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Nephila
La nostra storia può sembrare una storia come tante. Ma non è così. Tutto lo lascerebbe supporre. Ma non è così.
Questa è la storia del signor Edgar Bowen.
Il signor Edgar Bowen ha trentacinque anni da poco compiuti. Abita a New York. Ha sempre abitato a New York. Abita ancora nella casa che fu dei suoi genitori e che fu dei suoi nonni. A lui piace molto quell’appartamento; certo non si può definire molto grande: l’ingresso da immediatamente nella saletta, completa di angolo cottura. Sulla destra di essa un ridicolo disimpegno niente affatto degno del nome che porta, ma che basta a fare da tramite allo stretto e lungo bagno.
Più in fondo una camera da letto relativamente grande e sulla sinistra un’altra porta dove un tempo era presente una seconda camera da letto. Era la sua camera da letto quando era bambino.
Alla morte di sua madre, il signor Bowen, che inizieremo a chiamare più familiarmente Edgar, rivoluzionò la mobilia e la trasformò in quello che gli piace definire come “il suo studio”.
Dimenticavamo l’altra piccola porta in legno di rovere giusto di fronte all’ingresso... ma forse è meglio procedere per gradi e ritornare successivamente al contenuto di quella piccola porta... per alimentare e soddisfare un pizzico la vostra curiosità ci limiteremo a dire che una volta varcata la soglia di quella porta, il signor Bowen... ops! volevamo dire Edgar... Edgar si trova nel suo personalissimo mondo, oltre quella porta.
A Edgar piace molto quell’appartamento. Non ha mai manifestato la minima volontà di traslocare. In effetti, anche se piccolo, non si può negare che sia stato ben organizzato dal suo proprietario... ben organizzato e tenuto perfettamente in ordine. A Edgar piace molto l’ordine... ma anche questo è un punto che preferiamo toccare in seguito.
Dicevamo che Edgar ha sempre amato il luogo in cui vive. Si riempie di soddisfazione ogni mattina al suo risveglio, quando il sole che sorge fa capolino dalla finestra della camera da letto. Uno sbadiglio, una bella stirata a tutto il corpo ed immancabilmente l’occhiata all’esterno, verso l’affascinante ed imponente donna francese con la fiaccola. La adora; gli da la sensazione di renderlo più americano degli altri. Una sensazione che lo aiuta a farlo partire nel modo giusto ed a fargli affrontare il giorno con maggior entusiasmo.
Edgar ha un buon rapporto anche con i suoi vicini di casa e tutti gli inquilini del palazzo in generale: molti di loro hanno un debito di gratitudine verso di lui e lo ringraziano per il lavoro che fa e che li ha tolti d’impiccio più di una volta. La loro simpatia però non può dirsi assolutamente ricambiata.
Certo, Edgar ha un bel sorriso... una parlantina sciolta che lo aiuta nel suo mestiere. È apparentemente molto cordiale: saluta sempre e fischietta allegramente quando esce di casa al mattino e raggiunge il suo furgone che parcheggia sempre dall’altro lato della strada. È un uomo con cui si fanno volentieri due chiacchiere per passare il tempo. Con Edgar si può parlare di qualsiasi cosa e pare non esistere argomento con cui disquisire e sul quale non se ne intenda almeno un po’. Edgar piace alle persone. Ha una faccia pulita, ma del resto tutto nella sua vita è pulito...è il classico bravo ragazzo. Quello che ha sempre il sale o lo zucchero pronto in casa da prestare. Nessuno lo ha mai visto scortese o arrabbiato per qualcosa che gli fosse accaduto. Non è di certo un signor nessuno... ovviamente, la sua popolarità è circoscritta maggiormente al quartiere che lo abita ma anche chi ha avuto modo di conoscerlo per il suo lavoro oppure per un’uscita serale non può dire che il suo viso si dimentica un’ora dopo averlo visto. Edgar non è una persona che ti lascia indifferente... al contrario, sono tutti gli altri a lasciare indifferente Edgar. Lui non vuole seccatori intorno; gli piace il piccolo regno che è casa sua e si guarda bene dal chiamare ospiti, che siano uomini o anche donne.
Il fatto che sappia sempre indossare alla perfezione una maschera non vuole dire che si sia abituato ad essa. Se potesse essere sincero direbbe certamente che tutta quella gente dovrebbe scomparire dalla faccia della terra. Che vuole essere lasciato in pace da tutti quegli odiosi borghesucci da quattro soldi che pensano di avere il mondo ai loro piedi.
Li saluta ma li detesta... sorride a trentadue denti ma li detesta e vorrebbe farli sparire con uno schiocco di dita. No, a conti fatti, Edgar non può definirsi il massimo della socialità... ma lo sa solo lui e gli sta bene così. sa che ha bisogno di tutta quella gente. In fondo, contribuiscono a fargli fare quello che ha sempre sognato fin da quando aveva sette anni. Il fatto che li debba sopportare e lisciare una volta ogni tanto è un giusto compromesso e la rabbia ed il rancore che prova verso di loro può sfogarli liberamente nel suo lavoro.
