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Incontro
Era quasi l'ora del tramonto. Davide camminava sulla spiaggia senza avere una meta particolare, così, godendosi la luce di fine giornata in una serata di fine estate. La spiaggia sembrava deserta, ma con gli occhi socchiusi per via del sole radente, non riusciva a vedere molto lontano, solo ombre lunghe.
Lei era lì. Sdraiata su un telo di spugna, nell'ombra proiettata dalla splendida chioma di un pino marittimo solitario, lasciava che la brezza proveniente dal mare le accarezzasse la pelle, mentre con gli occhi chiusi si concentrava sul rumore delle onde che, vicinissime, lambivano la costa sabbiosa di quel tratto di mare.
Davide continuando a camminare la vide entrare nel suo campo visivo, dapprima in lontananza poi sempre più vicino.
Aveva i capelli lunghi e neri, la pelle leggermente ambrata, un'espressione rilassata; ogni tanto socchiudeva gli occhi per bearsi della vista del cielo filtrato tra i rami dell'albero che le offriva il riparo della sua ombra.
Quando fu ad un passo da lei, Davide si fermò e disse semplicemente "Ciao".
Lei aprì un solo occhio, il destro, come era solita fare quando aveva il sole negli occhi, e senza spostarsi dalla sua posizione, con un'espressione leggermente interrogativa, rispose al saluto: "Ciao".
A lui sembrò naturale sdraiarsi accanto a lei, e continuare la conversazione iniziata con tanta semplicità.
"Mi piace guardare il cielo da sotto gli alberi" disse lei.
"Hai ragione, non ci avevo mai fatto caso, è bellissimo" rispose lui.
Quando il sole cominciò a tuffarsi dietro l'orizzonte, lei si alzò a sedere, il viso illuminato di rosso dalla luce del tramonto, e raccogliendo con calma le proprie cose lo salutò dicendo:
"Allora a domani, forse"
"Ok, a domani" disse lui, e restò un attimo fermo a guardarla mentre si allontanava a passi decisi, l'asciugamano buttato in modo casuale sulla spalla abbronzata.
...
Davide tornò il giorno dopo, alla stessa ora, e la trovò nello stesso posto, nella stessa posizione, questa volta che ascoltava musica con una coppia di auricolari nelle orecchie, e gli occhi chiusi.
Si stese accanto a lei e cominciarono a parlare, e intanto che parlavano passava il tempo, la luce cambiava, ma entrambi avrebbero voluto restare li per sempre, se non avessero dovuto, dopo un po', tornare alle proprie rispettive vite, che via via diventavano reciprocamente meno misteriose, come pure le loro anime.
Ogni sera si salutavano e andavano via con la consapevolezza di essersi entrati nel cuore un po' di più, fino a quando il sentimento esplose in tutta la sua pienezza, e non fu più possibile per loro fare finta che non fosse successo.
Cominciarono a cercarsi anche al di fuori del loro spazio, del loro appuntamento fisso, a sentirsi e a vedersi più spesso. La prima volta che si baciarono fu chiaro per loro che era lì che dovevano andare, che quello era un passaggio scritto, e niente avrebbe potuto evitarglielo.
E tale era l'ebbrezza di stare insieme, che tutto il resto sembrava solo un'attesa, un tempo inutilmente dilatato che aveva il solo scopo di portarli attraverso l'oceano delle non poche incombenze quotidiane di entrambi, verso il porto sicuro del loro essere un solo cuore e una sola anima.
Ci furono anche momenti bui: sere in cui lei lo aspettò a lungo senza vederlo comparire, ferma sotto la pioggia senza curarsi di cercare riparo, si chiedeva incredula come fosse possibile, cosa potesse essere successo per tenerlo lontano. Successe più di una volta, ma ogni volta che uno dei due si allontanava, qualcosa lo costringeva a tornare, il vuoto era troppo grande, i pensieri di solitudine insopportabili, pur nella folla agitata che li circondava nelle rispettive vite.
Una volta lui stette via a lungo, e lei fece tutto il percorso della disperazione, la discesa nel pozzo e la risalita, fino a trovare la forza di farsi una ragione, dopo aver tentato inutilmente di richiamarlo a sè. Quando era quasi decisa a non tornare più nel loro posto, ad abituarsi alla sua mancanza, una sera lui tornò. Lei non lo aspettava, ma nel vederlo il suo cuore fece un tonfo, i battiti accelerarono e il respiro le si fece affannoso.
Lo abbracciò a lungo, e quando l'abbraccio si sciolse, lui la guardò dritta negli occhi e le disse:
- Devo partire.
- Devi proprio?
