Era una notte d’inverno, avevo solo cinque anni, mi ritrovai sopra l’autobus giallo dell’asilo che ogni giorno mi portava da casa all’asilo e dall’asilo a casa, il pulmino era pieno di bambini, ognuno seduto sul proprio posto, l’autista a sinistra che guidava con prudenza nella notte buia, la suora a destra, dietro l’autista, che stava attenta a noi, e dietro la suora vestita di bianco che stava attenta a noi, e dietro l’autista che guidava con prudenza nella notte buia, sei file di amici miei seduti a destra e a manca, poi c’ero io seduta a destra vicino al finestrino, che guardavo fuori, e dietro, sull’ultimo sedile, c’erano Anna e Marika che giocavano a lasciarsi spostare ogni volta che c’era una curva, lo facevamo sempre quel gioco, per ridere un po’, il gioco delle curve lo chiamavamo, il gioco delle curve. Dopo poco mi accorsi che il gioco delle curve lo stavamo facendo tutti, e ognuno nel proprio sedile, anche se non era l’ultimo sedile, famoso per il gioco delle curve, pure la suora lo faceva il gioco delle curve, ma nessuno lo faceva di sua spontanea volontà, l’autista adesso non guida più con prudenza nella notte buia, no, l’autista va veloce, l’autobus giallo dell’asilo comincia a prendere fuoco, e la suora impazzita, vestita di bianco a destra, dietro l’autista dice di andare tutti sotto i sedili e viene vicino a me, Marika e Anna, poi dei colpi di fucile, secchi e duri. Fiamme, fumo, odore di fumo e colpi di fucile, tanta paura.
Poi apro gli occhi, e vedo il viso di mia mamma sopra di me che sorride, e mi dice: “Svegliaaaa! È ora di alzarsi!” E allora mi resi conto che era solo un incubo, solo, il mio cuore riprese il suo normale battito, e io mi alzai, felice della mia scoperta.