Perché, fate bene attenzione, è questa la grandissima fortuna di Edgar: poche persone nella loro vita possono dire di realizzare i loro sogni e soprattutto pochissimi possono vantarsi di fare un lavoro che contribuisca a realizzare i loro sogni giorno dopo giorno.
Edgar, invece, ce l’ha fatta: intendiamoci, non è che il suo sogno fosse chissà che... ma per lui era tutto. Ed è riuscito a realizzarlo. Ma c’è molto di più... Edgar ha fatto in modo che il suo lavoro si tramutasse nel miglior mezzo per distruggere la sua paura più grande. L’ha esorcizzata completamente... ha fatto sì che ciò che più lo terrorizzava diventasse quello che più lo diverte... quello che soddisfa il suo smisurato e folle sadismo. Noi non vogliamo essere qui per giudicare Edgar Bowen... abbiamo la nostra opinione sul suo conto ma non vogliamo influenzare il giudizio di coloro che ascolteranno questa storia. Non cercheremo di influenzare il vostro responso in nessuna maniera e cercheremo di essere il più obiettivi possibili anche se non è una cosa facile... ma la cosa che possiamo dirvi sinceramente è che noi racconteremo solo la verità sul nostro personaggio... niente altro che la verità, per quanto incredibile e squallida possa apparire ai vostri occhi.
Abbiamo detto che l’appartamento di Edgar è ben organizzato e ben ordinato... ma anche e soprattutto ben pulito... e non è stato sempre così.
Limitiamoci a dire che i genitori non erano grandi esempi di virtù... non erano criminali o drogati se è questo che state pensando... soltanto possiamo classificare entrambi come due persone assolutamente non adatte a mettere al mondo un bambino. Ci sono persone che toccano il cielo con un dito quando diventano genitori... ce ne sono altre che si riempiono la testa di preoccupazioni e si dannano l’anima a pensare a come faranno a mandare avanti una famiglia con due miseri stipendi e magari si pentono di aver fatto nascere una nuova vita, che va oltre le loro possibilità. Ce ne sono molti così... la maggior parte a dire il vero. Non lo fanno per cattiveria. È soltanto la paura a far affiorare quei pensieri; del resto non è facile fare il genitore... non lo è mai stato e non lo sarà mai... si può solo cercare di fare del proprio meglio anche se si crede a priori di non essere tagliati per fare il genitore. Ma alla fine, passato il primo trauma e soprattutto i primi anni del nascituro, ci si rassegna... poi, ecco subentrare la felicità... prima in sordina poi si finisce con l’immaginare la vita impossibile senza un figlio e le cose vanno nel migliore dei modi... con i soliti intoppi che hanno tutte le famiglie... ma alla fine, sempre nel migliore dei modi.
C’è anche la terza categoria. È rappresentata da quelle persone che non vogliono saperne di essere genitori... troppo egoisti. In questi casi, il bambino è arrivato per sbaglio e per quanto ci si sforzi non si riesce a volergli bene... si fa il massimo per fingere di essere una famiglia felice e si spera che i rampolli si accorgano il più tardi possibile di quanto sia illusoria quella felicità e l’affetto dimostrato verso di loro. Anche in questo caso non ci sentiamo di parlare di persone cattive, ma come abbiamo detto, solo di gente egoista e d’altronde è meglio non mettere al mondo nessun figlio se non si è disposti a mettere in secondo piano sé stessi... purtroppo c’è molta gente che non vuole rinunciare a questo e troppa che considera un figlio come fosse un trofeo da esibire a prova concreta della propria virtù sessuale.
La quarta ed ultima categoria è rappresentata dai signori Bowen ovvero i genitori di Edgar. Pur presentando diverse sfumature che potrebbero indurre a collocarli nella tipologia appena descritta, c’è un particolare importante e certamente palese che li differenzia e fa meritare loro un triste primato.
Anche nel loro caso, il bambino è nato per sbaglio e non desiderato nella maniera più assoluta. Il fatto è che nemmeno Martha e Jack Bowen si sono mai amati. Può sembrare assurdo... potete darci dei bugiardi quanto volete ma vi abbiamo già assicurato che avremmo detto solo la verità e non torneremo sui nostri passi circa questa affermazione per cui credeteci quando diciamo che i Bowen si sono sposati solo per noia...è una schifosa realtà ma è proprio così. Un matrimonio basato sulla menzogna e sulla totale mancanza di rispetto e fiducia. Ed il piccolo Edgar non ha fatto altro che accentuare tutto questo. Un bambino che ha sopportato più di quanto possa fare un adulto e non stiamo parlando di punizioni corporali... stiamo parlando delle peggiori umiliazioni e torture psicologiche che mente umana sia in grado di concepire e mettere in pratica.
