racconti » Racconti di ironia e satira » Una genuina ignoranza
Una genuina ignoranza
Agnese, dopo aver compiuto le elementari, in un villaggio del messinese, si era trasferita con i genitori a Lione, ove il papà era stato chiamato da una clinica neurologica a svolgere la propria attività di professore psichiatra. Agnese, attratta fin da bambina, dalle lingue ed avvantaggiata, dal fatto di avere origini italiane, aveva, poi, scelto la facoltà di lingue e letterature straniere occidentali.
Agnese era una bella ragazza dai lunghi capelli castano dorato; aveva i tratti del volto delicati, occhi castani e lucenti, come due grandi mandorle, sempre pronti a sbigottirsi per tutto ciò che di strano accade nel mondo; il nasino, leggermente all'insu, e, cosparso di efelidi, denotava un temperamento mite e ribelle al tempo stesso, mentre le labbra a forma di cuore avevano vinto definitivamente la timidezza dell'età infantile ed adolescenziale.
Si era nell'anno 1984; la giovane se era laureata da poco con un punteggio più che soddisfacente e, due mesi dopo, aveva ottenuto una supplenza di letteratura italiana e francese presso un istituto secondario italiano, voluto da una famiglia nobile italiana. Dopo i primi giorni di entusiasmo, Agnese cominciò a manifestare, almeno nel proprio ambiente familiare, la propria delusione: benché le proprie lezioni fossero chiare, animate da un profondo amore per ciò che il suo povero cuore di insegnante, intendeva porgere agli alunni, si accorgeva che i ragazzi non imparavano nulla: erano degli scemuniti o, fingevano di essere tali. C'è da tener presente, che in quell'istituto serpeggiava tra i colleghi, la mania della sopraffazione. Agnese, insegnante succube, come ce ne sono molti, era avvilita e non sopportava più l'ignoranza dei ragazzini, finta o vera che fosse.
Scrisse ai nonni, aprendo il proprio cuore e, nonno Annibale, così le rispose: "Vieni qui da noi, ma non t'illudere: tutto il mondo è un paese e, in un ambiente di lavoro, si trovano sempre prepotenti e succubi; invano cercherai una via di mezzo... Però vieni, ti aspettiamo volentieri: godrai l'aria della tua terra e nonna Benedetta ti preparerà il pesce spada alla ghiotta, che ti piace tanto."
E fu così, che in una bella giornata di primavera, Agnese giunse al villaggio: vide le poche case di sempre e qualche villa in costruzione, vide l'antica fontana che distribuiva acqua potabile ai paesani; riconobbe l'antico muretto spesso, reso rovente dal caldo estivo, sul quale sedeva insieme con le compagnette di scuola a chiacchierare... E ricordò i vecchi quaderni, lindi e ben tenuti con dentro gli esercizi, i temi, i dettati, eseguiti in una scrittura chiara e corretta. "È giusto," si disse Agnese, "che alla fine delle elementari, un ragazzino sappia leggere e scrivere e far di conto, in modo più che accettabile. Purtroppo, non tutti, vanno a scuola."
Ma dov'era finita la casa dei nonni? La memoria vacillava e Agnese, si propose di stare tranquilla e fare dei bei respiri: depose su un muretto il cappello a larghe falde, mentre, i capelli le si scioglievano, raggiungendo le spalle: formava ogni ciocca splendidi ondeggii color castano dorato.
A pieni polmoni, Agnese respirava i profumi che venivano dalla campagna circostante: l'odor delle rose selvagge, della nepitella, del basilico, del trifoglio, della malva rosa, profumi che, ovviamente, si sentono anche in Francia, specie nella Provenza, ma, per Agnese respirati nella terra natia, acquistavano un significato più emozionante. Intanto, passava un uomo col cappello di paglia; Agnese lo chiamò: "Signore può dirmi, per favore, dove si trova la casa del dottor Annibale Delfino?" L'uomo la guardò incuriosito con i suoi occhietti vispi: "Ohhh! Siete voi la piccola Agnese? Quella che ha fatto le scuole alte in Francia?" "Sì", rispose la giovane, "la mia facoltà si trovava su una collina al quarto piano." E l'uomo disse: "Bene, bene, bene: sono molto felice di rivedervi e parlare con una persona studiata. Dunque, vostro nonno abita in quella villetta che troverete, svoltando a destra." Agnese ringraziò, afferrò la valigia, e, dopo pochi passi, voltò a destra. Trovò la casa, o meglio la villa, sempre bella, tra due palme gigantesche; suonò il campanello del cancello e venne alla porta il nonno che, scorgendola chiamò: "Benedettaaa!" Entrambi si precipitarono ad accogliere la nipote: Annibale lanciò in aria il bastone sul quale si sorreggeva, ritrovando le forze e, Benedetta, lasciò incontrollata la frittata sul fornello. "Mia cara nipote, bambina mia." Esclamarono i nonni: "Potevi avvisarci della tua venuta che avremmo mandato a prenderti il cugino Giosuè." "Grazie tante nonnini" rispose Agnese, inondando i loro volti di baci, "mi sono abituata a viaggiare." Nella casa dei nonni, Agnese si trovò molto bene: la camera da letto aveva le pareti bianche ed una piccola finestra dalla quale ad Agnese sembrava vedere l'infinito; il letto era molto alto, ma sotto c'era uno sgabellino per salirci. Sul canterano, ovvero sul comò, aveva ed è più che giusto, le foto incorniciate dei parenti più cari; l'armadio era molto semplice, la colonetta o, comodino aveva il posto per il vasino da notte.
