“Un maledetto viaggio... un maledettissimo, dannatissimo viaggio. Non avrei dovuto accettare! Li avrei dovuti mandare a fanculo sin dall'inizio! Non ho neanche un cazzo di spese di viaggio! Dovevo mandarli davvero affanculo!... già e poi? Rifletti, brutto idiota! Come avresti pagato l'affitto? Le bollette? Che avresti detto a Julie? Lei non sa neanche che hai perduto il tuo precedente impiego perchè un ragazzino laureato con quasi vent'anni in meno di te te lo ha fregato alla grande, spezzando di colpo tutte le tue basi... tutte le tue certezze che ti parevano di cemento armato ed a prova di bomba e sulle quali posavi pesantemente il culo, sono crollate come un castello di sabbia invaso dalle onde; quasi non te ne sei nemmeno accorto fino a che non hai sentito il tonfo ed il male alle chiappe... e dopo vent'anni di onesto impiego statale nel tuo piccolo ufficio postale del cazzo, ti sei ritrovato in mezzo alla strada. Non te lo saresti mai aspettato! Un fottuto bambino prodigio con una pergamena in una cartellina rossa è entrato quel giorno, tutto elegante e leccato di una non ben precisata gelatina in testa, ha chiesto un colloquio e ti ha fatto sbattere fuori... ti hanno detto senza tanti fronzoli che era più adatto di te a coprire il ruolo che avevi coperto per tanto tempo ma la verità la sai tu, la sanno i tuoi capi e la sa anche il nuovo assunto... lui la sa meglio di tutti dal momento che verrà pagato molto più di te per fare molto meno di te... ma così va il mondo adesso... largo ai giovani! Così si dice, no? Ci hai messo poco a realizzare la cosa... almeno sei stato più svelto di altri e non hai pianto come un bambino... in questo sei stato coraggioso. Hai preferito farti un paio di birre nel bar di Sam senza raccontare la tua disavventura... hai fatto un giro in centro ed hai ingannato un'oretta del tuo tanto tempo libero a guardare distrattamente le vetrine dei negozi. Julie ha sempre voluto quel bellissimo cavallo impennato posto in primo piano sulla vetrina della bottega di vetri italiani di Murano. Un soprammobile estremamente affascinante... il vetro lucido riflette i colori dell'arcobaleno e fa sembrare qualsiasi diamante un misero fondo di bottiglia...è un bellissimo quadrupede da esposizione... molto fiero ed elegante ed anche se ti sembrava troppo costoso, avevi intenzione di regalarlo a tua moglie prestissimo, magari anche il prossimo natale... sarebbe stata una sorpresa di primo livello. Purtroppo, la ruota del destino si è fermata nel punto sbagliato e la sorpresa è arrivata a te... una brutta sorpresa ed ora il cavallo si è allontanato al galoppo dalle tue possibilità. È stata dura far finta di nulla quando sei tornato a casa, ma te la sei cavata... hai sfoderato il tuo sorriso migliore ed ai cenato con lei parlando del più e del meno come tutte le sere e dicendo addirittura che non era successo niente di straordinario al lavoro... una giornata di routine... anche monotona... hai proprio usato queste parole. Una interpretazione da Oscar! Di notte hai avuto qualche difficoltà ad alzarti da letto senza svegliarla ed a ficcarti su internet per trovare qualunque annuncio di lavoro che non richiedesse una stupida laurea né una stupida cartellina rossa. Un lavoro alla tua portata, insomma. Per fortuna l'hai trovato e sei riuscito ad accaparrartelo anche se non è dei migliori. Hai mentito ancora alla grande quando hai detto a Julie che avresti sostituito un collega alla filiale di Phoenix e che dovevi partire subito... lei era un po' preoccupata dal viaggio e si era offerta di prendere un paio di giorni di ferie per venire con te e farti compagnia... che gran donna! Non puoi davvero lamentarti di nulla per quel che la riguarda! Cucina bene,è premurosa, tiene in ordine la casa e ti ama sinceramente! Che si può volere di più? Ti ama così tanto che ti avrebbe accompagnato per tutto il viaggio e sai bene quanto avresti voluto la sua compagnia...è stata dura rifiutare, ma doveva andare in questo modo o l'inganno non avrebbe retto e lei sarebbe rimasta delusa sia per il fatto di avere perso il lavoro sia per averle tenuta nascosta la verità e di averla frastornata con un cumulo di balle ad arte. Non potevi proprio permetterti di accompagnarti così le hai dato un bacio, le hai detto che saresti tornato il prima possibile ed eccoti qua... su questa cazzo di Mustang Fastback del 1967. Una macchina da cinquantamila dollari... da consegnare ad un fottuto riccone di Phoenix che non aveva voglia di fare tre stati per venirsela a prendere... così tocca a te. Tre giorni per consegnarla... tre giorni per passare tre stati, da Houston a Phoenix... almeno ti avessero chiesto di portarla a Las Vegas, a Los Angeles... in qualunque altro posto dove avresti potuto divertirti un po' di più. Invece dovrai girare soltanto per città piene di sospettosi contadini del cazzo e costeggiare canyon o zone desertiche senza niente per decine di miglia. Non lo disprezzare, in fondo è il tuo nuovo lavoro! Non avevi altra scelta; adesso devi tenere duro e portarlo a termine nel miglior modo possibile... nell'unico modo possibile. Quella macchina deve arrivare a destinazione senza un graffio... in un certo senso ti hanno dato un lavoro di grande responsabilità! E ti hanno pure detto che se fosse andato tutto liscio ed avessi rispettato i tempi, ti avrebbero assunto a tempo indeterminato e non più in prova... da lì in poi sarebbe tutta discesa! Sei solo, non c'è nessun concorrente più giovane che può rubarti il lavoro né metterti i bastoni fra le ruote adesso... non può che andare tutto bene e sarà proprio così! Ma cerca di non addormentarti, cazzo!!”
È notte fonda ormai... l'orologio digitale vicino al contachilometri segna le due e quindici del mattino... un giorno di viaggio è trascorso ma il navigatore è implacabile e dice silenziosamente che non hai ancora passato il confine del Texas...è probabile che ci voglia ancora un'oretta buona. Non c'è anima viva sulla strada... una strada dritta e monotona, l'asfalto rovinato e scolorito dal sole che picchia di giorno... solo il rumore del motore ed i sobbalzi di qualche cunetta che non si è riusciti ad evitare fanno compagnia all'improvvisato autista. John non ha mai guidato molto nella sua vita, anzi era sempre ben felice di evitarlo ed ora è costretto a percorrere circa milleduecento miglia per giunta su una vettura di un altro... non ha mai condiviso la frase di amici o parenti sul fatto che guidare sia rilassante... ha già un male al collo che gli nega qualunque comodità sullo schienale ed il sonno che lo assale non è indice di relax quanto di noia estrema. Vorrebbe fermarsi a dormire ma come si può fare? Sarebbe semplice se avesse denaro sufficiente a pagare benzina, hotel e ristoranti... il fatto è che non può permettersi di rischiare: rimborseranno quel che ha speso una volta tornato a Houston... nessun anticipo spese ai lavoratori in prova, è la politica dell'azienda... ragion per cui è meglio limitare gli alberghi e dare precedenza al carburante, senza poi dimenticare il tempo a disposizione: tre giorni non sono poi così tanti ed anche guidare per una buona parte della notte aiuterà a stare in anticipo sulla tabella di marcia. Potrebbe fermarsi e dormire in auto per qualche ora ma in questo momento non vuole cedere al sonno... non esiste assolutamente nulla sulla strada che sta percorrendo e la luna è coperta dalle nubi... gli abbaglianti sono l'unica luce che possa squarciare le tenebre ora; neanche un lampione ad aiutarlo... non può fermarsi in quella zona... quesri posti sono strani... di giorno sei costretto a guidare in città in mezzo al traffico e non puoi fare altro che innervosirti e percorrere poche miglia e non ti vuoi fermare prima di uscire dai centri abitati ed avere la strada libera... una volta raggiunto lo scopo, però, ti rendi conto che quei lunghi serpenti d'asfalto che strisciano lungo il deserto non appaiono così rassicuranti come potrebbero suggerire a qualche turista: pare non ci sia anima viva ma non puoi averne la certezza matematica e pernottare in mezzo al niente che può nascondere mille insidie non è molto intelligente. È meglio andare ancora un po' avanti... incontrerà una stazione di servizio, un paese anche minuscolo dove possa tirare un po' il fiato... deve resistere al sonno ancora un po' e di sicuro accendere l'autoradio non può fare che bene.