Ogni singolo giorno della sua vita, Edgar non poteva dimenticare che era stato uno stupido sbaglio... un errore che non sarebbe stato certo ripetuto nel caso di una seconda chance. Sua madre e suo padre lo ripetevano continuamente a giorni alterni. Lo umiliavano... gli dicevano che era inutile che andasse a scuola e cercasse di essere il primo della classe perché tanto sarebbe stata una nullità per quanti sforzi potesse fare. Gli ripetevano che nessuno poteva dare fiducia a chi aveva un viso così stupido e che di certo sarebbe stato solo un perdente in qualunque cosa avesse intrapreso. Eppure il piccolo Edgar aveva una ammirevole forza d’animo... certo, piangeva quando gli venivano scaraventate addosso tutte quelle cattiverie ma in cuor suo sapeva che erano menzogne ed aveva deciso di non ascoltarle più. Aveva raggiunto il compromesso di lasciare parlare i suoi genitori quanto volessero e di rinunciare alla minima forma di affetto verso di loro senza protestare. Era come staccare la spina. Si era addirittura creato come hobby quello di pulire la casa, dal momento che Martha non sembrava avere molta voglia di farsi venire la vocazione della casalinga. Il suo ordine era veramente perfetto. Non poteva esserci qualcosa che non fosse al suo posto, neanche per sbaglio per non parlare di pavimenti e superfici dei mobili: sempre e comunque pulite e brillanti. C’era solo una stanza che Edgar non puliva... non amava nemmeno metterci piede, in realtà. Si trattava di quella piccola stanza di fronte all’ingresso. Era troppo piccola per lui... troppo stretta... troppo buia.
Le cose andarono avanti a quel modo per molto tempo e sembrava che l’equilibrio della pseudo famiglia Bowen potesse procedere su quella via per molto tempo ancora finchè non successe qualcosa.
Successe, una volta che il padre del piccolo Edgar pensò che suo figlio gli avesse mancato di rispetto troppe volte. Pensava che l’aria di sufficienza del figlio fossero un insulto implicito alla sua persona e un grido silenzioso della sua incapacità come genitore. Odiava quel bambino che era così maniaco del pulito e dell’ordine. Odiava il fatto che tenere in ordine la casa lo rendesse così felice. Odiava il fatto che stesse sempre fra i piedi con scopa e paletta in mano quando avrebbe dovuto togliersi dai piedi per andare a giocare in strada. Odiava quell’intenso odore di ammoniaca che quel moccioso sbatteva sempre sul pavimento e che gli faceva venire la nausea. Odiava quella odiosa faccia da stupido... e quegli occhi che lo squadravano con sufficienza e che non raccoglievano nessuna provocazione.
“TI PIACE PULIRE QUESTA CASA, VERO??? ALLORA PULISCI ANCHE LO SGABUZZINO, PICCOLO SGUATTERO! LO VOGLIO SPLENDENTE!”
Lo strattonò per un braccio e lo chiuse in quella piccola stanza... in quel piccolo sgabuzzino buio e stretto. Edgar sentì la chiave girare seccamente nella serratuta... il rumore gli fece eco nelle orecchie e nella testa e gli infuse una paura del diavolo. Adesso è opportuna una nota. Anche se lo abbiamo già detto in più di una occasione vogliamo essere sicuri che abbiate capito bene perciò lo ripeteremo. Edgar aveva una passione per il pulito... una passione che fece molto presto a sfociare in ossessione... non poteva sopportare di vedere un granello di polvere... non ce la faceva proprio! Non riusciva a dormire se non era sicuro che tutto fosse perfetto! Solo lo sgabuzzino era il suo punto debole. Voleva addirittura convincersi che non esistesse... che quella porta non portava da nessuna parte; che fosse una stanza murata. Trovarsi lì dentro adesso era difficile da sopportare. Sentiva odore di sporco dappertutto. Non passava un filo d’aria, si sentiva soffocare!
Passava le mani al buio sulle superfici e se le sentiva cariche di polvere... stava perdendo contatto con il suo mondo... lo sentiva allontanarsi sempre di più. Poi, sentì una strana sensazione ai suoi piedi... un leggero solletico. Un fastidioso solletico che si spostava sulla gamba e poi solletico anche sul braccio. Qualcosa sulla sua pelle che gli causava quel solletico... un solletico che non strappava alcuna risata, anzi... da qui alla certezza che qualcosa si stava muovendo sul suo corpo, il tempo fu breve. Che MOLTI QUALCOSA si muovevano sul suo corpo!
