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Il Biciclettaio

(il giorno in cui mi accorsi della nascita di una parola nuova)

Era la Tua bicicletta. Non le avevi mai dato un nome, anche se so, che le parlavi con affetto. La catena cadeva spesso, ma ormai riuscivi a rimetterla a posto senza sporcati le mani. Il freno posteriore non frenava, ma quello anteriore funzionava benissimo, anche troppo. L’asta che teneva il parafango era attaccata con lo scotch da pacchi.
Era il tuo “scarafone” e la legavi con quella catena arrugginita dal lucchetto lucente. Nessuno guardava la bicicletta. Erano attratti dall’elegante postura della tua pedalata, dal cappellino che ti coronava il viso, dai guanti da ciclista, dai sandali romani che ornavano i tuoi piedi. La sua posizione schiva e secondaria ti faceva pensare che non avrebbe mai trovato uno spasimante.

Al telefono dal tono del tuo saluto capii subito che era successo qualcosa.
Mi hai detto- Dalla finestra ho guardato giù nella piazzetta e la bicicletta non c’era più-
ed io-ti hanno rubato la bici! ma sei sicura?-
-sono scesa e la bicicletta non c’era più. Qualche giorno fa avevo visto delle facce da zingari passare nella piazzetta, ma con il fatto che c’è il bar li vicino, pensavo non avessero il coraggio. E adesso come faccio?. La bicicletta mi serve per lavorare, domani devo andare a Reschigliano e nel pomeriggio devo tornare qui-
Non avevi mai usato la parola “rubato”. Il non pronunciarla aveva un significato scaramantico? non adoperandola la bici sarebbe riapparsa d’incanto?
-Non preoccuparti. Questa sera vengo a prenderti e vedrai troveremo una soluzione-
In un soffio sentii -il biciclettaio -

Quando Raissa salì in auto, aveva il suo mitico sorriso un po’ tirato e guardandomi sussurrò
-poco prima avevo buttato l’occhio giù in piazzetta e Lei c’era. Adesso come faccio con il lavoro?-
Guardai l’orologio, erano le 19, 00.
Mi ritrovai a dire-vista l’ora, l’unica alternativa è il biciclettaio-
Pensavo tra me “biciclettaio” che parola strana. Io non l’ho mai usata. Come cavolo si chiama quello che ripara le biciclette. Forse ho sempre usato una parola dialettale. No. Meccanico. Da ragazzo lo chiamavo meccanico da biciclette per distinguerlo da quello che riparava automobili. Sentito così me lo immaginavo seduto su uno sgabello alto intento a smistare biciclette. Più un bigliettaio. Ecco l’assonanza era questa.

L’officina del biciclettaio si trovava in una via interna del quartiere Arcella. Quando frequentavo le Medie percorrevo quella strada e lì c’era un Trani, una rivendita di vino, e il proprietario, un signore molto grasso, aveva un Galletto Moto Guzzi.

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1 commenti:

  • Monica d il 04/09/2008 17:05
    Bella Paul. Un fatto molto semplice raccontato con cura e tenera attenzione.

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