Sulle note squillanti di “Sweet home Alabama”, il viaggio continua nella notte nuvolosa e fortunatamente la canzone ottiene l'effetto di scacciare Morfeo. Una canzone dei suoi tempi che John canticchia saltellando sul sedile, con l'entusiasmo che aveva quando era ragazzino... più di una volta è andato ad un concerto dei Lynird Skynird... uno dei suoi gruppi preferiti; ne aveva tanti di gruppi preferiti... tanti e nessuno a dire il vero; quello che importava era che fosse musica rock e che facesse da cornice alle numerose serate di goliardia passate fuori casa. Bei tempi quelli! Nessun pensiero neanche all'orizzonte, neanche l'ombra della pancetta che adesso lo appesantisce e che lo fa ritrarre dal guardarsi allo specchio a torso nudo... ed ovviamente parecchi capelli in più in testa. Nonostante tutto questo, Julie non ha mai perso la sua passione per l'uomo che ha sposato ma in fondo John non è da buttare: il tempo gli ha lascito qualche segno, d'accordo, ma non troppi in fondo... e quel ragazzo tutto divertimento ed entusiasmo sembra riapparire fra le note della canzone e scatenarsi in pista per un ultimo ballo.
La strada sembra molto meno piatta e monotona adesso... nonostante abbia i suoi anni, la Mustang si difende a meraviglia ed anche quella vecchia autoradio sembra sia la prima volta che viene accesa; trasmette un suono pulito, nessun fastidioso disturbo di frequenza... una stazione radio che pare avere il migliore segnale d'america.
Una stazione radio che sta trasmettendo un revival anni sessanta a quanto pare. Dopo Sweet Home Alabama è la volta di Stand by me, di Tutti Frutti e successivamente di Twist and Shout... ed è solo l'inizio. I minuti trascorrono rapidissimi sotto l'accompagnamento musicale e John ha persino dimenticato il dolore alla cervicale che gli faceva digrignare i denti solo mezz'ora prima.
Ma è pur vero che il corpo umano ha innegabilmente dei limiti e che dopo averli superati un po' di riposo sia assolutamente doveroso, così, quando i primi sbadigli gli fanno lacrimare gli occhi e le palpebre si fanno nuovamente pesanti, non c'è canzone rock che tenga più.
Meglio dare ascolto ai segnali del proprio corpo e far riposare sia l'uomo che la vettura: ci mancherebbe altro che arrivasse a destinazione con il motore fuso! Dove fermarsi però? Per quanto aguzzi la vista non riesce a scorgere... un momento. Una sagoma sulla sinistra si fa sempre più grande e distinta.
È proprio un locale! Del resto, la scritta Diner riportata sull'insegna in alto non lascia molti dubbi. Il viaggiatore accosta immediatamente ed entra nel parcheggio sterrato del posto di ristoro. Tutta la proprietà è delimitata da una staccionata di legno in pessime condizioni ed una volta sceso dall'auto ed aver dato una rapida occhiata intorno, John può vedere che anche la costruzione ha passato momenti migliori. Le pareti di cemento sono decorate da grosse crepe e la vernice gialla è quasi un ricordo. Le lettere N e R di diner non hanno la fortuna di essere illuminate dalla pur debole luce blu che tocca alle loro compagne; possono solo brillare di pallida luce riflessa ma anche così, senza l'aiuto della luna ancora accecata dalle nubi il locale sembra riportare l'inquietante nome di morte... Die, appunto.
Una cosa è certa, però: il caffè non sarà certamente costoso... anche se probabilmente non sarà nemmeno della massima qualità.
In ogni caso John ha bisogno di caffè e di stendere le gambe... due bisogni irrinunciabili... e non sarebbe intelligente aspettare la prossima area di sosta. Meglio farsi coraggio ed aprire la porta di vetro.
Come a voler confermare il detto di non giudicare dalle apparenze, l'interno del locale non rispecchia affatto l'impressione iniziale: pareti, pavimenti, tavoli, sedie, banco... tutto splendente ed ordinato; davvero difficile da credere in un posto così isolato.
I numerosi neon che tappezzano il soffitto danno un po' fastidio agli occhi arrossati dal sonno ma questo non rappresenta che un piccolo e momentaneo problema.
Il tempo di sedersi e le pupille si sono già abituate alla luce, potendo così scorrere al meglio le voci sul menù poggiato sulla superficie in acciaio del bancone... anch'essa sorprendentemente liscia e pulita.
“Buonasera signore.”
John sobbalza sul seggiolino.
La figura dall'altro lato del bancone pare apparsa come un fantasma... non c'era un secondo prima... ma forse è solo la stanchezza che gli ha giocato un brutto scherzo e che evidentemente annebbiato i suoi sensi.
D'altro canto, non è il caso di avere paura... l'espressione del gestore del posto è sinonimo di rassicurazione: il sorriso cordiale e lo sguardo educato e sincero, corredati dalle guance paffute e leggermente rosate che fanno da presentazione alla sua notevole stazza e che lasciano sfuggire un sorriso divertito all'avventore. Un tipo di persona che veramente non ci si aspetterebbe di trovare in mezzo al nulla.
Una figura che infonde simpatia e che contribuisce a rilassare e scacciare lo stress del primo giorno del nuovo lavoro.
“Vuole ordinare?”
“Basterà una bella tazza di caffè... per il momento.” risponde John, posando nuovamente il menu sul bancone.
“Arriva subito. Perchè non si accomoda ad un tavolo? Le sedie sono certamente migliori di questi trespoli... ho appena fatto cambiare l'imbottitura e le garantisco che ne vale davvero la pena.”
“Accetto la proposta!”
Alzatosi pigramente dal suo posto e fatti i pochi passi per raggiungere il tavolo più vicino, John si accorge di aver guadagnato nello scambio e della sincerità del barista non appena le sue chiappe poggiano sul soffice cuscino imbottito della sedia. Una sensazione di goduria indescrivibile, altro che Mustang! Sarà pure una macchina da ricconi ma in quanto a comodità ha ancora molta strada da fare!
“Aaahhh... bellissimo...”
“Bellissimo, vero? Gliel'ho detto: tutti i miei clienti hanno fatto la sua stessa espressione beata quando hanno poggiato il culo su queste sedie! Anche questo è un motivo che mi fa amare il mio lavoro. Io sono soddisfatto quando i miei clienti sono soddisfatti!”
Ancora una volta, John è stato colto alla sprovvista dalla repentina apparizione dell'uomo in grembiule e cappellino bianco:
“Accidenti! Lei si avvicina sempre di soppiatto alle persone?”