Con una casa così pulita non potevano esservi molte altre alternative... il quartiere vicino al porto di Manhattan non poteva tra l’altro dirsi fra i più presentabili. Gli insetti nelle case erano frequenti... insetti di tutti i tipi e famiglie: si andava da cimici, mosche, centopiedi alle più schifose blatte ed ai grossi e pelosi ragni e tutti quanti davano non poco da fare alle padrone di casa ed a tutti gli inquilini in genere. L’hobby del piccolo Edgar aveva segnato una svolta in quel quartiere ed anche se i suoi genitori non apprezzavano l’operato, anzi lo odiavano, l’appartamento della famiglia Bowen era l’unico a non avere inquilini indesiderati nascosti fra le crepe dei muri o sotto i mobili. Con tutto quell’ordine era impossibile trovare il luogo ideale per una tana e non parliamo della possibilità di trovare del cibo. Tuttavia, il ripostiglio non era mai stato oggetto delle attenzioni del giovanissimo casalingo... a questo punto potete supporre che quella stanzetta aveva dato rifugio a molti insetti che non potevano usufruire del resto della casa. Insetti che ora dimostravano curiosità verso quel piccolo gigantesco intruso dall’aria tanto spaventata. Non avevano nemmeno il più remoto pensiero di fargli del male: alcuni erano stati solo disturbati dalla sua presenza, altri si accontentavano di osservarlo al buio, ben nascosti nelle loro tane. Chi invece aveva ceduto maggiormente alla curiosità di vedere da vicino il nuovo arrivato era stata la prosperosa famiglia di ragni che domiciliava vicino alla scarpiera come testimoniavano le tante ragnatele costruite sotto gli sportelli. Non stiamo parlando di ragni mastodontici... comunissimi Diaspidi, ragnetti lunghi poco più di sei millimetri, tanto veloci quanto innocui. I classici ragni domestici che si dice portino fortuna o soldi agli abitanti dei luoghi che ospitano pure loro. Nel caso della famiglia Bowen entrambe queste leggende si erano dimostrate prive di fondamento... ciò non toglie che fossero ragni innocui, sebbene non proprio affascinanti. Purtroppo il loro aspetto fisico non risultò gradito nemmeno a Edgar, una volta che i suoi occhi si abituarono all’oscurità e poterono vedere cosa effettivamente gli provocava quel fastidioso solletico. Inutile dire che il ripostiglio si saturò molto presto delle grida di puro terrore di quel bambino, che si buttò sul pavimento rannicchiandosi su sé stesso. Ma i ragni continuavano a correre lungo il suo corpo avanti ed indietro fino a raggiungere i capelli ed a rimanere impigliati come se lo fossero della loro stessa ragnatela. Non ci è dato sapere chi fosse il più impaurito. Per lo meno i ragni non potevano gridare o piangere. Con il passare delle ore, però, anche Edgar dovette rassegnarsi... il padre si decise ad aprire la porta solo dopo molto silenzio... Edgar era ormai solo una specie di fantoccio meccanico che pareva guasto da tanto tremava... non era quasi più in sé. Un vicino di casa richiamato dagli strilli andò a vedere cos’era successo e di fronte a quel triste spettacolo, chiamò di corsa un’ambulanza. Dovettero portarlo al pronto soccorso e fu necessaria quasi una settimana prima che si riprendesse dallo schock... madre e padre erano molto preoccupati... per paura di beccare una denuncia di maltrattamento a minore. Una volta dimesso, sembrava che la brutta avventura fosse solo un ricordo destinato a svanire nel tempo... invece Edgar Bowen ebbe tremendi incubi per anni ed anni... si può dire per tutta la sua adolescenza. Si risvegliava madido di sudore; a volte erano le sue stesse grida a svegliarlo e sempre più spesso quel ragno enorme faceva da star ai suoi incubi. Si divertiva ad apparire nei modi più fantasiosi: dalle nuvole, dalle rocce di una montagna o ancora dal mare e con altrettanta fantasia inseguiva il povero Edgar che non riusciva mai a mettersi al sicuro e finiva in modo atroce... divorato, soffocato dalla ragnatela che gli veniva avvolta addosso o trafitto da una delle zampe.
Puro terrore. La paura numero uno era questa per Edgar Bowen. A dire la verità era la sua unica paura ma sopperiva degnamente alla mancanza di tutte le altre. E gli incubi erano solo la punta di diamante. Ogni volta che vedeva un ragno in qualunque contesto fosse, Edgar si paralizzava completamente... letteralmente incapace di muoversi ma anche soltanto di parlare. Gli occhi sbarrati e le mani fredde come quelle di un cadavere. Il tutto si interrompeva solo se qualche anima pia aveva la bontà di rimuovere l’insetto da davanti ai suoi occhi oppure se egli stesso si dileguava. Non riusciva ad avere una vita decente... la paura di imbattersi in quegli insetti, grandi o piccoli che fossero, provocava altri incubi... a volte più di uno per notte... non c’era sonnifero che riuscisse a farlo stare meglio... sembrava una catena destinata a portarlo allo sfinimento o addirittura alla follia, fino a che non si decise a chiedere l’aiuto di uno psicologo.
Fu davvero un’ottima idea.
Gli insegnò ad esorcizzare la propria paura in maniera eccellente. Non riusciva a crederci di non averci pensato prima... in fondo, la paura gli impediva di ragionare adeguatamente. Esorcizzare la paura era davvero la cosa giusta da fare... l’unica cosa possibile. Edgar Bowen decise di diventare un disinfestatore e di mettersi in proprio nella sua lotta contro gli insetti, specialmente contro i ragni.
Obiettivamente, dobbiamo dire che Edgar è molto bravo nel suo lavoro. Adesso ha una vita come sperava quando era ragazzo ed il fatto di avere sconfitto i suoi incubi peggiori gli ha dato più fiducia in sé stesso di quanto non immaginasse. Ma questa fiducia ha fatto affiorare anche una feroce e orribile malvagità. Gli stessi clienti soddisfatti del suo operato e testimoni delle sue azioni di pulizia sono rimasti scossi dal sadismo che l’uomo non nasconde quando uccide quei piccoli ragni che cercano inutilmente di fuggire da tutte le parti. Come fosse un leone che aspetta di ghermire una gazzella, Edgar si apposta vicino alle tane, spruzza le sostanze per stanarli e attende fino a quando non li vede uscire. Digrigna i denti quando li pesta con i piedi o li soffoca con gli insetticidi. Ride soddisfatto quando i suoi occhi si soffermano su tutte le vittime della sua furia. E le stesse sostanze che usa per indurli ad uscire allo scoperto e dare loro il colpo di grazia è lui a produrle a casa sua, in quello che definisce “il suo studio”. Sa tutto sugli insetti e sa molto di più su tutte le specie di ragni esistenti al mondo. ha un sacco di libri e foto sull’argomento e non trascura di tenersi costantemente aggiornato perché a detta sua non si conosce mai abbastanza bene il proprio nemico.
