, dopo aver sfogato tanta, troppa violenza su un ragazzino? Un ragazzino portato via alla sua famiglia, alla sua vita ed alla sua serenità mentre stava raccogliendo fiori per sua madre... un ragazzino che ha sopportato più di quanto una persona possa subìre in una vita intera... non può esistere pietà per lui proprio adesso... non avrebbe alcun senso... sempre che vi sia un senso in quello che sta succedendo.
Il buio non risponde ancora alla sua supplica... già pensa che arriverà un pugno... un calcio che aggiungerà nuovo dolore a quello accumulato. Da dove arriverà? Non lo vedrà nemmeno stavolta,è sicuro... ma lo sentirà.
Istanti piatti, uguali in attesa del responso ma non accade niente... niente fino al suono di un oggetto appoggiato sul pavimento... seguito dalla porta che lo rinchiude nuovamente nella prigione di tenebra.
Nessun pugno, nessun calcio... si chiede perchè. Perchè stavolta non è stato picchiato senza motivo? Perchè mai questa volta ha avuto pietà? Fa parte del suo crudele divertimento? Domande troppo difficili che si intersecano ad altre ancora senza risposta ed altrettanto ansiose... meglio cercare di rispondere al quesito più semplice per il momento: cosa c'è per terra a pochi metri da lui? Il ragazzino striscia nella polvere e nello sporco senza pensare... cercando di zittire l'eco di prudenza che ancora vorrebbe farsi largo nella sua mente e che gli suggerisce che potrebbe essere una trappola... forse una tagliola che gli mozzerebbe la mano una volta toccata... una piccola carica esplosiva sufficiente a dilaniarlo... o peggio.
La curiosità non permette alla prudenza di avere la meglio e così le dita arrivano a toccare quella “cosa”... sembra fatta di legno... la forma è circolare o quasi... qualche irregolarità sulla superficie levigata... e l'odore... l'odore che sprigiona da essa e che non è per niente sgradevole... sembra... non è sicuro in realtà... ma si direbbe qualcosa tipo... stufato... ne andava matto a casa; non è quello di casa questo... ma sembra avere lo stesso invitante profumo... e chi se ne frega se è stufato o cibo per cani! Chi se ne frega se hanno messo del veleno all'interno per farlo morire tra gli spasmi! La paura e il dolore hanno cancellato una sensazione che ora è tornata prepotentemente alla ribalta, come un bulldozer che devasta un muro di cemento armato! Adesso è il momento di avere fame... una fame esagerata che non prevede il fatto di essere schizzinosi!
Le mani portano freneticamente alle labbra sanguinanti tutto il contenuto della ciotola... anche il sapore è buono... cipolla, sedano, carota a corredare i pezzi di carne succosa che scivolano quasi interi nello stomaco... anche masticare è diventato superfluo. Perderebbe tempo prezioso e magari chi ha portato il cibo spinto da una misericordia perversa potrebbe decidere di portarlo via e di tornare alla crudele normalità... no, non c'è proprio tempo per masticare! È passato davvero pochissimo ma già le dita annaspano sul fondo senza più afferrare nulla se non i residui di unto e di salsa... una porzione scarsa o una voracità inimmaginabile? Probabilmente entrambi ma quel che conta è che almeno la fame si è assopita ed ha lasciato posto ad un piacevole senso di sazietà che si traduce in sonnolenza... la cosa migliore da fare è lasciarsi andare.
Un sonno profondo che dura... non si sa quanto. È una sorpresa il risveglio: la speranza non è ancora svanita; potrebbe dirsi aumentata persino. Non si è accorto del coltellino e lo ha nutrito: ora ha più energie per continuare a scavare e per cercare di migliorare la sua posizione... resta solo da trovare il punto esatto dove aveva iniziato il suo progetto di evasione.