“Ah, Ah, Ah!! Ha ragione, la prego di scusarmi! Sembra incredibile, vero? Nonostante non sia davvero un fringuello, ho il passo molto leggero. Ecco il suo caffè... sentirà che bontà!”
Ed è davvero così... uno dei caffè migliori che abbia mai bevuto! Quel luogo sembra una miniera di piccole e piacevoli sorprese ed avervi fatto sosta si è dimostrata la scelta giusta.
John gusta la bevanda calda a lunghi sorsi ed esprime la sua approvazione senza riserve:
“Non ho parole...è davvero ottimo! Non ho mai bevuto un caffè così saporito! Vien voglia di fare il bis!”
“Nessun problema signore!”
La tazza viene generosamente riempita la seconda volta e John non si fa pregare a fare ancora onore alla bevanda.
“Complimenti davvero! Sono lieto di essermi fermato qui!”
“Ed io lo sono altrettanto, signore! Come può vedere è una serata piuttosto fiacca e cominciavo a perdere le speranze di avere visite!”
“Beh... diciamo che la posizione del locale non aiuta molto.”
“Non si lasci ingannare dalle apparenze, signor...”
“Mi chiamo John. John Emerson.”
“Io sono Sam. Proprietario e gestore di questo locale. Sono il mio factotum, in poche parole.”
Una bella e vigorosa stretta di mano sembra il catalizzatore di quello che si presenta come il principio di una bella amicizia. Non abbandonando minimamente il proprio sorriso cordiale e bonaccione, Sam riprende poi il discorso interrotto:
“Dicevo prima di non lasciarti ingannare dalle apparenze, John! Non lo hai fatto quando sei arrivato, del resto. Lo so che da fuori questo posto può sembrare una vera topaia se non addirittura abbandonato ai topi, ma ho sempre pensato che bisogna concentare i propri sforzi per abbellire ciò che si trova all'interno e non all'esterno... perchè è ciò che davvero rimane nei ricordi di ognuno. Pensaci bene: è meglio restare a bocca aperta fissando la facciata e poi restare delusi per ciò che si trova all'interno o il contrario? Chi entra qui lo fa certamente pieno di scetticismo e con una punta di disgusto e probabilmente lo fa per il fatto di aver paura di non trovare nulla per molte miglia avanti... ma tutti i miei clienti escono dal mio Diner con il sorriso sulle labbra e con un pizzico di serenità in più nel cuore. Bada bene che non sto facendo lo spaccone: quando dico tutti i miei clienti, voglio dire davvero tutti e ti posso assicurare che sono isolato solo in apparenza... molti si fermano qui durante il giorno e parecchi durante la notte. Diciamo che questa è l'eccezione che conferma la regola... può essere che queste nubi non aiutino ad illuminare la mia già poco visibile insegna... quella dovrei sistemarla un giorno o l'altro, in effetti. Comunque adesso sei arrivato tu e questo mi è bastato per ridarmi fiducia nel mondo e nel mio lavoro!”
“Addirittura? Ho questo grande merito?”
“Noto una punta di sarcasmo...”
“Scusami Sam: non era mia intenzione...”
“Oh, non preoccuparti! Posso capire. Ma se sono ancora qui è per le piccole gioie che può dare la vita... non serve poi tanto per essere felici, non trovi? Secondo me basta soltanto avere le idee chiare e fare quello che ti senti dentro: il resto viene da sé. Non mi prendere per un eremita... ho passato parecchi anni in una grande città. Quando non ne ho potuto più sono fuggito ed ho raggiunto qui il mio sogno. Non c'è violenza qui. Non c'è tristezza né disperazione: preferisco lasciarle fuori dalla porta. Chi si ferma nel mio bar può respirare un clima di serenità e di riposo dalla frenesia della vita quotidiana. È la mia presentazione, John. Umile ma sincera. Penserai che la vita solitaria mi ha dato di volta il cervello, vero?”
“No, Sam... tutto il contrario: in realtà ti invidio. Hai descritto alla perfezione tutto ciò che sento mancare alla mia vita in questo momento e quello che mi serve.”
“Ormai sono diventato un mezzo indovino in queste cose, John... quando ti ho visto entrare, ho letto nei tuoi occhi che avevi davvero bisogno di fare una sosta.”
“Già... sono così stanco...”
“Se ti va ho una stanza nel retro... il materasso del letto ha la stessa imbottitura delle sedie. Sono sicuro che crollerai come un sasso dopo due secondi. Che ne dici?”
“Mi piacerebbe davvero... ma credo di essermi fermato anche troppo a lungo; ho ancora un sacco di strada da fare e non posso permettermi di arrivare in ritardo neanche di un minuto.”
“Posso farti una domanda?”
“Ma certo... prima siediti, però.”
“Beh, se preferisci ripartire io non...”
John resta muto per qualche istante... lo sguardo si poggia sulla Mustang parcheggiata poco lontano... e la sua mente corre al viso di Julie... potrebbe essere abbracciato a lei adesso... invece deve portare quel maledetto ferrovecchio da quel petroliere piantagrane. Accidenti a quel lavoro!
“Sai che ti dico, Sam? Ho davvero bisogno di parlare con qualcuno. Siediti per favore... abbiamo entrambi da lavorare ma nessuna fretta in fondo. Fammi compagnia ancora un po'. E spara pure la domanda.”
“Che fai con quella Mustang? Non sembri davvero il tipo che si addice ad una macchina del genere e non mi riferisco al costo. Si vede ad occhio che sei una persona molto semplice. Alla mano, per così dire.”
“Tu cosa pensi? Perchè porto una macchina così?”
“Beh... non lo so. Magari sei un ladro d'auto ed ora che l'ho scoperto dovrai uccidemri e nascondere il mio cadavere nel baule assieme a quello del proprietario. Ci sono andato vicino, eh?”
“Ah, Ah, Ah! Potrebbe anche essere, Sam! In un certo senso sarebbe sicuramente più interessante della verità”
“Non è detto, John...” risponde Sam sempre sorridendo “Tutte le verità sono interessanti. Sta a noi vederle come tali e contagiare chi ci ascolta”.
“In realtà c'è ben poco da ascoltare. Il fatto è che devo guidare quella macchina fino a Phoenix dove la aspetta un Rockfeller di non so quale impresa; in pratica sono il corriere che porta il giocattolo nuovo al bambino viziato. È il mio nuovo lavoro ma non posso dire che sia quello che avevo nei miei sogni. Lo sto facendo per necessità dopo che un ragazzo mi ha fregato il mio vecchio mestiere... e la cosa che mi fa vergognare di più è non aver detto niente a mia moglie.”
“Quindi lei non sa che ti trovi qui, adesso?”
“Sa che sto andando all'ufficio postale di Phoenix per sostituire una persona. Una sorta di trasferta insomma.”
“Non capisco, John... perchè non dirle la verità?”
“Non ho più l'età per dire certe verità a mia moglie, Sam. Non potevo guardarla negli occhi e dirle di iniziare a preoccuparsi per come avremmo potuto tirare avanti d'ora in poi. Mi sono adagiato sugli allori da molto tempo e non avrei mai creduto potesse capitarmi una simile sfiga! Di colpo in mezzo ad una strada: sto ancora elaborando lo shock... non avrei mai potuto darlo anche a Julie. Detta in questo modo sembra che io sia un'eroe, ma so che mi sono comportato da vigliacco e infatti avrei una gran voglia di vederla seduta accanto a me. Le sarebbe piaciuto conoscerti: avete lo stesso carattere espansivo.”
“Già...è un vero peccato che non sia qui anche lei. Ad ogni modo ti sei già dato la risposta da solo... hai fatto uno sbaglio e ne sei conscio, ma forse non tutti i mali vengono per nuocere e magari fare questo viaggio può essere l'occasione giusta per conoscerti meglio e sapere davvero quello che conta per te.”
