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Come una Stella
Mi chiamo Whois,
ho diciannove anni
e sono una donna distrutta da un...
barattolo di nutella.
(Epitaffio sulla mia tomba).
Nel cuore della notte, una notte nera e profonda, che più nera e profonda non si può, mi sto avvicinando furtivamente alla cucina.
Questa casa non è grande, ma il corridoio è veramente lungo ed estremamente tortuoso e poi è anche buio: si vede solo il nero ed è tutto veramente nero e ombra, sembra non possa esistere altro in questo momento. Ma nell'oscurità riesco a camminare... e sbatto i piedi contro qualsiasi cosa: contro l'appendiabiti, il portaombrelli, il porta cd, uno spigolo...
A volte neanche capisco contro cosa vadano a sbattere le mie povere membra; ora è la testa contro l'ennesimo spigolo, ora è il piede sinistro contro un fottutissimo chiodino del cavolo che non ha niente di meglio da fare che uscire dal battiscopa...
Stavolta mi sono fatta veramente male.
Maledetta me ed il mio pessimo vizio di camminare a piedi scalzi.
Il fatto è che stanotte non riuscivo proprio a prendere sonno, cioè, all'inizio ho dormito un po', ma sono stata tormentata da incubi assurdi ed allucinanti, del peggior tipo possibile. Sognavo, infatti, di essere a letto e dormire ed in questi casi è la cosa peggiore che può capitare, perché l'incubo diventa verosimile ed il confine tra sogno e realtà diventa sempre più sottile ed insulso.
Stavo sognando di dormire, quando ad un certo punto sento bussare alla finestra.
Poi ad un certo punto vedo la finestra aprirsi e da lì sbuca un omino stralunato, munito di camice bianco e occhialoni spessi spessi stile fondo di bottiglia. È davvero un esserino molto brutto, sgradevole e sgraziato ed io sono veramente turbata dalla sua presenza. Non basta ad alleggerire la tensione il fatto che il mostriciattolo in questione sia veramente ridicolo, oltre che viscido e decisamente brutto, ridicolaggine enfatizzata, inoltre, da certi suoi modi ostentatamente distinti.
L'omino brutto e ridicolo?" con sommo terrore della sottoscritta- si avvicina al capezzale e comincia a rivolgermi la parola.
Dice di aver fatto la scoperta del secolo:
“ Sa' signorina la verità è che noi viviamo in ralenty ”
“ In ralenty?”
“ Si si, ora le spiego meglio... Ha mai guardato le stelle in cielo con un cannocchiale, o magari semplicemente ad occhio nudo?”
“ Beh, si mi è capitato diverse volte...”
“ Bene, spero lei sia a conoscenza del fatto che la maggior parte delle stelle, che si possono attualmente ammirare dal nostro pianeta, in realtà non esistono più da un bel pezzo. A noi giunge la loro luce da posti molto lontani e prima che quella luce arrivi ai nostri occhi, le stelle che la emettevano sono già morte”
“ Si, questo lo sapevo, ma continuo a non capire cosa cavolo significhi vivere in ralenty...”
“ Vede signorina, la verità è che con la nostra vita di tutti i giorni si verifica un fenomeno molto simile: i nostri sensi ci mettono diverso tempo prima di elaborare la realtà che ci circonda e trasmetterla al nostro cervello, ovvero, noi viviamo in ritardo la realtà che ci circonda.”
“ Mi scusi, continua a sfuggirmi qualche cosa, sa' in fondo sono appena le tre di notte e lei mi ha appena svegliato, non sono molto lucida...”
“ Ed invece è proprio qui che sbaglia, non sono le tre di notte di oggi, ma le dieci del mattino di dopodomani.
Come ho precedentemente spiegato, tutti gli esseri umani elaborano la realtà circostante con un certo ritardo, lei in questo momento sta percependo quello che ha vissuto, qualche ora più, qualche ora meno, un paio di giorni fa.”
A quel punto mi sono svegliata, non sono più riuscita a riaddormentarmi e adesso eccomi qua a vagare per il corridoio, nel cuore della notte, ad espiare con il dolore fisico ed i chiodi infilzati nelle mie tenere carni la malsana voglia di nutella causatami dall'insonnia.