Il ragazzo è stupìto dall'aver ritrovato il piccolo buco in poco tempo...è come se oltre l'udito, anche il senso di orientamento fosse stato giovato dal buio che lo avvolge. Via con la lama... lo stufato ha davvero regalato nuove energie ed i colpi sono più vigorosi e più decisi. Arriverò dall'altra parte e vedrò la luce... la luce del sole e fuggirò da questo incubo! Questo pensa... e questo desidera con tutto sé stesso.
Alla fine, la lama del coltello passa dall'altra parte del muro evidentemente sottile... ma che c'è dall'altra parte? Non arriva nessun raggio di luce... nessun piccolo bagliore, naturale o artificiale che sia: solo buio anche dall'altra parte... lo stesso maledetto buio. LO STESSO MALEDETTO BUIO CHE C'È IN QUELLA MALEDETTA STANZA!!!! NON PUO' ESSERE!!! NON PUO' CREDERCI!!!
Sembra un interruttore che si spegne... quello che prova è simile: la speranza si è spenta come un interruttore spegne la luce di colpo. Alla fine quello che resta è solo il buio... dentro e fuori. Un buio impenetrabile che rafforza la convinzione di essere diventato cieco... e che riduce le probabilità di fuga in quella condizione. Adesso sembra che anche aver mangiato sia stato uno sbaglio... ha prolungato la sua agonìa per troppo tempo: molto di più di quello che ha la sua mente prima di cedere alla follia; a quel punto non importerà più se è libero o no... e magari l'intenzione di quel fottuto maniaco era esattamente quella. Non si dicono le parolacce... la mamma non sarebbe affatto contenta e quella che ha appena pensato è tra le più brutte! Ma adesso la mamma non è con lui e non lo sgriderà se si sfoga un po'. La mamma non è con lui, questa una delle sue poche, deprimenti, sicurezze. No! Non deve fare così! Non deve mettersi a pensare a mamma e papà proprio adesso! È la cosa peggiore da fare! Lo renderà solo più triste! Lo farà solo piangere e non lo porterà a nulla se non ad altre botte se lo dovesse sentire! Basta così! Deve smettere ora! Deve cavarsela da solo!
Un gemito indistinto... un filo di voce che non è sfuggito all'udito più sensibile. Pareva anche avere un senso.
Una voce dalla sua mente che sta traballando?
Un altro! Un altro più vicino... non è un lamento...è una richiesta d'aiuto... una richiesta disperata che proviene dall'altra parte del muro. Un'anima sofferente intrappolata in un'altra stanza buia. O un trucco?
“Aitutoooo... c'è qualcuno? Aiutoooo...”
La voce è spezzata dalla stanchezza... una voce maschile indifesa e flebile; anche lui è stato picchiato... anche lui è stato sfibrato. Potrebbe essere lui che si diverte! Potrebbe fingere per farsi delle risate alle sue spalle!
I lamenti continuano... ma anche se sono vicini, si fanno via via più leggeri... la voce sta cedendo. Che deve fare? Non sa se rispondere. Può essere un trucco, attento! Può anche non esserlo.
No non può restare indifferente... deve fargli sapere che non è solo! Che non sono soli.
“Chi... chi sei?...”
Solo silenzio al suo titubante appello...
“Chi sei?” chiede con maggior risolutezza “Ti ho sentito... non aver paura! Parlami per favore o penserò di aver sognato la tua voce... e non voglio averla sognata! Non voglio essere solo un'altra volta! Non voglio impazzire!!”
Ancora un silenzio sconfortante segue al secondo appello... poi, finalmente, giunge la risposta tanto attesa:
“Sono qui... non so dove...”
“Io sono Jim. Come ti chiami?”
“Mark... ma... che cos'è questo posto? Dove siamo? Perchè siamo qui?”
“Non lo so, Mark... purtroppo non lo so...”
“Ho solo undici anni... non ho fatto niente! Voglio tornare a casa!”