“Sempre ottimista, eh?”
“È la mia malattia, ah, ah!!”
“Di certo adesso ho solo bisogno di far riposare gli occhi per un po'... credo che accetterò la tua offerta circa la camera che hai sul retro. Ma non farmi addormentare, per favore... al massimo fra una mezz'ora voglio ripartire. Ci terrei a passare il primo confine alle prime luci dell'alba.”
“D'accordo, ragazzo. Arrivo subito.” risponde Sam, alzandosi dal tavolo “Vado ad accendere i fornelli in cucina e poi vengo a farti strada.”
“Grazie.”
Il corpulento barista si è appena allontanato che John sente ripiombare la stanchezza su di sé. Nonostante i due caffè il sonno non vuole saperne di andare in pausa e quasi meccanicamente l'uomo adagia le braccia incrociate sul tavolo e vi poggia la testa... bastano pochi attimi per piombare in un sonno profondo senza rendersene conto.
La luce arriva di colpo negli occhi semichiusi e si fa sempre più intensa... poi il suono del clacson potente come una cannonata frusta entrambe le orecchie e richiama l'attenzione nella mente. Le palpebre si sollevano di scatto.
I due enormi fari puntano dritti su di lui e si fanno sempre più grandi, enormi, minacciosi... un altro colpo di clacson martella la testa e fa pulsare le tempie.
Il pericolo imminente mozza il fiato e non permette neanche un grido... infatti non c'è tempo per gridare... resta solo una cosa da fare... nessun'altra chance.
Entrambe le mani si stringono al volante e lo ruotano violentemente. La sterzata è brusca e la pesante auto sbanda ed esce di strada come fosse di carta, fino a fermarsi sul terreno sabbioso della zona, mentre gli enormi fari proseguono la loro via e l'immenso tir si fa largo nella notte, lanciando un ultimo, rabbioso urlo dalle sue trombe anteriori.
“Aspetta... aspetta, calmati!! Non iperventilare! Rilassati... devi fare dei lunghi respiri; permetti al cuore di rallentare. È passata. Ce l'hai fatta per un pelo ma ce l'hai fatta.”
I minuti di tensione che seguono sono ancora terribili ed intensi poi finalmente i battiti cardiaci non rimbombano più nelle orecchie e le tempie smettono di pulsare quando anche il respiro torna regolare.
John prende il pacchetto di salviette umidificate dal cassetto del cruscotto, ne estrae una con qualche difficoltà visto il tremolìo ancora presente sulle mani e asciuga il sudore freddo da queste ultime e dalla fronte.
Un altro respiro profondo. Adesso va meglio.
Bisogna fare due passi. Riprendersi completamente e controllare che la Mustang non abbia subìto alcun danno; sarebbe la rovina.
Riaperto il portaoggetti e presa la torcia elettrica, John afferra la maniglia e la tira lasciando che lo sportello si spalanchi del tutto e gli consenta di scendere lentamente. Si guarda attorno disorientato... di certo è ancora sotto shock ma non può rimanere lì tutta la notte. Deve riprendersi e gioire di essere ancora vivo. Un colpo di sonno.
Tante volte ha sentito sui notiziari gente morta sulle strade a causa di un banalissimo colpo di sonno. Si è sempre chiesto come sia possibile addormentarsi in auto. Per sua opinione è sempre stato un posto scomodossimo in cui trovare riposo. Ci ha provato tante volte quando era ragazzo ed era troppo sbronzo per guidare fino a casa... non c'era verso di chiudere occhio. Non si poteva trovare una posizione normale per un essere umano dentro quella scatola di lamiera e tessuto. Come diavolo facevano i suoi amici a ronfare della grossa, magari poggiando perfino la testa sul volante o peggio ancora la guancia sul finestrino? Fino ad ora era certo che il colpo di sonno sarebbe stato un problema che non lo avrebbe mai sfiorato... invece stanotte pare averlo molto più che sfiorato. Ed ha rischiato che fosse la prima ed ultima volta. Che morte assurda sarebbe stata! E come avrebbe fatto Julie? Non può permettere che gli accada ancora. Non avrebbe neanche una indennità del cazzo!
A piccoli, traballanti passi, l'ex impiegato postale gira attorno alla macchina e ne controlla la carrozzeria, facendo luce con la torcia. Per fortuna nessun danno a prima vista. Solo un piccolo velo di polvere depositatosi sulla vernice blu al momento dell'uscita di strada; basterà darle una lavata alla prima stazione di servizio che incontrerà.
John rientra nell'abitacolo e si appiattisce contro lo schienale per stirarsi un minimo i muscoli ancora sotto stress. Dopo aver rimesso torcia e salviette nel portaoggetti, chiude lo sportello delicatamente e riavvia il motore. Senza alcuna difficoltà, la Mustang si rimette sull'asfalto e riprende il viaggio verso l'orizzonte. Il buio si fa meno pesto... ormai sono le quattro passate della mattina; davanti a lui il cielo inizia a descrivere qualche striatura violetta... presto sarà l'alba.
Una ridda di pensieri affollano la mente del viaggiatore:
“Accidenti! Eppure sembrava tutto così reale! Com'è possibile che ricordi così bene tutto? Non mi era mai capitato di fare un sogno così vivo. Ricordo tutto alla perfezione: l'odore del caffè, il sapore, qualunque dettaglio della figura di Sam. Riesco persino a ricordare il nostro discorso per filo e per segno, come se fosse accaduto un minuto fa! Forse sono più sotto pressione di quanto voglia ammettere. Probabilmente, mi sentivo così solo ed avevo così voglia di parlare con qualcuno che la stanchezza ed il mio subconscio mi hanno accontentato. Pazzesco! Questa è decisamente da raccontare.”
Ben presto la guida ritorna concentrata e dopo meno di un'ora le nuvole si colorano di arancione ed i primi raggi del sole fanno capolino. Si preannuncia una bella giornata.
Finalmente, alle sei di mattina, John fa il suo ingresso nello stato di New Mexico.
Non sembra esserci molta differenza con il Texas. Il paesaggio è immutato... sempre deserto e canyon in quantità. In compenso, le condizioni del manto stradale sembrano decisamente migliori e gli ammortizzatori ringrazieranno come pure le sue chiappe.
Una stazione di servizio si presenta bene sulla destra. Un sacco di macchine nel parcheggio e data l'ora è del tutto normale. Meglio approfittarne e far fare il pieno ai due serbatoi affamati: quello dell'automobile e quello del suo stomaco.
Appena sceso, John si stira senza troppi complimenti e si presta ad un paio di avidi sbadigli senza pensare che non sia davvero il top dell'educazione. A lunghi passi avvicina alla porta d'ingresso e, dopo averla aperta viene investito dall'invitante odore di brioches calde e caffè... anche se l'aroma di quest'ultimo non è lontanamente paragonabile a quello che faceva Sam... ma purtroppo quello era solo un sogno.
Dopo aver addocchiato uno sgabello libero sul fondo del bancone, lo stanco viaggiatore si fa largo fra la gente che consuma le colazioni e legge i quotidiani, comodamente seduta al tavolo e si siede pesantemente esibendosi in un nuovo sbadiglio.
“Caffè?”
“Sì, grazie... e prenderò anche una brioche. Hanno un buon profumo.”
Il barista squadra attentamente lo straniero e dal canto suo, John non nasconde l'imbarazzo:
“C'è qualcosa che non va?”
Nessuna risposta. Quegli occhi non smettono di fissarlo.