Dopo circa una settimana di soggiorno, i nonni dissero ad Agnese: "Indossa un bell'abito e andiamo tutti a trovare gli amici Rituzza e Serafino." Prima di uscire, Annibale così si raccomandò alla nipote: "Fanciulla mia, non ti facciano impressione tutte le fesserie che dirà il mio amico Serafino; egli del resto, trascorre la giornata bevendo vino e dicendo cavolate, però è molto simpatico. La moglie, poi, è una donna capace di creare pizzi meravigliosi, e in special modo quel merletto che i francesi sogliono chiamare frivolité, lo conosci?" e Agnese: Oh sì, è molto bello." Finalmente i tre giungono alla casa di Serafino, il quale stava provando a suonare la chitarra. Udito il campanello, venne alla porta e accolse molto calorosamente gli ospiti; voltandosi, poi, verso Agnese, chiese a Benedetta: "È questa vostra nipote? Quella che ha fatto le scuole alte?"
Per una buona mezzora, si passò da un discorso all'altro, in modo normale. Quando, però, Serafino cominciò a parlare della sua adorata nipote Belinda, cominciò a sparane di grosse: "Oh mia nipote, se sapeste e," intanto si sventagliava con la mano destra, "mia nipote è la prima della classe" e, rivolgendosi ad Annibale: "Scrive come un medico e non come scriverebbe una gallina con le proprie zampe, come sostengono gli invidiosi. La professoressa di Lettere glielo dice sempre: Belinda, tu sei brava a fare le ricette del medico! Belinda è anche molto buona, oltre che molto intelligente ed ha ricevuto dal sindaco in persona, la medaglia della bontà. Dunque, riguardo alla medaglia, dovete sapere che mia moglie, Rituzza, essendo malata di sinusite, era andata a curarsi alle terme, non so bene quali" e pensò un po' per ricordare: poi esclamò: "forse ci sono! Dovevano essere per l'esattezza, quelle di Caracalla, dove i romani giocavano a palla. Io rimasi solo ed essendo solo, mi sono rivolto alla mia nipotina, e così le ho detto: ascolta, gioia del nonno: la tua nonna sta male ed io qui, in casa, non so fare niente: mi aiuteresti nei lavori domestici? E intendo dire: spazzare la casa, spolverare, fare il letto, lavare per terra, cucinare; cucinare poi, è la cosa che mi interessa di più. Sapete cosa mi ha risposto la mia adorata nipote? Voi non ci crederete. Ella mi ha detto: sì non ci pensare, non trascurerò nulla... Sì, nonno, ti cucinerò io."
A questo punto, ad Agnese venne voglia di ridere, ma riuscì a resistere. Ritornata la famiglia Delfino a casa, Agnese entrò nella propria stanza e là, nel silenzio delle quattro mura bianche, cominciò a ridere, ridere, ridere così tanto e così di gusto da farle male i fianchi. Finalmente aveva potuto ridere per una ignoranza che non era stata architettata, ma che era proprio, genuina, tanto genuina da far provare ad Agnese una grande simpatia per il vecchio e rubicondo Serafino.
12
un altro testo di questo autore un'altro testo casuale
0 recensioni:
- Per poter lasciare un commento devi essere un utente registrato.
Effettua il login o registrati
- Perfettamente d'accordo con te Giuseppina, ma ggi si uniscono ue fattori fodamentali: gli alunni troppo ignorati a casa e mezzi delinquenti, e molti insegnanti che non hanno vogli adi fare un benemerito niente. E per di più molti insegnanti... ignorano la loro materia.
- .. Ora comprendo perchè Albert Einstein fù bocciato in matematica!!!!!