“Lo so... lo voglio anch'io. Non piangere Mark... vedrai che andrà tutto bene. Ascolta, dobbiamo parlare a bassa voce o potrebbe sentirci.”
“D?" d'accordo...”
“Anche tu ti trovi in una stanza buia? Riesci a vedere niente?”
“No. È tutto buio qui... ho un piccolo portachiavi con me... non me l'ha levato quell'uomo cattivo... c'è una piccola pila sulla superficie. Ho cercato di accenderlo per fare luce ma non sono riuscito a vedere granchè... e l'ho spenta in fretta per paura che mi scoprisse.”
“Non importa... ogni dettaglio è importante! Cosa sei riuscito a vedere? Cerca di ricordare, Mark... anche le cose più elementari possono essere importanti e possono aiutarci a fuggire da questo posto e chiamare aiuto!”
“Non è una stanza grande, Jim... non ci sono finestre né condotti d'aria... solo quella grande porta di ferro...è da lì che entra... a farmi del male... mi ha fatto male tante volte... mi ha fatto urlare e piangere! Non voglio che entri più qui! Voglio andare via! Ti prego, aiutami...”
Il piccolo dito indice di Mark si fa largo nel foro del muro che unisce le due insolite celle... e Jim non esita ad incrociarlo dolcemente con il suo... la larghezza della spaccatura non permette di fare di più ma è più di quanto potessero entrambi mai sognare in un momento del genere... non si conoscono... non possono vedere i loro volti... tutto quello che hanno sono due dita intrecciate e due nomi... ma in quel buio è una cosa bellissima... stupenda.
È un momento che non vogliono far cessare... un momento che vogliono gustare ancora a lungo prima di ripensare alla fuga.
“Non lasciarmi, ti prego...” sussurra Mark fra i singhiozzi, tanto da rendere difficile capire quella frase... ma Jim la comprende invece e gli risponde asciugando gli occhi lucidi:
“Non ti lascio... sono qui con te.”
Dopo qualche istante le dita si separano ma non il legame fra i due sfortunati ragazzi... Jim ha modo di riflettere più di quanto non avesse fatto prima d'ora... sta bruciando le tappe che lo porteranno all'età adulta... adesso è incredibilmente lucido e trova la forza di ragionare ulteriormente su quello che lo circonda.
“Non sono cieco... le stanze sono buie... stanze buie in una prigione buia perchè anche oltre la porta di ferro non c'è nessuna luce... impossibile capire dove siamo... e non possiamo urlare e chiedere aiuto. Neanche Mark ricorda com'è finito qui... abbiamo la stessa età e veniamo dalla stessa città... forse vuol dire qualcosa... ci stava spiando da tempo... ma perchè proprio noi due? Perchè non altri bambini?”
Domande che non trovano risposta. E forse non c'è più molto tempo per avere una risposta. In condizioni del genere non esiste un piano... non è proprio possibile farne uno ma Jim non è più solo... sente che Mark non può reggere per molto...è più debole di lui, anche se ha la stessa età... non è riuscito a superare la prima fase, quella che ha avvolto anche lui al principio... non è riuscito a superare il panico... ed ora il panico l'ha avvolto e lo tiene ben stretto; non riuscirà a tornare calmo. Il prossimo passo è la follia.
Deve proteggerlo! Deve farlo uscire prima che sia troppo tardi.
Un'idea!
“Mark! Mark sei sveglio?”
“Sì...”
“Mi serve il tuo aiuto... riesci a far passare il tuo portachiavi dal buco?”
“No... non posso...è troppo piccolo... non passa!”
“Aspetta, allora... lo allargherò con il mio coltellino.”
Qualche colpo alla parete per cercare di ingigantire lo squarcio ma forse la lama era già troppo consumata e di certo quel piccolo coltello svizzero non è stato creato per fare un lavoro del genere... tutt'al più per tagliare fiori dalle aiuole. Aveva resistito fin troppo... ed il fatto che adesso si spezzi bruscamente non è una sorpresa per Jim... solo una realtà che va accettata per quello che è. È l'unica cosa che può essere accettata in quella stanza.