“Ehm... se per caso le brioches sono terminate non è un problema!”
L'uomo dietro il banco non replica neppure questa volta ma corruga la fronte a sottolineare di non gradire l'umorismo del cliente e si allontana verso la macchina del caffè.
John è basìto:
“Che caratterino...” pensa “Non devono piacergli molto i forestieri “Va bene, John: bevi il tuo caffè in silenzio e vedi di non farlo innervosire ancora.”
Quella sensazione di disagio non lo vuole abbandonare... come mai, si chiede? Perchè quella brutta sensazione, come di una minaccia incombente? Sente la schiena pesante come se portasse un fardello invisibile eppure fastidioso.
La tazzina di caffè gli viene quasi sbattuta davanti e qualche goccia riesce a scavalcare la ceramica e morire sul pavimento. John guarda il barista, che lo fissa a sua volta impassibile e lo apostrofa con tono arrogante:
“Il suo caffè. Lo beva e se ne vada. Questo non è posto per lei.”
“Come dice scusi?”
“Ha sentito bene. Io non ripeterò... lei farà quello che ho detto o tanto peggio.”
John non capisce: quale torto può avere fatto all'uomo di fronte a lui? Perchè lo fissa carico di chissà quanto odio?
Si guarda attorno... ci sono camionisti, famiglie, uomini d'affari, padri, mogli, figli... sono seduti ai tavoli e ridono tranquilli; fumano una sigaretta, parlano al cellulare. Come mai nessuno si accorge di quella scena di tensione?
“Forse sto ancora sognando!”
Il botto secco del pugno contro il banco lo squote immediatamente dai suoi pensieri abbozzati:
“VATTENE!!!” Gli urla contro.
“Ma...”
“VATTENE MALEDETTO!!! TU NON SEI UNO DI NOI!!!! VATTENE, VATTENE, VATTENE!!!!!!!”
Ormai è inutile insistere nel dialogo, cercando persino di ostentare buona educazione... intestardirsi a restare è diventato anche pericoloso a questo punto... MOLTO pericoloso.
Le orecchie vengono scosse dallo sfregare delle gambe delle sedie sul pavimento lindo.
John si volta ancora.
Tutti in piedi. Sono tutti in piedi davanti a lui e non hanno voglia di parlare. I loro sguardi così cattivi... anche i bambini hanno quegli occhi di odio. Tutti zitti, immobili ma non per questo fanno meno paura.
Il camionista davanti a tutti ha il capo chino nascosto dal berretto da baseball dei New York Yankees: è quello più vicino a John.
Lo sente ridere... una risata che si fa sempre più sguaiata... una risata isterica, lontata da quello che è il significato di allegria... una risata pazzesca che frusta la schiena in un brivido di gelo... una risata che anticipa la stessa esplodere dalle bocche di tutti gli altri avventori. E del barman stesso.
“Basta... smettetela... basta! Basta! BASTA RIDEREEE!!!!”
Uno scatto deciso della mano e John colpisce la visiera facendo volare via il berretto... ed il riflesso del suo volto impaurito in quella chiazza rosso sangue che ha sostituito iride e pupilla, lo fanno schizzare in piedi, rigido come un manico di scopa.
Le risate lo martellano ancora da costringerlo a tapparsi le orecchie mentre quella torma scatenata di mostri dagli occhi scarlatti si avvicina lentamente e lo circonda.
“No! Sto sognando ancora! Non è possibile! Questo non è possibile! Sto sognando, lo so!! Solo un fottuto incubo!!”
Può essere... ma non è per nulla consolatorio... non ci sono vie d'uscita... solo pochi centimetri di libertà da quell'orrore... e John usa quei pochi centimetri per rannicchiarsi sul pavimento e su sé stesso.
“Perchè sta succedendo a me? Perchè questi sogni? Aiuto, vi prego! Qualcuno mi aiuti!!”
Purtroppo, i suoi pensieri sono troppo deboli e sovrastati dalle risate per poter essere ascoltati ed accolti.
È certo che sia un sogno... ma la morte sta arrivando in questo sogno ed è certo che sarà dolorosa.
Una mano lo afferra saldamente per il collo della camicia... la forza, non sa come, di aprire gli occhi e vedere... il viso di una donna... gli occhi azzurri, i capelli corvini. Stupendi i lineamenti ma l'espressione tanto triste.
“JOHN!! VATTENE!!”
“Cosa...?”
“REAGISCI!!!!”
Il grido sbattuto in faccia e quella smorfia di disperata determinazione lo investono e lo fanno sobbalzare sul seggiolino.
“AH!”
“Signore? Signore, si sente bene?”
“CHI..?? Mio Dio... un incubo... lo sapevo.”
“Ha fatto un brutto sogno?”
“Sì... pessimo, direi. Per poco non ho rischiato l'infarto. Se non mi avessi svegliato tu...”
“Stava scivolando dal sedile... l'ho svegliata perchè non cadesse a terra e si facesse male... non si dorme mai bene su un treno: è normale avere degli incubi. L'importante è che ora sia passato.”
“Sì, grazie. Adesso va meglio... un attimo: treno? Come sarebbe?”
“Scusi?”
La voce all'altoparlante è chiara eppure non può essere possibile:
“Albuquerque, stazione di Albuquerque. Prossima stazione Gallup.”
Gli occhi, le orecchie, tutti i sensi non riescono a trovare pace... definire la mente nel caos completo è solo un bizzarro eufemismo.
È dentro un compartimento... fuori c'è una stazione ferroviaria di grandezza notevole... altri treni: alcuni partono, altri arrivano. Una stazione popolata da un sacco di gente. Tutto reale. Adesso anche il suo treno si sta muovendo. La stazione si fa da parte prima lentamente fino a scomparire dalla vista... qualche sobbalzo poi la velocità aumenta gradualmente fino a che il lungo serpente meccanico procede sostenuto alla successiva destinazione. E reali sono anche le raffiche di vento che infastidiscono e che obbligano John a chiudere il finestrino e rimettersi seduto senza preoccuparsi di celare dietro ad un sorriso cordiale la maschera di preoccupazione appiccicata alla faccia.
“No... non può essre. Un tumore al cervello? Non ha senso! Non sarebbe giusto!”
“Signore... qualcosa che non va? Ha una brutta cera! Forse aveva bisogno di riposare... non dovevo svagliarla.”
“No, no... non è questo... sono solo un po' confuso. Me ne sono capitate di tutti i colori ultimamente.”
“Giornata stressante, eh?”
“Diciamo pure così... più che altro, a volte mi sembra di essere scollegato dalla realtà.”
“Oh, in tal caso, la capisco perfettamente: capita anche a me.”
“Non ne sono sicuro.”
“Davvero! Non lo dico solo per farle coraggio. Alle volte mi sembra di appartenere ad un'altra vita. Che questo non sia il mio posto.”
“In un certo senso è così anche per me... però so che questo proprio non va.”
“Cioè?”
“Lasci perdere. Non voglio passare per pazzo!”
“No, la prego. Continui. Mi affascinano questi discorsi!”
E perchè no? In fondo è solo un sogno anche questo... che ti importa di quello che pensa?
“E va bene... il fatto è che io sono sicuro di non appartenere a questo posto o se preferisce a questa realtà.”
“Interessante...”
“Non userei questo aggettivo per descrivere quello che mi sta capitando. Starei più sul... pazzesco. Comunque, io so per certo di essere partito da Houston per lavoro. Dovevo... DEVO consegnare un'automobile a Phoenix. Ho dei ricordi precisi in merito e non possono essere stati inventati dal mio subconscio, perciò è inevitabile che sia questo il sogno.”
