Non c'è mai stata questa ressa, non a quest'ora.
Siamo accalcati uno sopra l'altro e gli odori si mescolano sopra le nostre teste appannando i finestrini. La vecchia accanto a me ha il timore che qualcuno possa infilarle la mano nella borsetta, le si legge negli occhi. Ha il viso stanco, l'espressione tirata e il profumo della lacca per i capelli è l'unico che riesco a distinguere. È una donna dolce, lo sento ma la vita spesso fa soffrire. Due ragazzi si tengono per mano. Lui sorride in continuazione per un motivo che non posso comprendere. Lei ha lo sguardo perso e la stella di David al collo, i capelli lisci, lunghissimi, puliti. Sono gli unici ad essere felici di star tanto appiccicati.
C'è un papà che sgrida il figlio che non vuole smettere di frignare con gli occhi severi al limite della pazienza. L'amore si presenta in tutte le sue forme, anche in pochi metri d'autobus.
Alzo lo sguardo e vedo un gruppetto di ragazzini con la cartella. Hanno la divisa della scuola in fondo al viale. Per loro il viaggio è sempre troppo corto, farebbero a meno della maestra stamattina.
L'autista frena bruscamente per non tamponare. I ragazzini si divertono e la vecchia si appoggia per non cadere proprio al braccio dell'uomo di cui pareva non fidarsi. È un tipo trasandato, uomo di strada, solo, senza casa forse. I dieci minuti al riparo per lui sono lunghissimi. Lo aiutano a rilassarsi, a riscaldarsi, a sentirsi protetto, accettato, in mezzo alla gente.
Il resto delle persone, passeggeri, io non riesco ad inquadrarli. Sono visi normali, di tutti i giorni; uomini che vanno a lavorare, donne con la busta della spesa, famiglie con la valigia che prenderanno probabilmente la coincidenza per l'aeroporto.
È il solito lunedì. C'è solo un po’ più di gente.
Io mi faccio esplodere.