“Dovremo fare in un altro modo, Mark. Adesso griderò con tutto il fiato che mi resta...”
“NO! No, non lo fare! Arriverà da te! Ti farà del male! Si accorgerà di noi! Ci separerà! NON FARLO JIM, TI PREGO!!!!!”
“Calmati Mark... non c'è nulla di cui aver paura, te lo prometto. Adesso ascoltami... dobbiamo fare qualcosa... dobbiamo farla adesso o sarà troppo tardi. Non sappiamo quanto tempo abbiamo ancora prima che il nostro carnefice si stanchi del suo gioco e ci consideri inutili. E non resteremo vivi a lungo comunque un queste condizioni. Dobbiamo tentare ora! Quando griderò e la porta si aprirà tu dovrai puntare la torcia elettrica del portachiavi attraverso il buco ed illuminare l'ingresso, così potrò stenderlo con la ciotola di legno che ha usato per il cibo! Devi riuscire a farlo Mark... per entrambi.”
“Io... io lo farò, Jim...”
Jim raccoglie la ciotola e la stringe fra le mani... si avvicina in punta di piedi alla porta di ferro e si mette dietro ad essa. È teso... non sa se il suo “piano” sarà coronato dal successo e se Mark avrà la forza per fare quello che deve... ma adesso non è più tempo per pensare... si deve agire subito.
Quando le grida escono acute dalla sua bocca, anche lui stesso si meraviglia: non immaginava certo di avere ancora così tanto fiato in corpo. Le invocazioni di aiuto rimbalzano in ogni parete e nella sua testa... anche Mark le sente come se fosse di fianco a lui; per qualche secondo, lo sfogo di Jim si spreca nella stanza dopodichè egli si zittisce ed attende dietro la porta. Attende trepidante la reazione voluta e sorride soddisfatto quando sente il chiavistello scattare e la porta aprirsi. Può sentire benissimo i passi del nemico che si fanno strada sulla soglia... le mani stringono ancora più forte la ciotola di legno e quando sente vicina la sua presenza... quando sente che è il momento giusto, il suo segnale è dato:
“ADESSO MARK!!!”
La piccola luce artificiale del portachiavi si accende istantaneamente dopo l'urlo di Jim ed il minuscolo fascio luminoso si fa strada nel buco della parete ed illumina, sia pure molto debolmente, i pressi della porta di ferro. Jim non riesce a distinguere bene i lineamenti del carceriere ma può distinguere la sua sagoma e questo gli basta... con tutta la forza che le braccia della sua età possono avere, la ciotola di legno descrive la sua curva e si fracassa in pieno sulla testa del bersaglio selezionato.
Il rumore dei cocci che si schiantano al suolo precede solo di un istante un lamento di dolore che non sfugge alle orecchie di entrambi i ragazzini; ancora una volta Mark illumina la scena, quel tanto necessario per far sì che il calcio si abbatta sul ventre del cattivo.
Ancora un altro suono, più ovattato ma anche più intenso dei cocci della ciotola... l'aguzzino è crollato al suolo privo di sensi o perlomeno stordito... il piano è riuscito!
Jim aveva pensato di non riuscire più a ricordare come si sorride ma adesso che corre nel corridoio, oltre la stanza buia che l'ha trattenuto così a lungo, crede di avere un bellissimo sorriso stampato in volto anche se non riesce a vederlo.
“Mark!!! Mark ce l'ho fatta! Ce l'ho fatta!!! arrivo a liberarti!! È finita Mark!!”
D'un tratto un dolore fortissimo alla nuca... proprio alla base del collo... un dolore che mozza qualsiasi movimento all'istante e perfino qualunque emozione... un dolore che non riesce a contrastare... un dolore al quale è destinato a cedere.