“Basta restare un passo dietro di loro e questi piccoli figli di puttana ad otto zampe ti fregano senza pensarci due volte! Ma non lo faranno con me... io li conosco. So come pensano. Non riusciranno a fregarmi... mai!”
Un vero killer di insetti. Bravissimo nel suo lavoro ma ossessionato al limite da esso. Ma forse, per fare bene il proprio lavoro è necessario esserne ossessionati. Forse è lui ad avere capito tutto. Ma la sua malvagità, il suo piacere nell’uccidere chi non può difendersi non è assolutamente giustificabile... nè comprensibile.
Ci sono tanti altri aspetti odiosi di Edgar che potremo raccontare, come il fatto che tenga il conto dei ragni uccisi o che abbia acquistato alcuni esemplari esotici nei negozi di animali solo per poter sperimentare su di loro i suoi veleni e vedere che effetto hanno... o per meglio dire... quanto soffrono dopo il suo trattamento. Vi risparmiamo tutto questo perché pensiamo abbiate già capito che razza di persona sia. Siamo d’accordo con voi che esistono persone molto più malvagie di Edgar Bowen... persone che provocano guerre solo per riempire il loro portafoglio; persone che stuprano bambini;persone che uccidono i loro genitori o i loro figli. È vero: queste persone sono molto peggio di Edgar Bowen. Ma noi siamo qui per raccontarvi di lui.
Ribadiamo il fatto che non vogliamo giudicarlo anche se non abbiamo simpatia per lui. Vogliamo finire la nostra storia ed aspettare che siate voi a fare il vostro commento. Magari sarà uguale al nostro pensiero o forse no. Finiamo il nostro racconto e lo sapremo. Rimane da raccontare la svolta nella vita di Edgar. Una svolta dettata dalla comparsa di una donna. La donna che gli ha fatto battere il cuore.
Un lavoro vicino a Wall Street.
Nei pressi di Ground Zero. Una chiamata urgente da una giovane donna che sembrava terrorizzata al telefono:
“Venga subito, signor Bowen, la prego! Sono dappertutto! Non so che fare! Venga subito!”
Il tempo di farsi dare l’indirizzo preciso ed Edgar è arrivato subito. Era prevedibile che tutti quei cantieri aperti per costruire la Tower of Freedom facessero uscire allo scoperto anche ragni ed insetti di vario genere. Troppa polvere. Troppo sporco dappertutto.
“Sinor Bowen! Grazie di essere stato così rapido!”
“Non si preoccupi, signorina. La rapidità è una delle componenti fondamentali del mio lavoro. Rapidità nella chiamata e rapidità nella disinfestazione! Mi dica: dove sono quelle bestiacce?”
“Le ho scoperte stamattina in cucina mentre facevo colazione. Stavo riponendo la tazza sul lavello quando me ne sono trovati due che mi passavano davanti, vicino alla lavastoviglie. Ho urlato come una cretina! Se non altro è servito a spaventarli ed a farli correre dietro al forno. Forse hanno la tana proprio là! Io li odio i ragni!!”
“Beh...è una cosa che abbiamo decisamente in comune! Ha fatto caso al loro colore ed alle dimensioni?”
La ragazza non nasconde un certo imbarazzo nel rispondere alla domanda:
“Veramente no... ero troppo spaventata per stare a guardare il colore e quanti peli avevano sul corpo. In quanto alle dimensioni, posso assicurarle che erano più grossi di quanto potessi sopportare!”
“Ah, ah!! Capisco. In ogni caso non c’è nessun problema. Risolverò presto come faccio di solito. È parecchio tempo che mi dedico a questo mestiere e non mi vanto quando dico che sono diventato uno dei migliori in questo campo, specie quando si tratta di ragni. Sono un vero flagello per quei piccoli bastardi! Avrà modo di vederlo, miss...?”
“Nephila. Mi chiamo Nephila.”
“Nephila? Strano nome. Non ne avevo mai sentito di simili. È bello però. Intrigante.”
“Grazie. È originario delle Seychelles, dov’è nato mio padre.”