Non esite un metro giusto per valutare le cose. Con tutto il rispetto per quanto già scritto su questo racconto, io lo trovo delizioso!!
Illustra in modo fine, semplice e minuzioso un ambiente ai più sconosciuto; una realtà concreta ed intensa con cui conviviamo! Ci sono dei passi che coivolgono tantissimo e riportano la mente ai tempi andati ed alla candida disinvoltura degi abitanti di paesi del sud!! Si, forse Agnese è stata descritta più minuziosamente, ma non possiamo imenticare che è lei la "prima attrice! Complimenti Giuseppina. Ancantato da tanta freschezza d'animo e scorrevolezza di argomenti!!!!
- Ho scritto codesto racconto per mettere in evidenza come, a differenza di un tempo, in cui l'ignoranza dei fanciulli, era innocente, oggi, l'ignoranza dei ragazzi, è organizzata. Mi riferisco alle manovre degli adulti che si servono dei bambini al fine di demolire l'immagine dell'insegnante onesto, che risulta loro scomoda.
- scusami per il triplo commento, non riuscivo ad inviarlo
- vedi Giusy, a me invece sembra che su questa terra esista si un'ostentazione, ma a sapere, non a non sapere. Sostanzialmente trovo un certo disinteresse riguardo la cultura, l'informazione, però l'atteggiamento è di chi sa tutto e vuole insegnare tutto.
Sono d'accordo invece che ci sono persone semplici, che magari non riescono ad esprimersi con chiarezza, ma che sono depositari di saggezza e buon senso e che insegnano valori e aspetti della vita senza fare i "professori".
Riguardo i primi, devo però aggiungere che una parte di colpa viene anche dalla scuola, che si preoccupa solo di dare una serie di fredde nozioni, troppo spesso slegate, senza fare nessun riferimento e senza avere alcuna considerazione per la persona.
- vedi Giusy, a me invece sembra che su questa terra esista si un'ostentazione, ma a sapere, non a non sapere. Sostanzialmente trovo un certo disinteresse riguardo la cultura, l'informazione, però l'atteggiamento è di chi sa tutto e vuole insegnare tutto.
Sono d'accordo invece che ci sono persone semplici, che magari non riescono ad esprimersi con chiarezza, ma che sono depositari di saggezza e buon senso e che insegnano valori e aspetti della vita senza fare i "professori".
Riguardo i primi, devo però aggiungere che una parte di colpa viene anche dalla scuola, che si preoccupa solo di dare una serie di fredde nozioni, troppo spesso slegate, senza fare nessun riferimento e senza avere alcuna considerazione per la persona.
- vedi Giusy, a me invece sembra che su questa terra esista si un'ostentazione, ma a sapere, non a non sapere. Sostanzialmente trovo un certo disinteresse riguardo la cultura, l'informazione, però l'atteggiamento è di chi sa tutto e vuole insegnare tutto.
Sono d'accordo invece che ci sono persone semplici, che magari non riescono ad esprimersi con chiarezza, ma che sono depositari di saggezza e buon senso e che insegnano valori e aspetti della vita senza fare i "professori".
Riguardo i primi, devo però aggiungere che una parte di colpa viene anche dalla scuola, che si preoccupa solo di dare una serie di fredde nozioni, troppo spesso slegate, senza fare nessun riferimento e senza avere alcuna considerazione per la persona.
- Mi spiego meglio riguardo al racconto: su questa terra a mio parere esistono due categorie di ignoranti, quelli falsi e quindi riprovevoli che ostentano di non sapere per ovvie comodità che si lasciano bene intuire; quelli autentici, che, invece, inconsapevolmente inducono l'acoltatore al sorriso. Queste persone meritano i nostri apprezzamenti, in quanto autentiche personalità, dal cuore buono e genuino. Essendo la mia opera un "racconto breve" non mi sono dilungata sulle descrizioni fisiche dei personaggi.
- sembra un racconto d'altri tempi, per un po' ci ho visto l'influenza (ma può essere benissimo che mi sbagli), di Sveva Casati Modignani, il racconto si legge bene, ma non sempre mantiene il ritmo. Innanzitutto non ho capito a che tipo d'ignoranza "finta" tu faccia riferimento, anche perchè l'argomento è stato lasciato (amio parere), in sospeso. Poi tu descrivi minuziosamente l'aspetto fisici di Agnese, mentre non lo fai con gli altri personaggi.
Scusa la franchezza, dico ciò che penso, per quello che può valere, io non sono una scrittrice, anche se leggo molto.
Comunque un racconto genuino, un po' ingenuo, forse, ma col sapore delle cose e dei valori autentici
Opera pubblicata sotto una licenza Creative Commons 3.0