Finalmente arrivo in cucina, ma un mio ennesimo conato di autodistruzione mi impedisce di accendere la luce; è come se mi sentissi in colpa per quello che sto facendo e l'evitare di accendere la luce mi aiutasse a tenermi nascosta. Accendo quindi il televisore per farmi un po' di luce mentre trangugio la nutella con un cucchiaino, direttamente dal barattolo, come ogni vero intenditore sa' che è giusto fare.
Non ho mai avuto così tanta fame.
L'idea di accendere il televisore si rivela sorprendentemente un ottima scelta. In un orario in cui nella migliore delle ipotesi trasmettono solo vecchi telefilm dimenticati dal tempo e rinnegati dalla storia o, peggio, ti ritrovi bombardato da grottesche pubblicità di telefoni erotici a pagamento, riesco a trovare uno speciale sui Nirvana, il che è fin troppo per una persona instabile come me. Passano infatti solo pochi minuti e sono già in preda alle mie seghe mentali.
C'è questa sensazione di arrivare sempre in ritardo che mi perseguita: è come arrivare ad una festa quando sta già finendo. Appena metti un piede dentro, staccano la musica, gli amplificatori e le luci stroboscopiche e ti invitano ad uscire che tanto ormai è tutto finito. Si sono divertiti tutti tranne te, non è giusto, ma nessuno può farci niente.
Quando ho cominciato ad ascoltare con passione e devozione i Nirvana, avrò avuto una quindicina di anni e Kurt Cobain era già morto da un pezzo. Mi metteva tanta tristezza ascoltare quelle canzoni consapevole che non ce ne sarebbero state più di nuove, che non sarei mai potuta andare ad un loro concerto e ora guardando quello speciale in televisione sono presa dalla stessa antica malinconia adolescenziale, lo stesso tipo di ansia.
Anzi piuttosto che di ansia sarebbe più giusto parlare di agitazione ed angoscia: voglio vedere un concerto dei Nirvana, voglio uscire di casa ed andare a vedere un loro concerto.
Mi viene in mente un'idea geniale: faccio un viaggio indietro nel tempo, mi tolgo finalmente questo malsano sfizio di vedermi un loro dannato concerto e poi torno al presente felice, serena e soddisfatta.
So anche chi è capace di aiutarmi. Con ogni probabilità è ancora lì fuori che mi aspetta.
Così senza pensarci due volte, lascio affogare il cucchiaino dentro il barattolo di nutella mi alzo, mi avvicino alla finestra e comincio lentamente ad alzare la serranda... Tanto lo so che è ancora la dietro!
Ed infatti appena riesco ad aprire la finestra è li, atterrito dal terrore, sembra una lepre che sta per essere investita da un furgone. Lo afferro per la collottola come farei con un gattino, con la differenza, però, che l'omino occhialuto dal sudicio camice bianco è molto più brutto di quanto lo possa essere mediamente un gattino.
Lo trascino dentro casa e lo lego ad una sedia, quando sono sicura di averlo immobilizzato definitivamente così che non possa scappare, gli espongo il mio geniale piano:
“ Allora bello mio, ascolta, voglio tornare indietro nel tempo per vedere un concerto dei Nirvana. Per la precisione voglio vedere quello del 1992 al festival di Reading, in cui Kurt Cobain entrò in scena su una sedia a rotelle e con una parrucca bionda; è ritenuto uno dei più bei concerti in assoluto.”
“ E perché mai dovrei farti un simile favore?”
“ Perché sono molto più grossa di te!”
L'argomentazione gli sembra ragionevole, comincia, quindi, ad espormi le sue teorie:
“ Io ho scoperto diversi modi per portare le persone indietro nel tempo, ti esplico le varie alternative:
La prima, nonché la più facile, consiste nel riportarti indietro in quanto te stessa... la te stessa di allora intendo... nel 1992, infatti, eri già nata.”
“ Si ma nel 1992 avevo appena otto anni... di certo non posso uscire di casa ed andare a vedermi il concerto a miglia e miglia di distanza in tutta tranquillità, se ho otto anni...”
“ La seconda opzione permetterebbe di trasportare la te stessa di ora nel 1992”
“ Sarebbe sicuramente più pratico.”