“Adesso mi scusi, ma è il momento di mettersi all’opera. Allora, lei ha detto che sono spariti dietro il forno... un ambiente dove c’è una certa umidità, come del resto nella stessa cucina. Potrei pensare alla famiglia dei Dictynidae ma sono di piccolissime dimensioni... oppure potrebbero essere degli Atypidae. Questi preferiscono le zone umide e possono trovarsi anche in casa anche se è raro vederli allo scoperto. Soltanto i maschi escono raramente durante la stagione dell’accoppiamento proprio per cercare la femmina. Sono abbastanza grossi e fra i più disgustosi a vedersi. Altrimenti, potremmo avere a che fare con uno Zoropsidae, il più grosso di quelli che ho elencato; ma è anche molto lento e non credo si sarebbe precipitato dietro l’elettrodomestico così in fretta al suo grido. Sono davvero incuriosito. Ma adesso vedremo quale delle mie ipotesi è quella giusta. Ho giusto preparato stamattina un nuovo repellente in grado di dare parecchio fastidio a quegli schifosi e farli uscire allo scoperto con la velocità di un fulmine.”
“Un repellente? Non è che mi impesterà tutta la casa?”
“Non si preoccupi! Ho fatto in modo che fosse inodore per l’olfatto umano. Farà vomitare solo i nostri amici lì dietro! E quando usciranno... sarà l’ultima cosa che avranno fatto nella loro misera vita!”
“Sembra che lei odi i ragni dal profondo del cuore!”
“Lo può dire forte! Una volta mi terrorizzavano ma sono riuscito a superare la mia paura ed ora mi diverto ad essere pagato per ucciderli! In fondo tutti odiano gli insetti ed in particolar modo i ragni. Del resto, non vedo proprio quale utilità possano avere per noi.”
“Eppure conosce molte cose su di loro.”
“Beh...è sempre stato il mio motto. Se vuoi combattere al meglio il tuo nemico devi conoscerlo a fondo e riuscire a prevedere ogni sua mossa. Io l’ho fatto e non mi hanno mai fregato. Se avessero un briciolo di cervello, avrebbero già alzato i tacchi da questa città ma il fatto che insistano a restare mi fa anche piacere: non mi tolgo il divertimento a vederli mentre li faccio a pezzi!”
Nephila rimane visibilmente scossa dalle parole di Edgar e si allontana quando il disinfestatore prende dalla valigetta una piccola fiala e ne versa il contenuto trasparente vicino al forno.
Passano i minuti e non accade nulla. Forse gli sgraditi ospiti non sono più là dietro o il nuovo preparato di Edgar non ha sortito l’effetto sperato. L’uomo è abbastanza deluso ma non ha intenzione di rinunciare alla sua caccia ed al brivido che gli ha sempre regalato.
“Non volete uscire, eh? Piccoli bastardi! Volete fare gli ossi duri? Ma vi dimostrerò che lo sono più di voi!”
Di colpo, un grido lo fa schizzare in piedi e lo fa voltare. Vede Nephila correre a nascondersi dietro il divano.
“Aahhh!!! Il ripostiglio! Sono dentro il ripostiglio!”
Ma come cavolo hanno fatto ad arrivare lì dentro senza che li vedesse? O forse sono altri? Non importa.
Edgar raccoglie le sue cose e si precipita di fronte al ripostiglio buio giusto in tempo per vedere due grossi ragni, l’uno accanto all’altro, sfrecciare dentro l’oscurità protettiva della stanza. Prova a premere il vicino interruttore più volte ma la luce non vuole saperne di accendersi.
“La lampadina è fulminata” gli spiega la ragazza, ancora al riparo del divano “Dovevo cambiarla un sacco di tempo fa ma non ho mai avuto l’occasione di farlo... mi spiace.”
Edgar non risponde.
Per qualche momento rimane a fissare l’ingresso del ripostiglio. Non ha un buon rapporto con quel genere di stanza. Non gli piace entrarci da quando ha avuto quel trauma e tantomeno gli va di farlo a luce spenta. Ma si è appena vantato di saper fare bene il suo lavoro sciorinando gran parte del suo repertorio sulla conoscenza degli aracnidi. Che figura farebbe adesso se si tirasse indietro e se magari la sua cliente riuscisse a leggere la paura del buio nei suoi occhi? Deve entrare e finire alla svelta il suo lavoro. Deve tenere alta la sua reputazione di sterminatore. Vuole provare ancora il brivido della caccia. Non sarà un problema per lui. Ha superato quel trauma! Quel ripostiglio buio non può fargli paura!
Il volto risoluto, Edgar prende una piccola torcia elettrica dalla tasca della salopette da lavoro, la accende e la punta verso il pavimento del ripostiglio, illuminandolo di una luce spettrale, dopodiché varca la soglia ed inizia l’esplorazione.
Il fascio luminoso scorre lentamente lungo le mattonelle in cotto mentre gli occhi del disinfestatore sono attentissimi a cogliere il minimo movimento da parte della coppia di grossi ragni ed i sensi sono tutti all’erta come un predatore che si accinge a gettarsi sulla preda per dilaniarla. Nella tasca sul petto della tuta c’è un’altra provetta di repellente che Edgar sta già pensando di usare quando il cerchio di luce per terra imprigiona l’inconfondibile sagoma di una delle due prede. Il ragno resta accecato e disorientato dal raggio luminoso puntato addosso ed il fatto di essere incerto sulla direzione da affrontare per la sua fuga gli è fatale. Edgar non ha esitazioni nel sollevare la gamba e sbattere furiosamente lo stivale sopra la testa del malcapitato insetto che esplode letteralmente, subito seguita dal resto del corpo, spargendo gli arti e le interiora sulle mattonelle vicine, fuori dalla luce. Una breve risata fa seguito all’esecuzione appena commessa e la gioia aumenta quando anche il secondo ragno esce dalle tenebre e raggiunge frettolosamente ciò che resta del suo simile... parrebbe quasi voglia prestargli soccorso. Edgar lo vede muoversi e girare fra le zampe inerti e la chiazza putrida che una volta era un corpo.
