Ascoltava musica senza volume. Qualcuno aveva già cercato di spiegarglielo, di fargli capire che non era normale. Ma “cosa c’è di strano?” lui rispondeva, ribaltando lo stato delle cose per mettere all’angolo l’altra persona, come si trattasse di una sfida o di una battaglia da vincere. Cosa c’era, di strano, era difficile da spiegare. “Hai delle cuffie nelle orecchie, sono fatte concepite e sviluppate per trasmettere impulsi sonori ai tuoi timpani, modificare la tua percezione del mondo attraverso la riproduzione di onde per via elettromeccanica. Questo c’è di strano. Non le usi, le hai, ma non le usi”.
“Quante cose si hanno e non si usano”, rispondeva. “Nel mobiletto, in bagno, a fianco dello specchio, ho una scatola con dell’aspirina. Ce l’ho, la tengo li, ma non la uso. La sua unica funzione è di rimanere a disposizione, pronta in caso di necessità a sopprimere un mal di testa, o la febbre, o anche solamente un malessere interiore che non riconosco come tale. Così è per la musica. Come una medicina che spero sempre di non dover usare”.
Ascoltava la musica senza volume. Qualcuno aveva già cercato di spiegarglielo, di fargli capire che non era normale.