“ Ma anche molto più pericoloso, come ti ho già detto, tu eri già nata nel 1992, ci sarebbe in giro una te stessa di troppo e non so che genere di disastro potrebbe comportare...”
“ E quindi?”
“ E quindi rimane la terza ed ultima possibilità, a mio avviso la più affascinante...”
“ Dai parla non tenermi sulle spine!”
“ La terza opzione prevede che tu condivida e conviva l'esperienza del concerto attraverso il corpo di un' altra persona.
“eh?...”
“ Mi spiego meglio: la tua essenza, cioè la tua intelligenza ed il tuo poter provare sensazioni, emozioni e sentimenti saranno trasferiti nel corpo di un'altra persona che è stata a quel concerto.
Tu ti potrai godere quell'esperienza, ma la tua volontà non potrà mai intervenire nella storia passata, perché sovrastata dalla volontà della persona che ti ospita.
Quest'ultimo particolare è fondamentale: ti impedirà di fare cazzate e di sconvolgere l'andamento dei fatti passati.”
“Si, per una volta hai ragione, fra le varie opzioni è veramente quella preferibile. Affare fatto.”
Slego quindi il sudicio nanerottolo occhialuto, per lasciarlo agire liberamente, lo vedo smanettare con un piccolo calcolatore che ha tirato fuori da una tasca del camice.
Poi è tutto sbiadito e confuso: c'è una luce accecante, chiudo gli occhi e quando li riapro non sono più nella cucina del mio appartamento. Sono qui avvolta nella nebbia che è bianca e densa, mi sento immersa in acqua piacevolmente tiepida, ma, improvvisamente, il bianco si colora e comincio a rendermi conto di dove mi trovo.
Vedo un paesaggio a me familiare muoversi velocemente fuori dal finestrino, sono su un autobus.
Conosco sia l'autobus che il paesaggio, L'autobus è il numero cinque, lo riconosco per alcune scritte fatte con pennarelli colorati qui e là, era l'autobus che prendevo da scuola per tornare a casa.
Quella che vedo fuori dal finestrino, invece, è la mia città natale, il che vuol dire che sono stata fregata dal nanerottolo: il concerto dei Nirvana dovrebbe svolgersi in tutt'altra latitudine.
Mi prende un infarto quando mi rendo conto che l'immagine riflessa sul vetro del finestrino non è la mia, vorrei alzarmi e mettermi ad urlare ma non ci riesco, non posso controllare quel corpo che non è il mio.
L'unica cosa che riesce a distrarmi dal panico che mi ha assalito, è uno spettacolo che non vedo più da una decina di anni: L'autobus frena bruscamente, riecheggiano echi di clacson incazzati, tutto il traffico cittadino è immobile per far passare i pastori transumanti con le loro mucche. La strada, i marciapiedi e le vie sono piene di mucche, che non si preoccupano minimamente dello strano effetto che suscitano e si muovono col loro tipico ciondolare tutto mucchesco attraverso improbabili scenari urbani, tra graffiti colorati, case popolari e giganteschi cartelloni pubblicitari tipici dei primi anni novanta; si manifestano come suggestiva epifania, che non può essere commentata, assieme ai pastori erranti che le guidano, inconsapevoli rappresentanti di un mestiere superato dal tempo e dalla storia.
La consapevolezza a volte ti tocca nei momenti più inaspettati.
Ripenso alla mia prima stramba chiacchierata con quello strano omino che è riuscito a riportarmi indietro nel tempo:
noi viviamo in ralenty, percepiamo in ritardo ciò che ci succede...
Che sia tutto falso quello che sto vedendo?
Sono le ultime elaborazioni della mia mente queste visioni? sono forse le ultime avvisaglie di un cervello che, solo ora riesco a capirlo, si sta spegnendo. Sono una persona che se ne sta andando? o forse è tutto già finito da un pezzo. perché ormai è troppo tardi e certe strade si percorrono solo in un senso...
Dannazione, sono morta e non me ne ero neanche accorta.
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- Spalma, spalma, sempre nutella è. ciao simpaticona (sei tu la mia stella polare e non è un caso!!!)
- sempre più lunghi... che brava
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