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LA BELLEZZA DELLA CARNE
Non sono mai stata una bambina. Non sono mai stata adolescente.
Sono sicura di non essere adulta.
A volte mi chiedo se io sia mai esistita: sono solo un punto sospeso al di fuori del tempo, senza dimensione alcuna.
A volte penso che la vita sia una giostra seza senso; ma mi piacerebbe farci un giro: oggi più di ieri sono assetata di tutte quelle emozioni che per uno strano motivo, che a volte mi sfugge, che a volte intuisco con sommo terrore, non sono riuscita a vivere.
Oggi più di ieri mi chiedo se l'amore possa redimermi da questa malattia, se l'amore possa restituirmi tutte quelle emozioni che man mano mi sono persa lungo la mia esistenza, se l'amore possa essere la scossa in grado di riportarmi alla vita.
A volte, però, penso che la sete di amore sia la mia vera malattia.
Lui ha gli occhi così neri che più di una volta mi sono sorpresa a fissarglieli, cercando di capire dove finisca l'iride e cominci la pupilla, ma è un piacere che non posso assaporare a lungo: il mio sguardo è pesante, lui lo percepisce, si volta verso di me e allora imbarazzata faccio finta di guardare altrove, sono attimi di infernale disagio; non posso permettermi di essere scoperta.
Mi è capitato spesso di pensare che le persone belle, per via della particolarità dei loro lineamenti sembrino plasmate nei più svariati materiali: mi ricordo di un antico amore, una ragazza che i più non avrebbero definito bella, ma io ero come incantata dal suo profilo, tenue e delicato, sembrava plasmato, ma che dico, accennato appena nella creta, si, era una paffuta fanciulla plasmata nella creta con tratti leggeri e poco marcati appena accennati dalle mani di un voluttuoso e sapiente creatore. Ricordo la muscolatura sottile ma atletica di un ragazzo che incontrai tempo fa, la cui andatura potrei descrivere come nervosa, intagliata nel duro legno, come se l'artista-creatore avesse voluto rispettare nella sua opera le naturali nervature di quella paticolare materia, sfruttandole per enfatizzare la tensione dei piccoli muscoli tonici, armoniosi e virili allo stesso tempo.
La pelle traslucida e bianca, specie se glabra, è come morbida cera: quando vedo una persona con tale incarnato, talvolta ho paura che si sciolga lentamente sotto i raggi del sole. La morbidezza di certe donne floride e ben fatte non sò se sia più opportuno accostarla alla plastica profumata di mela di certe bambole o al marmo di una statua neoclassica; poche cose, infatti, stimo più sensuali delle statue del Canova, la cui mano non posso fare a meno di definire maliziosa, così capace di donare vivo calore alla fredda pietra: a volte mi sono sorpresa nel toccare un seno a Paolina, o nel voler sperimentare se sotto i miei polpastrelli l'avambraccio di Teseo potesse assumere magicamente il colore, la compattezza ed il calore della carne umana viva.
La carne... Quando l'ho visto per la prima volta, egli ha inceppato questo mio perverso gioco estetico-intellettuale. All'inizio lo odiavo per questo motivo; di esser bello lo era sicuramene, ma non c'era materia o sostanza a cui potessi ricondurre le sue forme armoniose; lo fissavo irritata, fu allora che scoprì la suprema perfezione della carne umana.
Il suo ovale perfetto, appena turbato dalla mascella possente, che attribuiva a quel volto delicato un qualcosa di mascolina virilità, la sua viva tensione, l'elasticità della pelle percepibile già con lo sguardo, sono caratteristiche che solo la carne possiede, per la precisione solo la giovane carne umana; l'elastica tensione delle sue labbra, quasi sottili negli angoli esterni per poi esplodere nella parte centrale con la morbidezza degna di un frutto maturo, ovvero un gioco di linee, perverso nella sua eleganza, che obbligava la bocca a rimanere sempre semichiusa, simile a quella di un neonato ancora privo di denti, che cerca avido la poppa materna.
Nell' insieme potrei definire il suo aspetto polposo, come se la pelle fosse la fine buccia di un frutto che a stento riesce a contenerne la pulsante vitalità, ma si tratta di una morbidezza priva di ogni decadente mollezza, è la volubile giovinezza a creare questo splendore, così particolare e stupendo proprio perchè effimero, destinato a sciuparsi, come ogni cosa che vive nel tempo.
L'essenza dell'amore dei mortali in fondo non è altro che un semplice processo di osmosi, uno scambio di umori, sapori ed odori, un' osmosi che è simile ad una fugace condivisione.
Forse dopo tutta questa lunga esistenza è la prima volta che mi innammoro: vorrei avventarmi su quelle labbra finchè sono così perfette, morderle come il frutto che in fondo sono, assaporare i pulsanti flutti del suo sangue; non sarebbe anche questa condivisione? Non lo si potrebbe definire un processo di osmosi? Nell'assaporare la sua pulsante vita lui mi donerebbe per un attimo l'illussione di vivere nel tempo, di godere delle piccole cose banali che rendono speciale la vita degli uomini, io gli donerei la pesante concretezza dell'infinito, eternando la sua bellezza immobilizzandola nel punto del suo massimo splendore, sottraendolo al tempo e alla decadenza che lentamente opera sugli esseri umani.
Ma si tratterebbe solo di un' illusione, a Noi non è concesso di assaporare l'amore. I mortali non possono neanche percepire il nauseante profumo dell'eternità.
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- in osmosi carnalmente divino... e l'eternità... profuma... uscendo dai suoi dogli oleosi... porosi...
Magia dell'Amore... Rebekka...
- Non si commenta tutto ciò.. si sente e basta...
- Prosa che scava senza cercare conclusioni, come tutto ciò che è giovane, vivo. I concetti si formano mentre scrivi e mentre "soffri" questa bellezza così dionisiaca. È scritta di getto, con qualche imperfezione. Io amo la bellezza imperfetta.
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