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TUTTO IN UNA NOTTE
Una notte bellissima: la città deserta si mostra senza pudore, un ubriaco litiga con un nemico invisibile, un mendicante poggiato a una colonna sembra indeciso sul da farsi, una prostituta cammina sostenendo il peso di tanti anni di duro lavoro.
Sarà la mia faccia, sarà l’umidità che rende faticoso perfino respirare, ma nessuno accenna un gesto, non una parola. Non posso fare a meno di pensare che nonostante le apparenze, nulla è più come una volta.
È bello camminare nel silenzio dei vicoli, godere del profumo della solitudine. È dalle otto di questa mattina che sto girovagando, angoli nascosti, vie sconosciute, altre dimenticate, nessuna meta, nessuno scopo, se non quello di evitare i luoghi abituali. I fantasmi, quelli no, non si possono evitare, ci si abitua e poi anche loro sembrano subire la pigrizia di questa meravigliosa città, la bellezza dei terrapieni alberati delle mura, otto, nove chilometri praticamente ininterrotti, quante volte ho chiuso gli occhi cercando di ricordare questi luoghi.
Niente più di una cella riesce a farti amare la natura.
Quante persone, a piedi, in bicicletta, soli, in compagnia, sono certo che pochi siano davvero in grado di apprezzare la libertà: libertà di rimanere immobili a fissare una nuvola, di correre fino a sfinirsi. Libertà …. di pensiero, di parola, di voto, di stampa. Si può morire per conquistare la libertà. Si può uccidere per …..
Qualcuno ha detto che più intelligente sei e più sei destinato a soffrire, forse è vero, ma l’ignoranza è una prigione da cui è difficile evadere. Anche da una cella di pochi metri quadrati è difficile evadere. Ho sempre pensato che la libertà più importante è quella che porti dentro, ma pure la mente rischia di non riuscire a scavalcare quello spazio angusto.
È difficile essere liberi se dentro hai il vuoto.
Mentre rincorro questi pensieri, tentando di convincermi che adesso sono libero, che non ho più bisogno di queste riflessioni, sto camminando, non ho bisogno …. non ci riesco, i pensieri si accavallano; mi ritorna in mente la tribù degli uomini rossi che lanciano frecce contro l’aereo che li sta fotografando.
Non ti viene voglia di possedere un arco?
L’imputato si alzi. Non saprei ripetere in sequenza logica nessuna delle parole pronunciate dal giudice …
…… quindici anni di reclusione …..
….. non esiste nessuna legge che permetta di uccidere per pietà …...
….. gli uomini non possono sostituirsi a Dio …..
….. per tutto questo tempo non ha mai dato segni di pentimento ……
….. lo rifarebbe? Lo rifarebbe?
Come si fa a rispondere?
Adesso le sofferenze sono sparite da quel volto, mi rimane il sorriso, lo sguardo dolce. Il filo di voce che mi sussurrava di aiutarla non è più un grido che ti martella l’anima, che ti spacca il cuore.
Come si fa a rispondere?
Adesso la rivedo in giardino alle prese con le sue rose, sento il suo corpo caldo, il suo respiro, il profumo dei suoi capelli.
Come si fa a rispondere?
Non tento nemmeno più di scacciare questi pensieri, ho vinto anche l’angoscia di dover dare spiegazioni, oggi anche il delitto più barbaro non regge la prima pagina che pochi giorni.
Allora perché ho paura? E poi, non dovrei essere io a fare paura? Sono io che ho ucciso.
Un giorno lei uscirà, ritornerà libero, ma non deve scordare ciò che ha fatto, deve ….
….. anche quando avrà pagato il suo debito con la giustizia degli uomini, dovrà sempre affrontare la giustizia più alta, la giustizia ….
Ti rivedi in piedi, le urla ti muoiono dentro, vorresti sputargli in faccia che non ha capito niente, che la condanna per te è un sollievo, non una punizione, che vivere murato è un privilegio, che se c’è un Dio, è lui che dovrebbe comparire davanti a te, difendersi per questa atrocità, una delle tante ….
In Dio non credo, io rinnego e abiuro
Ogni pensiero, e quanto all’antica ironia,
L’Amore, vorrei che non se ne parlasse più.
Spossata dal vivere, del morire tremante, perso
Brigantino in balia del flusso e del riflusso,
L’anima mia verso naufragi orrendi va salpando.
Verlaine, uno dei tanti amici che mi hanno tenuto compagnia, grazie Paul, grazie di cuore, chissà se la mia anima troverà mai un imbarco.
Entro in un bar per l’ultima birra, le sedie sono già capovolte sui tavoli, in un angolo c’è tutto l’occorrente per lavare il pavimento; il barista ha l’aria distrutta, ma non sembra infastidito, riesce perfino a sorridermi, mi allunga una Peroni scusandosi per il disordine. Evito gli sgabelli altissimi, che sembrano fatti apposta per scoraggiare i clienti a fermarsi, preferisco una sedia, la birra ghiacciata ha l’effetto di un interruttore, almeno per un attimo riesco a distinguere i colori, nel locale c’è un silenzio innaturale.
“Sono uscito di galera questa mattina.”.
L’uomo non sembra aver capito, poi mi guarda, non cambia espressione, smette di sistemare le bottiglie vuote nel contenitore, apre il frigorifero e stappa due birre: “Un evento che merita un brindisi”. Recupera una sedia e si siede, il suono del vetro delle due bottigliette che si toccano si trasforma in una melodia, beviamo: non una parola, nessun imbarazzo, quante volte ho cercato quello sguardo, quante volte ….
Mi alzo e rimetto la sedia sopra il tavolo come l’avevo trovata, mi imita sorridendo, una vigorosa stretta di mano: “Ripassa, mi devi una birra”.
Mentre mi allontano, sento il rumore della saracinesca. Il mendicante ha scelto la scalinata della chiesa, una leggera brezza sembra voler accarezzarmi il viso. Dopo tanto tempo mi sento bene, certo una birra non può fare miracoli, un gesto non può cancellare tutte le sofferenze, ma una stretta di mano può riaccendere la speranza. Guardo il mio vecchio orologio, non so se l’ora sia esatta, l’importante è che ha ripreso a funzionare.
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Una storia, accaduta molti anni fa, non molto lontano da casa mia, almeno così si racconta, una storia di paese che a forza di essere riportata e arricchita è diventata quasi leggenda. Pertanto il riferimento a fatti e persone realmente esistite è da considerarsi casuale o quasi.
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