“Non l'ho colpito abbastanza forte... si è rialzato e mi ha preso alle spalle... o forse non era solo... un altro faceva la guardia oltre la porta e non l'ho visto... era buio, come potevo vederlo??? Come ha fatto a vedere me? Come facevano loro a vedere sempre me?... non importa come... non ha nessuna importanza perchè il risultato non cambia... ho fallito...”
Questa consapevolezza è ancora più pesante all'interno di quella stanza buia che potrebbe iniziare a chiamare casa. Il dolore alla nuca è ancora abbastanza forte... sente una specie di ronzio alle orecchie che gli fa pulsare le tempie; è stato un colpo molto forte ma si stupisce di essere ancora vivo. Anche il fatto di non riuscire a parlare è un problema attuale: qualcosa gli preme le labbra... un sapore di plastica... nastro adesivo... non vogliono che prenda l'iniziativa di gridare ancora.
“Anche Mark sarà stato punito? Avranno fatto del male anche a lui? L'avranno imbavagliato? Povero Mark, che aveva riposto la sua fiducia nel nuovo amico... credeva che l'avrebbe riportato a casa... che lo avrebbe restituito alla sua famiglia, ma non ce l'ha fatta. Ed ora non ha la minima idea di quello che accadrà. Di certo quel nastro sulla bocca non è un buon presagio.
È l'istinto che porta la mano di Jim alla bocca per strappare quella fastidiosa barriera, tuttavia le sue mani si fermano quando le orecchie sentono qualcosa vicino a lui... un respiro pesante... una presenza in quella stanza buia; sta arrivando la punizione per aver cercato di scappare? Sta arrivando l'ennesima razione di botte?
Una voce lo strappa all'attenzione verso quella presenza:
“Uccidi... o sarai ucciso.”
Una frase breve. Poche parole che hanno espresso un significato chiarissimo. Una scelta da fare immediatamente, a quanto pare... una scelta ripugnante per qualunque persona, per qualunque età... una scelta da incubo... l'unica scelta che può salvargli la vita.
Adesso è piombato nuovamente il silenzio nello spazio angusto. Solo i due respiri a spezzare debolmente quel mutismo.
Jim ha completamente dimenticato lo scotch sulla bocca... le pupille scrutano il vuoto delle tenebre ed egli si sta chiedendo quale sarà la sua scelta.
Un sibilo. Un gemito di dolore soffocato dal nastro. Un bruciore acuto al braccio sinistro. Il suo braccio... il suo dolore.
Sente bagnato da dove brucia... sangue? Non può sentirne il sapore dolce ma sa che è quello.
A quanto sembra, il suo compagno di stanza ha impiegato poco tempo per decidere. Ha già fatto la sua scelta ed ha obbligato Jim a scegliere di conseguenza.
Un altro sibilo... il bruciore colpisce il fianco questa volta... deve reagire al più presto o non avrà più forza per farlo... nè il tempo, perchè il prossimo attacco potrebbe essere l'ultimo per lui.
“Cancella il dolore! Concentrati! Devi cercare di capire dove si trova!”
I sensi all'erta... un ragazzino di undici anni che lotta per la propria vita... un ragazzino che non ha più la mente di un ragazzino... ora nella sua mente cerca la ferocia... cerca l'odio che lo può tenere in vita... niente più innocenza, niente più fiori da raccogliere nelle aiuole del parco.
Jim è divenuto un altro... non un adulto... semplicemente un altro.
Il terzo sibilo che fende l'aria... ma stavolta non fa seguito nessun bruciore e non una goccia di sangue che esce dalla ferita... anche se non riesce a comprendere nemmeno lui come abbia fatto, è riuscito ad evitare il colpo. Ma l'avversario è ancora lì... ci riproverà. Deve sconfiggerlo se vuole vivere! Deve ucciderlo o verrà ucciso!
Frugando nella tasca, Jim ritrova il coltellino... la lama è spezzata ma forse può far male se piantata con forza... proprio questo pensa.