- Si. Era un viaggio che volevo fare da tempo, ho aspettato tanto. Ora non vorrei più, ma è deciso. Tutto è deciso, il viaggio è prenotato, la data fissata. I compagni di viaggio contano su di me.
- Posso venire con te?- chiese lei con l'espressione senza speranza di chi conosce già la risposta.
- No. Non sai quanto mi dispiace.- il suo dispiacere sembrava sincero. Stava sorprendentemente annunciando il raggiungimento di un suo obiettivo e il rammarico per averlo raggiunto. La situazione sembrava assurda a lui stesso mentre ne parlava, e per questo ancora più dolorosa.
Le comunicò il giorno in cui sarebbe partito, mancava ancora qualche mese.
Si guardarono con l'interrogativo negli occhi: se continuare a vedersi e ad amarsi fino all'ultimo giorno, o separarsi da ora per sempre. Lei sapeva che una volta partito non l'avrebbe più rivisto.
Lui le disse: "Io vorrei continuare a vederti, pensaci"
"Va bene", rispose lei girandosi per andare via.
Ci pensò tutta notte, lei, non riuscendo a risolvere l'enigma che era dentro di lei: il suo cuore piangeva al pensiero di non poterlo più riabbracciare, la sua testa le diceva che avrebbe sofferto di più.
Pianse tanto lei, quella notte, ma alla fine, quando fu l'alba, le lacrime le fecero capire cosa doveva fare.
La sera dopo Davide andò alla spi. aggia, e trovò un messaggio che diceva "Sì".
Continuarono a vedersi e ad amarsi come era stato all'inizio. E fu sempre bellissimo. Indimenticabile. Per entrambi.
...
"È domani vero?" disse lei guardando il cielo.
"Si', è domani" confermò Davide, guardando verso l'orizzonte, sopra il mare che ora prendeva un colore grigiastro increspandosi ad ogni alito di vento.
Lei abbassò lo sguardo, come per analizzare ad uno ad uno i granelli di sabbia che in realtà erano troppo vicini perchè potesse metterli a fuoco realmente senza l'aiuto degli occhiali...
Dopo un silenzio che ad entrambi parve interminabile, aprirono bocca simultaneamente per dire
"Che cosa farai?" E istintivamente sorrisero, come succedeva ogni volta che dicevano involontariamente la stessa cosa nello stesso momento, a sottolineare un'identità profonda di pensieri che aveva a volte del soprannaturale.
In realtà erano entrambi atterriti all'idea che questo non sarebbe più successo, che le loro strade si sarebbero divise per sempre, così come divise erano prima di quella serata di fine estate di quasi un anno prima in cui si erano conosciuti.
Guardando Davide negli occhi si sarebbe potuto indovinare il turbinio di pensieri che si agitava nella sua testa, lo sguardo sembrava lontano ma come sempre vivissimo e profondo tradiva uno stato di agitazione che non si sarebbe placato facilmente.
Lei aveva gli occhi lucidi, che camuffava col fastidio dovuto al sole, e con lo sguardo volutamente abbassato respingeva il pensiero del vuoto che sarebbe rimasto al posto dei contatti quotidiani e di tutto quello che avevano costruito in quell'ultimo anno, nel quale era convinta di aver imparato cosa potesse essere l'amore nella sua connotazione più piena e completa.
Il cielo era plumbeo, nuvole grevi di pioggia si addensavano sulle loro teste, il mare grigio rumoreggiava, e il vento soffiava deciso.
Si alzarono in piedi, si presero le mani e decisero di lasciarsi con uno sguardo, senza baciarsi, e soprattutto senza lacrime.
Lei disse "Buona fortuna, Davide, e grazie"
"Grazie di che?" fece lui, vedendo mentalmente scorrere il film di tutti i loro momenti insieme
"Di essere Davide" rispose lei enigmatica.
Poi gli lasciò le mani, si girò, e si allontanò lentamente, senza voltarsi indietro. Lui la guardò a lungo, fino a quando non la vide scomparire contro il cielo che andava facendosi via via più scuro.
Quando non la vide più, si sedette a terra, e pianse.
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0 recensioni:
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- Sai Paolo, forse l'effetto che dici è dovuto al fatto che l'ho scritto in più giorni... d'altra parte è una metafora di vita vissuta, alcune cose mi servivano per legarlo alla realtà, anche se mi rendo conto che non possa essere evidente a chi legge...
Farò meglio al prossimo, spero
Grazie
- è una storia tenera, indubbiamente, ma la suspence è telefonata, poi ha un vago sentore di fotoromanzo, o meglio, di una lettura di Federico Moccia.
comunque la forma è scorrevole, corretta
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