“Sei triste? Era la tua fidanzata, per caso? Oh, non preoccuparti. Vi riunirò subito.”
Niente stivale per la seconda vittima. Il carnefice preferisce chinarsi sull’insetto e spruzzargli addosso tutto il contenuto di una piccola bomboletta, che teneva in una tasca della cintura porta-attrezzi. Il ragno, colpito in pieno sembra come impazzito... lo si vede roteare su sé stesso sempre più veloce e pare che si sprigioni del fumo dal suo corpo. L’aracnide non capisce cosa gli stia succedendo ma è certo di provare un dolore atroce e non sa come farlo cessare... anzi, lo sente aumentare a dismisura quando più parti del suo corpo sembrano sciogliersi. Presto le zampe si staccano e lo fanno piombare al suolo come fosse un giocattolo che ha esaurito la carica, poi il fumo su di lui diviene più denso e le molteplici bolle che si formano sulla testa danno adito a pensare che quel crudele bastardo gli abbia schizzato addosso acido solforico o qualcosa di simile. Una morte atroce ma assolutamente silenziosa. L’insetto agita disperato le chele sul muso ancora per qualche attimo e quando anche il cervello si liquefa è finita.
Come un insensibile becchino, Edgar pulisce tutto con una piccola scopa, anch’essa parte del suo equipaggiamento e mette i due cadaveri martoriati all’interno di una busta di plastica trasparente... non si sa bene per quale motivo voglia conservarli ma di certo questo è un altro chiaro indizio di quanto la sua mente sia malata.
Ancora gongolante, eccolo uscire dal ripostiglio e dare il responso della vittoria schiacciante alla giovane cliente:
“Missione compiuta! Quelle schifose bestiacce si trovano in un posto migliore!”
“Allora la posso chiamare mio eroe!” Risponde lei con un sorriso “Il minimo che posso fare per ringraziarla, oltre a pagare il suo servizio ovviamente, è invitarla a cena.”
L’inaspettato invito fatto con tanta naturalezza ed entusiasmo e soprattutto da una ragazza così bella, ha davvero il potere di cogliere Edgar in contropiede, che ora arriva persino a vergognarsi di portare la tuta da lavoro di fronte al così bel vestito di Nephila. Nessuno lo aveva mai invitato a cena e soprattutto nessuno dei suoi clienti. Adesso la cliente è davvero bella... sarebbe da stupidi rifiutare!
“Ehm... io non so che dire...”
“Non c’è nessun bisogno che dica nulla, allora. Passi a prendermi verso le sette e la porterò in un ristorante dove fanno un filetto al pepe delizioso.”
La cena è stata magnifica. Così come la compagnia. Nephila è una donna fantastica. I suoi capelli corvini e gli occhi verde smeraldo sono quasi ipnotici. La sua pelle è profumata e dolce a vederla. Edgar non poteva davvero sperare in meglio ed ancora fatica a credere che sia successo a lui così all’improvviso. Come fatica a credere di non pensare ai ragni per la prima volta da tanto tempo. Solitamente, a quest’ora era nel suo “studio” ad elaborare nuove sostanze di tortura. Adesso non gli importa nulla, anzi vorrebbe fermare il tempo e coltivare ancora a lungo quella calda sensazione di serenità che ha avvolto il suo cuore! Innamorato? Anche una bestia come lui può arrivare a conoscere l’amore? Parrebbe di sì.
Anche il vestito che porta è una sorpresa per sé stesso: forse l’aveva acquistato tempo fa ma non ricorda quando né per quale occasione e di certo non pensava di portarlo nuovamente.
“Forse ti sono sembrata troppo aggressiva oggi? Ma credo che si debba essere decisi quando si desidera una cosa. L’incertezza la può far scivolare dalle nostre mani.”
“Ho apprezzato molto la tua decisione, invece. Anzi, vorrei che mi avessi chiamato molto prima.”
“Non trovi buffo che dobbiamo ringraziare due ragni se ci siamo conosciuti? Non sarebbe mai successo se non fossero piombati a casa mia.”
“A dirti la verità preferisco pensare che fosse destino. L’idea dia associare la tua bellezza allo schifo di quelle cose ad otto zampe mi fa venire voglia di vomitare tutto quello che ho mangiato, Ah, ah!!”
Nephila non ricambia la risata.
“Posso chiederti per quale motivo li odi così tanto? In fondo sono solo insetti. Non credo che possano averti fatto tanto male da giustificare tutta la tua rabbia!”
“Oh, l’hanno fatto, invece! Fidati di me anche se non ho voglia di raccontarti ora tutta la storia. Ti garantisco però che si sono guadagnati tutto l’odio che posso scaricare su di loro. Li odierò finchè avrò fiato... mi hanno spaventato per anni e voglio passare ancora molto tempo a ricambiar loro il favore.”