La giovane donna che condivide la carrozza è perplessa ma sorride affascinata dalle parole di John, che non riesce a toglierle gli occhi di dosso. Occhi azzurri, capelli corvini... non può essere; non può davvero essere la donna che lo “ha portato via” da quell'incubo nella tavola calda.
“Perchè mi fissa così?”
“No. Tu non puoi essere qui, adesso.”
Solo un sorriso malizioso fa da replica alle sue parole.
“Chi sei? CHI SEI TU???”
John non aspetta nessuna risposta. Non sa se è lui adesso. Non sa se la sua mente è definitivamente crollata. Non sa più nulla ora. Non può neanche ragionare quel tanto necessario da impedirgli di assalire la donna e ti cingerle le mani al collo come una morsa... sempre più forte, sempre di più... qualche abbozzo di una inutile difesa, gli spasmi del corpo che si contorce senza controllo... poi è finita.
La stretta si allenta e l'uomo vede le gocce di sudore che lasciano la sua fronte colpire gli occhi sbarrati della vittima. Un delitto senza senso dettato da un odio implacabile, improvviso, oscuro.
Che anche questo sia incubo o realtà l'unica cosa da fare ora è fuggire. Di corsa!
Non sa come potrà scendere dal treno in corsa. L'agitazione non gli permette di considerare la possibilità di tirare il freno d'emergenza.
Vuole buttarsi ma i finestrini sono tutti bloccati e per quanto si sforzi e digrigni i denti non si spostano di una virgola. È il mio sogno, si ripete ossessivamente. Perchè non posso controllarlo? Perchè non posso scappare lontano? PERCHE'??
“Perchè li hai visti, John. Sei andato da loro e non eri il benvenuto. Hai preso un po' della loro follia ed ora la rivogliono. Non possono permettere che un essere umano prenda ciò che li fa vivere.”
Quella voce così rassicurante, così calda. Nello stretto corridoio del treno, apparentemente deserto, John riconosce la grossa figura sorridente davanti a lui. Gli occhi si riempiono di lacrime come a sancire la gioia di quell'incontro. Come un bambino disperato che ha bisogno di conforto, John sorride a quel robusto inserviente che porta il carrello vivande da vagone a vagone. Sa che non deve temere nulla da lui. Lo conosce bene ed il solo pronunciarne il nome è un grande sollievo:
“Sam...”
“Ti piace la mia nuova divisa, John? Beh, non è che abbia molte differenze con quella vecchia, in effetti” commenta l'omone guardandosi il grembiule bianco legato in vita e grattandosi la testa perplesso e deluso forse per la sua scarsa carriera.
“Sam... che mi sta succedendo? Ti prego, dammi una risposta che abbia senso perchè io sto cominciando a non trovarne più nessuno, in questa storia!”
“Tu sei buono, John... sei una persona buona. Forse troppo. E non c'è nulla che lo faccia più incazzare come la bontà.”
“Io... sono morto, vero? Ho avuto un incidente e sono morto. Questo non è più un sogno.”
“Ehi! E che sono queste frasi da iettatore??” Sam sgrana gli occhi sorridendo bonariamente “Se davvero fossi morto staresti dentro una bara non su un treno e ti garantisco che i mezzi per arrivare in paradiso hanno molti meno sobbalzi di questo accidente di treno! E sono anche più larghi, sennò come potrebbe starci un ciccione come me? Ah, ah, ah, ah!!!!”
l'allegria di Sam è contagiosa tanto da rilassare il malcapitato per qualche attimo.
“Allora... non sono...”
“Non sei morto, John! Se vuoi te lo metto per iscritto ma questo non vuol dire che tu non sia fuori pericolo! Devi fare una scelta per metterti in salvo. Tu non lo immagini ma hai avuto una grande vittoria in quella tavola calda. Sissy ti ha aiutato, ma il grosso l'hai fatto tu.”
“Sissy... io... io l'ho uccisa. Lei era con me nella carrozza... l'ho uccisa, Sam... ma non so perhè.”
“Non l'hai uccisa, John. Loro ti stanno iniettando la follia. Ti hanno indotto a scacciarla! Vogliono privarti delle tue difese per punirti dell'affronto che gli hai fatto.”
“Ma... MA QUALE AFFRONTO?? Cazzo, io sto solo andando a Phoenix a consegnare un'auto! CHE CAZZO DI AFFRONTO POSSO AVER FATTO A CHI??”
“Sono infidi, amico mio... sfruttano la tristezza, lo sconforto e se ne nutrono come una linfa vitale. È quella tristezza che ha portato te da loro o loro da te a seconda dei punti di vista. La tristezza di avere perso il lavoro... l'odio per il ragazzo che, secondo te, te l'ha rubato. Il rimorso per non aver detto la verità a Julie. La solitudine che ti ha avvolto durante il viaggio. Tutte queste cose gli hanno dato forza e loro erano sicuri di possederti... erano certi che fossi uno di loro, ormai! Non puoi immaginare quanto mi sono scompisciato quando ho visto le loro facce di merda!!! li hai fregati, vecchio mio, ah, ah, ah!!”
“Li... li ho fregati??”
“Proprio! Appena sei entrato da loro, hai appestato l'aria... la LORO ARIA! Ed il bello è che ne sei uscito incolume!”
“Sei sicuro?”
“Beh... effettivamente, si sono incazzati, come ti ho detto e vogliono vendicarsi facendoti un regalo. Vogliono regalarti la follia, John. Vogliono regalarti tutto quanto di più misero e tetro conoscano per farti pagare l'affronto che gli hai fatto. L'affronto della tua anima così pura.”
“Io... non posso farcela, Sam. Non posso farcela da solo. Aiutami, ti prego.”
Sam sospira e guarda a terra rassegnato prima di rispondere all'amico:
“Lo so... lo so che è una puttanata! Ho chiesto tante volte di fare una bella shakerata e di rivedere il regolamento ma non mi vogliono dare ascolto se prima non perdo almeno venti chili! Capirai, una parola! E purtroppo, né noi né loro possiamo intrometterci. È il libero arbitrio, John... per quanto possa sembrarti assurdo o incredibile, alla fine la scelta è sempre tua così come la strada che decidi di intraprendere. Lo so che non ci stai capendo un beato cavolo di quello che sto dicendo ma ti garantisco che stai già prendendo la strada giusta. Devi solo continuare a seguirla e li batterai definitivamente! Ricorda quello che ti ho detto!”
Di colpo, la velocità aumenta... i due quasi perdono l'equilibrio e vengono sballottati fra le pareti del corridoio.
“CHE STA SUCCEDENDO?”
“Tempo scaduto, John. Mi stanno scacciando.”
“No! NO, SAM!! RESTA QUI!! AIUTAMI!!!”
“RICORDA LE MIE PAROLE!!!”
Le ultime parole: il vetro accanto a lui esplore in migliaia di frammenti e la raffica inaudita di un vento innaturale risucchia all'esterno lo sfortunato, accompagnando la sua scomparsa con un cupo ululato e le grida miste a singhiozzi di John:
“NOOOO!!!! SAAAM!!!”
“Attenzione! Prossima stazione... LA MORTE!!!”
La voce dell'altoparlante è piovuta dal nulla ed ha dato la sua sentenza... resta solo il tempo per un ultimo grido, poi lo schianto contro la parete della montagna arriva inevitabile e tremendo e l'esplosione del treno è assordante e scuote la zona, terrorizzando i piccoli animali notturni che sfrecciano nelle loro tane e svegliando di soprassalto John, che sbarra gli occhi e fissa con orrore attraverso il parabrezza della Mustang lo spettacolo devastante di fiamme e l'imponente colonna di fumo che si direbbe voglia raggiungere il cielo.