Il respiro dell'avversario è vicino... lo sta per individuare... concentrazione... concentrazione...
Lo schiocco di qualcosa che si sbriciola a terra! I FRAMMENTI DELLA CIOTOLA!! HA PESTATO I FRAMMENTI! ORA SO DOV'E'!!!
L'affondo scatta proprio davanti a sé... e dal buio si leva un grido soffocato... anche l'altro aveva lo scotch sulla bocca. Negli attimi di silenzio che seguono, Jim sente la mano che impugna l'arma improvvisata bagnarsi copiosamente... lascia il manico del coltello che non cade sul pavimento...è il corpo del nemico a schiantarsi su di esso.
Ha ucciso quel maledetto che aveva rapito lui e Mark, finalmente? Ha ucciso chi aveva fatto loro troppo male? Può essere stato così semplice, in fin dei conti?
Uno, due, tre, dieci lampi che disintegrano le tenebre... quella stanza illuminata come fosse immersa nel sole... quelle luci che frustano le pupille di Jim e lo costringono a farsi scudo con le mani... fin quando il pizzicore diventa sopportabile e consente di sollevare le palpebre il necessario per guardarsi intorno... e vedere il corpo immobile davanti a lui. Il corpo pieno di sangue ed il coltello piantato nel petto... lo scotch sulla bocca... una scheggia di pietra appuntita nella mano sinistra e quel portachiavi accanto alla mano destra... il portachiavi con la torcia elettrica... come quello di Mark.
Jim si libera la bocca con uno strappo secco e doloroso... gli occhi adesso sbarrati che non possono smettere di fissare il cadavere del suo amico... un ragazzino come lui, pieno di paura... un ragazzino con cui ha condiviso dolore, speranza e paura... un amico che ha appena ucciso per la propria sopravvivenza.
“Mark!! MARK!!! NO!! RISPONDIMI!!! Io... io non volevo... non volevo... perdonami...”
ancora quella voce... dall'altoparlante incastrato sul soffitto:
“Hai superato la prova. Inizierai l'addestramento,”
La porta di ferro si apre ed il grosso uomo prende Jim e lo porta con sé: adesso lui non ha più la forza per fare nulla. È sconvolto, è confuso... e molto altro nella sua mente... ma gli insegneranno a dominare ognuna di quelle sensazioni che potrebbero distoglierlo dal suo compito... come gli hanno insegnato a dominare la paura... ad orientarsi nel buio... ad uccidere per la propria vita... a non avere bisogno di nessuna famiglia e di nessun amico. Gli insegneranno a dimenticare Jim stesso... perchè Jim è morto in quella stanza buia assieme a Mark.
Imparerà tutto ciò che è necessario senza essere un perdente... qui non c'è posto per i perdenti... non c'è posto per chi ha paura. E solo chi non ne avrà uscirà dalle tante stanze buie che affiancano quel corridoio.
Solo i veri killer.
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0 recensioni:
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- Bellissimo racconto, dove la necessità di sopravvivere prevale sul senso di umanità.
Fino all'ultimo ho sperato in un risvolto positivo e invece... la crudeltà ha vinto
Ottima lettura, complimenti!
- bravissimo,
pieno di suspance,
mi sembrava di essere al cinema
bravo
- Mamma mia... l'ho letto tutto di un fiato! Davvero appassionante... complimenti!! Non riuscivo ad immaginare come sarebbe andato a finire!!!!! Bravo!!!!!
- Scuami, al posto di girevole leggi GRADEVOLE.
- Racconto singolare, composizione febbrile e attraente. Corretta la forma e girevole la lettura.
- Molto originale, complimenti... belle le due circostanze di salvezza irrisolte che rimettono in gioco il racconto con colpi di scena imprevisti... la metafora del corridoio con stanze e altrettante prove sembra la vita stessa, che il più delle volte impone la crescita in termini di sopravvienza... Bravo!
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