Inutile. Tutto inutile.
Qualunque tentativo di cambiare Edgar Bowen o perlomeno di affievolire la sua ira è destinato a risolversi in un buco nell’acqua.
Nephila non insiste oltre.
La serata prosegue a casa della ragazza... Edgar non vuole correre troppo nemmeno con sé stesso ma c’è una vocina dentro di lui che continua a suggerirgli di provare molto di più di un’attrazione fisica per quella ragazza. Certo, l’attrazione fisica c’è eccome ed è anche difficile da tenere a bada... ma c’è di più. È come se tutto sé stesso non aspettasse altro che incontrare quella donna così affascinante. Come se la volesse da sempre. Qualche aperitivo sul divano fra chiacchiere per conoscersi meglio e sorrisi d’intesa.
Ad un certo punto, Edgar sente la testa incredibilmente leggera... la vista si annebbia ed i movimenti sono diventati molto lenti.
“Mi sa che ho bevuto troppo...”
Lei lo fissa e di colpo si fa seria. Un volto duro, come scolpito nella pietra... di una agghiacciante severità.
“Non hai bevuto molto, Edgar... il sonnifero sta facendo effetto.”
“Sonn... sonnifero??...”
“Non pensarci. Lasciati andare. Dormi.”
Il sonno piomba su di lui come una frustata. È impossibile dire quanto tempo trascorra.
Di colpo gli occhi si spalancano. È completamente nero davanti a lui. Sdraiato nel buio. Fa per alzarsi ma scopre che non può. È completamente paralizzato. Non capisce su cosa sia sdraiato... molle... viscido... incredibilmente resistente. Si sforza al massimo, tende i muscoli delle braccia e delle gambe quasi a farli scoppiare... nessun risultato.
Il terrore lo assale. Il terrore di essere completamente impotente. Il terrore che stia per succedere qualcosa di molto brutto.
“AIUTOOOO!!! QUALCUNO MI SENTE? VI PREGO AIUTATEMIIIII!!! AIUTOOOOOO!!!! C’è NESSUNOOOO??? PER FAVORE!!!”
Nessuno. La sua voce viene risucchiata dal buio. Dove si trova? Perché? Il sonnifero! È stata Nephila!
Due sfere rosse enormi compaiono a qualche metro da lui. Due sfere vicine ad interrompere quella notte di pece. Quel colore rosso sangue che infonde ancora più paura. Come i due occhi di un mostro che lo contemplano. Poi una voce familiare si rivolge a lui... la voce di Nephila. O almeno sembra essere la sua, anche se sembra... diversa. rimbomba tutt’intorno e pare carica di rabbia.
“Hai detto che odi i ragni e che li odierai per sempre... anche i ragni possono odiare.”
Qualcosa scuote vigorosamente la sostanza che lo blocca e le due sfere rosse si avvicinano pericolosamente. Lo sforzo per afferrare la torcia elettrica legata al mazzo di chiavi nelle tasche gli costa lo stiramento della spalla ed un acuto grido di dolore... nulla in confronto a ciò che prova quando preme l’interruttore ed il fascio di luce artificiale illumina la macabra scena ed il biancheggiare dell’immensa ragnatela che lo avvolge gli fa quasi perdere la ragione.
“No... NO!!”
“Ti ho dato un’occasione per cambiare... ho cercato di farti capire che anche noi conosciamo i sentimenti. Ma tu non hai voluto ascoltare... il tuo odio è troppo grande per permettere che possa continuare a farci del male. Hai ucciso quei due ragni e ridevi mentre lo facevi. Due povere creature che volevano solo vivere ed amarsi proprio come fate voi umani. Non hai avuto nessuna pietà. Adesso devi essere punito per tutto il dolore che hai causato...”
“NOOOOO!!!! NOOOOO!!!! NOOOOO!!!”
Le ultime strazianti grida si perdono nel vuoto e mentre le gigantesche chele luccicano e si avvicinano alla sua testa, grondando fiumi di saliva bianca, Edgar si rende conto che avrebbe dovuto capire... avrebbe dovuto rendersi conto. Eppure lui sa tutto sui ragni! Li ha studiati per anni! Ed ora ricorda bene anche quel ragno, proveniente dalla Thailandia e da Taiwan... incredibilmente aggressivo... molto grosso e secondo a ferocia solo alla vedova nera. A volte attacca anche l’uomo. Il nome completo è NEPHILA MACULATA.
La nostra storia è finita. Come abbiamo detto, non daremo nessun giudizio. Quel giorno ci siamo liberati di un nemico implacabile. Non abbiamo iniziato noi questa guerra... ma siamo stati costretti a terminarla per proteggere i nostri cari e noi stessi. Noi chiediamo solo di vivere in pace. Possiamo essere viscidi, schifosi e persino raccapriccianti quanto volete... ma riflettete su una cosa: siamo insetti e ci meritiamo il nome che portiamo. Ne andiamo fieri. Non significa essere disgustosi. Voi potete dire altrettanto? Meritate il nome di ESSERI UMANI? Vi preghiamo... riflettete.
FINE
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