Uno spettacolo che si protrae ancora per qualche istante, poi la polvere si dirada, le fiamme muoiono tra gli scoppiettii sempre più lievi e gli scoppi dei finestrini per il calore divengono un eco nella mente. Tutto tace come se la notte affamata avesse ingoiato quei miseri resti.
Ora giunge il boato sordo di un tuono in lontananza... poi un altro più vicino e l'aria si fa più fresca e porta alle nari quel gradevole odore di pioggia.
Dopo un fulmine che si abbatte potente sulla sabbia a qualche centinaio di metri, il picchiettare della pioggia sulla carrozzeria ingigantisce secondo dopo secondo e presto diviene il protagonista assoluto; un violento temporale si è accollato il compito di lavare tutta quella devastazione e John si decide a ripartire prima che l'acqua divenga troppo fitta e violenta da impedire di scorgere la carreggiata.
Per molto tempo, l'uomo continua nella notte avendo come compagna solo lo scrosciare sopra di lui ed il monotono, fastidioso sfregamento dei tergicristalli che cercano di aiutare gli occhi in mezzo a quel diluvio. Anche la luce dei lampi lo supportano nel suo viaggio consentendogli di vedere meglio, anche se solo per un attimo, la corsia mentre i tuoni lo strappano parzialmente al caos che rimbalza nella sua testa.
Domande, solo domande e nessuna risposta, forse troppo sepolta dentro quella confusione. Niente ha senso. Purtroppo, cercare di ragionare sul discorso di Sam non porta a conclusioni di nessun genere. Non riesce a tenere a bada la paura che possa accadere di tutto.
La strada è lunga... ancora tanto lunga. Quando finirà questo viaggio. L'unica speranza alla quale si aggrappa è che tutto finirà una volta consegnata quella macchina. Una volta concluso il suo lavoro. Non sa perchè possa andare in questo modo; non capisce per quale motivo si aggrappi così scioccamente ad una eventualità talmente eterea, eppure crede fermamente che sia così. Andrà così! DEVE andare così!
Il viaggio continua su quella strada che sembra portare all'eternità o al niente... senza nessun viaggiatore dal lato opposto o nessuno che lo segue o lo precede. Un tentativo di accendere l'autoradio si conclude con una sequela di frastuoni indecifrabili che sicuramente non assomigliano alle canzoni o alle voci dei deejay. D'altronde, il temporale non aiuta certo la ricezione del segnale.
Nessun cartello sul ciglio che indichi la posizione, la direzione. È questa la strada giusta? O solo una delle tante strade che lo porteranno in braccio ad un altro incubo.
Il corpo è tutto indolenzito e solo ora si accorge che la camicia è un po' annerita... fuliggine. Era davvero su quel treno, allora? Forse egli stesso è solo un'eco della sua anima.
Ma le anime non possono sentire tutto quel dolore, almeno da ciò che ha sempre sentito raccontare. Allora è vivo? Impossibile dare una risposta che lo consoli. L'unica cosa da fare ora è continuare a guidare... continuare sulla strada per Phoenix.
Ricorda che era mattina quando si è fermato nella stazione di servizio dov'è stato aggredito. Ora è ancora notte. Sempre notte.
“Guida, maledizione! Guida e non pensare ai dettagli! Devi solo arrivare e sarai salvo! Guida!!”
Dopo circa una mezz'oretta il temporale cessa di accompagnarlo e muore improvvisamente com'era nato. L'aria è ancora fresca e l'idea di abbassare il finestrino si rivela ottima per scacciare la sonnolenza.
Una sagoma scura si staglia sulla strada. Il pollice alzato.
Una trappola? Ha pochi istanti per decidere che fare. Anche in condizioni “normali” non si dovrebbe caricare un autostoppista, specialmente la notte... ma che cavolo! Non può abbandonare nessuno in mezzo al nulla. Non è da lui!
La frenata è dolce e la Mustang si ferma proprio a fianco dell'uomo che non si fa pregare per salire. Il tempo di chiudere lo sportello e si continua.
John non pensa di avere commesso un errore almeno questa volta: è un uomo di bell'aspetto, rasato, ben pettinato e ben vestito anche se non un damerino... jeans neri ed una polo di colore rosso vivo che odora ancora di negozio.
“Grazie. Era parecchio che me ne stavo lì fermo. Pensavo di congelare.”
“Non è un problema. Mi dispiace di non essere arrivato prima del temporale.”
“Oh, non si preoccupi. Ha piovuto pochissimo qui.”
“Come mai l'autostop a notte fonda? È un serial killer, per caso?”
“Ah, ah!! No, non è il mio genere. Il sangue mi fa una impressione dannata! Sono un rappresentante. Ho avuto un guasto alla macchina poco più avanti. Non voleva saperne di ripartire ed io non ci capisco un tubo di meccanica, così sono sceso, l'ho spinta fuori dalla strada e mi sono messo a camminare in cerca di una stazione di servizio o di un meccanico magari. Non credevo di camminare così tanto. È proprio vero quello che dicono i turisti: nelle strade americane non c'è nulla nel raggio di chilometri. Non è simpatico quando ti succedono imprevisti di questo genere.”
“Non lo dica a me! Devo arrivare a Phoenix ed ho una certa premura. Mi è capitato di tutto fino a qui e non mi chieda di raccontare perchè è troppo lungo e non ne ho nessuna voglia.”
“D'accordo!” annuisce l'uomo sorridendo “In ogni caso, pare sia stato il destino a farci incontrare. Vado anch'io a Phoenix ed ho la sua stessa fretta di trovarmi là o perderò il lavoro. Se vuole un cambio alla guida ed allungare le gambe non ci sono problemi!”
“In effetti, mi servirebbe!”
“Allora accosti e guido io. Ho un gran bisogno di sgranchirmi le gambe dopo essere stato in piedi tutto quel tempo.”
Detto fatto: John si ferma e scambia il posto con il nuovo compagno di viaggio. Non gli par vero di potersi rilassare e di aver trovato un briciolo di fortuna in mezzo a tutte le sfighe che gli sono capitate.
Mentre la Mustang riparte, John si massaggia le ginocchia e si presenta:
“Io sono John.”
“Piacere. Ethan.”
Una stretta di mano veloce poi subito le mani sul volante.
“Allora, Ethan... come mai il tuo datore di lavoro è così severo? Davvero vieni licenziato se non arrivi in tempo?”
“Ormai ho poche speranze di essere puntuale, in verità. Dovevo metterci tre giorni ma c'è ancora un mucchio di strada...è difficile che riesca ad essere a Phoenix per domani. Il fatto è che sono ancora in prova e questo doveva essere il mio test definitivo. Non l'ho superato e purtroppo mi è stato fatto capire che non sarei stato assunto se avessi fallito.”
“Dai, non è detto... in fondo siamo a metà di New Mexico e se va tutto liscio è ragionevole pensare che saremo là in tarda mattinata.”
“Hai detto bene, John: se va tutto liscio. Il fatto è che quando la sfortuna si mette di mezzo tutto può succedere! Mi manca tanto il mio lavoro all'ufficio postale!”
“Ufficio postale? Lavoravi all'ufficio postale?”
“Già... fino a quando non è arrivato un ragazzetto fresco di laurea e mi ha fregato il posto. Non sono contati nulla i vent'anni passati là dentro! Ti rendi conto?”
John sussulta e deglutisce di colpo, fissando lo sguardo di sconforto di Ethan... non possono essere solo coincidenze!
“Che c'è, John? Sembra che tu abbia visto un fantasma!”
