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Grianil d'Aria
Iniziò a rigirarsi fra le lenzuola, sentiva freddo ma coprendosi sentiva il calore avvamparle dentro. Si alzò per spegnere la lampadina che illuminava la camera e chiuse le tende della finestra per non far filtrare neanche i raggi della luna e gli occhi curiosi del cielo. Si buttò sul letto con gli occhi chiusi, li riaprì. Non poteva crederci, era ancora là.
Davanti a lei, sul muro pieno di foto e disegni, uno strano simbolo luminoso continuava a troneggiare nonostante non ci fosse più nessuna fonte luminosa.
Si guardò spaesata intorno, riconobbe le ombre della sua camera, un brivido le salì per la schiena. Glielo avevano detto, ma lei non aveva mai creduto. Gliene avevano parlato, ma lei ascoltando aveva lasciato che le parole scivolassero via.
Una "S" e una "T" si intrecciavano dentro ad un triangolo verde racchiuso in un cerchio blu. La "S" era come un serpente che stritolava il debole corpo dell'altra iniziale. Socchiuse nuovamente gli occhi e quando li riaprì notò che le lettere si muovevano, come in una danza, come in una lotta, mentre lentamente le figure geometriche iniziarono a vorticare, fino a giungere ad una velocità che sfumava i loro contorni rendendole un'unica linea retta.
"jenny".
Una voce suadente chiamò il suo nome.
"Jenny vieni qui..."
ancora una volta quella voce maschile l'attrasse a sè, mentre la ragazza cercava di resisterle. Per quanto si opponesse si sentiva come un frammento di metallo in balia della forza di una calamita posta a pochi centimetri di distanza. Non sapeva che fare, non sapeva cosa pensare.
Sentì la paura riscaldarle il cuore. Sentì il rimorso prendere a pugni la sua anima Percepì le lacrime che il suo corpo stava iniziando a purgare dalle ferite che con fatica aveva tentato di nascondere.
Una musica dolce iniziò a risuonare nella stanza. Le note danzavano in modo macabro nell'aria e l'ossigeno sembrava rarefarsi man man che il tempo passava.
"Piccola... dai, lo so che mi stavi aspettando..."
La musica divenne una cantilena di parole che Jenny non conosceva eppure si ritrovò a cantare.
Sentì il portoncino di casa chiudersi con un tonfo sordo e i tacchi di sua madre salire per le scale di marmo.
Aprì la bocca per chiamare la madre, ma si ritrovò invece a dover ingoiare acqua gelida che scendendole nella gola la sedò. "... mamma... io... devo... libe.. rarmi... Io... posso.. I-o... devo. voglio... si.. non voglio... be-re... io, faccio... ce, la faccio..."
Non sapeva da dove fosse arrivata quell'acqua, ma il profumo che l'aveva materaliazzata le aveva fatto pensare a 300 rose invisibili sbocciate nello stesso istante.
I passi di sua madre si avvicinarono per poi dirigersi verso il bagno e provocare la desolazione nella ragazza che continuava a lottare contro la forza invisibile di quel simbolo.
Ad un certo punto capì.
Ci fu un momento in cui tutto le fu chiaro. Un solo istante durante il quale il cuore le si era polverizzato per poi riprendere forma. Un periodo di tempo così breve e sicuro da riuscire a confonderla con la sua trasparenza.
"io non posso. Adesso no. Non è il mio momento... ti prego... torna più tardi." Sapeva che poteva udire i suoi pensieri. "ho troppe cose da fare... tanti pezzi del mio puzzle devono ancora essere messi al loro posto." Era insicura mentre pensava queste parole, ma erano l'unica arma che aveva. "Non puoi... io, te chiedo per favore. Sono troppo piccola per te... non ci guadagni nulla.. davvero... non ha senso tuu..." Ma fu interrotta.
Lui era entrato anche nei suoi pensieri e adesso le sibilava le risposte che lei aveva desiderato da sempre. Ebbe tutte le risposte che aveva bramato, cercato, voluto, chiesto, preteso.
Ma sapeva che adesso lui si sarebbe preso il suo tributo. Sospirò e si accasciò sul letto. Accese lo stereo per coprire la litania che continuava a riempire l'aria gelida del Suo respiro.
"Jenny..? Jenny! Quante volte ti devo ancora chiamare? Sono le sette e mezza, sbrigati, devi andare a scuola!".
Ma Dora non sapeva che se fosse andata nella camera della figlia avrebbe trovato solo il vuoto a riempirla. Non c'era più nulla. Non un mobile, non un vestito, non una foto. Solo un biglietto con una grafia sottile e strani ghirigori dall'aria arcaica appeso alla finestra.
Il Grianil d'Aria attua i suoi rapimenti senza lasciare nulla sul suo tragitto. Portando le sue vittime nel Paese dell'aldiqua fa in modo che la loro morte reale non lasci traccia nella vita apparente che le aspetta nel suo mondo, così possono continuare a vivere senza ricordare nulla di ciò che hanno lasciato. E lui può continuare a guardarle da fuori le loro gabbie di vetro trasparente.
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