“Io... anch'io ero un impiegato postale...”
“Lo so, John. Abbiamo molte cose in comune tu ed io.”
“Oh, no. Non può succedere ancora!”
“Cosa deve succedere? Sei sicuro di sentirti bene?”
“Accosta la macchina e scendi subito! Mi dispiace ma devo continuare il viaggio da solo!”
Per tutta risposta, Ethan preme a fondo il piede sul pedale del gas, lanciando la Mustang a più di novanta miglia orarie.
“E dove vuoi andare, John? Non ci sono posti per noi, qui. L'ideale sarebbe fermarsi e riposare, finalmente. Dobbiamo... devi accettare la tua sconfitta e rassegnarti all'idea che sei vecchio. È normale. Ad un certo punto della vita si smette di essere utili a chiunque e, sempre più spesso, si viene visti come un peso. Fa male, lo so... ma non si può combattere questo dolore. È la disperazione che assale tutti e che è destinata a vincere prima o poi. Cercare vanamente di scacciarla vuol dire solo prolungare la propria agonìa. Non ci puoi fare niente... Julie sarà più felice senza di te; in fondo, non hai più neanche un lavoro e non puoi negare che sarebbe un'umiliazione farti mantenere da lei. È per questo che non le hai detto la verità sul tuo viaggio, non mentire a te stesso!”
“Non nominare Julie, figlio di puttana!”
“Perchè mi minacci, John? Io non voglio far altro che aiutarti a smettere di soffrire!”
La Mustang inizia a sbandare pericolosamente.
“Rallenta, maledetto! RALLENTA!!!”
“Abbiamo fretta di arrivare, non ricordi?”
“FERMATI!!! FERMATI SUBITO!!”
“Come vuoi, John!”
Ethan preme il freno bruscamente e l'auto si arresta di colpo con un violento stridio delle gomme... troppo tardi per rendersi conto di non avere allacciato la cintura di sicurezza.
John spicca il volo come fosse un leggerissimo passerotto e sfonda il parabrezza della Mustang proseguendo la violenta parabola per una decina di metri e concludendola inevitabilmente e molto malamente sull'asfalto assieme ai cocci di vetro ed al suono di qualche osso rotto.
Troppo male per riuscire ad alzarsi ma anche solo a muoversi. Solo le pupille roteano impazzite come fosse un bizzarro personaggio di un cartone animato... un povero gatto Silverstro. La coscienza viene meno ad ogni istante lasciato passare.
l'asfalto sotto il suo petto inizia a colorarsi di rosso. La chiazza che si allarga sempre di più. La fine del suo viaggio? Il suo destino si è compiuto nel peggiore dei modi? Sente lo sportello aprirsi ed i passi che si avvicinano. Con un grande sforzo riesce a guardare Ethan in volto... per scoprire che è lo stesso John a fissarlo, sorridendo sadicamente.
“Hai visto? Era destino che finisse così. È sempre stato scritto. Ognuno di noi ha la sua strada predefinita... il suo viaggio. La tua strada... la mia strada finisce qui. Lasciati andare... so che fa male, lo sento. Ma ti prometto che se ti lasci andare il dolore svanirà e finalmente potrai fermarti e riposare.”
Vorrebbe urlare, sputargli il suo sangue in faccia... ma non riesce a muoversi... prova a mettere tutta la forza di volontà, tutta la rabbia... ma continua a non potersi muovere. Davvero lasciarsi andare è l'unica soluzione?
Gli occhi del suo crudele doppio si iniettano di sangue ed egli inizia la risata di trionfo... quella stessa risata alla stazione di servizio... la stessa diabolica risata. E purtroppo, è convinto adesso che è l'ultima cosa che sentirà. Avrebbe almeno voluto dare l'addio a Julie, dirle che gli dispiace per averle mentito, che gli dispiace per tutto... non potrà più farlo. Piange.
“NO! MALEDETTO!!! NON PIANGERE!! NON PROVARE QUESTI SENTIMENTI!!!”
John-Ethan pare soffrire alla vista di quelle lacrime. Si regge lo stomaco come se gli causassero fitte lancinanti. La risata si spegne ed il sorriso lascia il posto ad una smorfia di doloroso stupore:
“BASTA!! BASTA, MALEDETTO!!! BASTA AMORE!!! SMETTILA!!!!”
Ethan non ha il tempo di gridare altro.
Il suo corpo viene spezzato letteralmente in due e spazzato via dall'impatto con la Spider che lo colpisce a tutta velocità.
Un'ultima soddisfazione prima di morire per John.
Perchè adesso gli resta davvero poco tempo. Sente che l'anima sta abbandonando il corpo...è finita.
“Mi dispiace, Julie... ti amo.”
qualcuno lo scuote vigorosamente. L'autista della Spider... la sua salvatrice.
“John! JOHN, SVEGLIATI!! CE L'HAI FATTA!! CI SEI RIUSCITO!!”
“Sissy...”
Solo la forza di pronunciare quel nome con un filo di voce e l'accenno di un sorriso... poi il buio e l'eco di una voce che ripete il suo nome:
“John... John... John... svegliati, John.”
E John si sveglia. La sua testa si solleva dal tavolo e gli occhi assonnati si guardano attorno. In quel “Diner” desolato, senza nessun cliente... ma così bello. Così rassicurante. Come la mano di Sam sulla sua spalla.
“Ben svegliato, vecchio mio!”
“Sam. Ma...è stato...?”
“Un sogno? Dipende dai punti di vista, come già ti dissi. Quel che è certo è che hai fatto tanta strada, John: una strada lunga e ricca di pericoli che molti non riescono a superare... ma alla fine tu sei riuscito a terminare il tuo viaggio. Ora puoi davvero scegliere quale strada percorrere ancora. Puoi farlo liberamente e di sicuro sarà la scelta giusta.”
“Io non capisco, Sam... non ho capito qual'è stata la mia prova.”
l'omone sorride e gli accarezza la spalla:
“Hai mai letto IL VERO INGLESE, di Daniel Defoe, John? C'è una frase che mi piace moltissimo e che dice: dovunque Dio erige una chiesa, sempre il demonio innalza una cappella... e se vai a vedere, troverai che dal secondo ci sono più fedeli. Nel mondo purtroppo, le cose stanno andando davvero così... ma finchè ci sarà qualcuno come te... qualcuno dall'anima così pura da non lasciare influenzarsi da tutto il male che la circonda e da quello che si insinua dentro di sé ma che addirittura è in grado di ferire il male stesso e dargli la triste consapevolezza che non è supremo... Beh... allora questo da una forte speranza. La speranza di sgretolare tutte le cappelle del male e di far tornare copiosi i fedeli nelle nostre chiese.”
“Ho capito... finalmente ho capito, Sam. Grazie...”
“No, John: grazie a te.”
Phoenix, Arizona.
Al mattino del terzo giorno, la Mustang viene consegnata senza un graffio al nuovo proprietario.
John è felice di aver portato a termine il suo compito. Ancora più felice di fare quella telefonata:
“Julie! Julie, sono io!”
“John! Sei già in Arizona? Tutto bene? Il viaggio è andato bene? Hai una voce strana!”
“Non mi sono mai sentito meglio, tesoro! Ho voglia di tornare a casa. Ho voglia di vederti e di passare tanto tempo con te. Ci sono dei problemi ma so che li risolveremo assieme. Torno a casa, amore! Ti amo tanto!!”
“Ti amo anch'io John.”
John si rimette in viaggio. Adesso ha davvero scelto la sua strada. Ed è sicuro che sarà una strada liscia e senza buche. Sarà un bellissimo viaggio.
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