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Il mondo di Teo
Quel mattino faceva molto freddo. Era un mattino di fine gennaio e nel paesino di Binoruk, di
neve, quell'anno ne era scesa tanta.
Gli abitanti camminavano per le strade infreddoliti. Avevano fretta di tornare nelle loro
case calde.
Teo fu svegliato dalla voce della mamma, che lo esortava a fare presto ad alzarsi.
Doveva andare a scuola. Se non faceca presto, sarebbe arrivato tardi e il maestro si
sarebbe arrabbiato. Teo si stiracchiò e pensò anzi borbottò:’’ già a scuola’’! Quel giorno,
non aveva nessuna voglia di trascorrerlo seduto nel banco di scuola. Non aveva voglia di
sentire le voci chiassose dei suoi compagni. Tantomeno di udire quella del sig. Greg, che si
stizziva ogni qualvolta, qualcuno di loro secondo lui, non stava attento alla lezione.
"Ehi bambini, sveglia! Non andate a spasso con la mente per i boschi e la brughiera.
Potreste avere delle brutte sorprese!’’ ‘’La lezione è qui! ‘’
Con un salto Teo fu giù dal letto, Si vestì in fretta, si lavò con due dita gli occhi e si presentò
bello che pronto dalla mamma a colazione, Prima di uscire, baciò la madre sulla guancia, prese
il berretto la sciarpa e la sacca coi libri. Per arrivare a scuola, doveva passare attraverso una
macchia di alberi così fitti, che era meglio non attardarsi fino a buio, perchè sicuramente ci si
sarebbe perduti., Correva voce che in quella zona, di notte si radunassero strani abitanti. Se
qualcuno si perdeva, veniva sicuramente rapito,
Teo aveva otto anni, e riteneva di essere ormai grande.
Decise che non sarebbe andato a scuola. Quel giorno avrebbe aspettato nascosto nel
bosco la notte.
Voleva rendersi conto se ciò che si diceva in paese, era veritiero..
Mentre percorreva il sentiero che portava alla macchia, gli sembrò che qualcuno lo.
osservasse.
Trovò un tronco, vi si sedette, dopo aver spazzato via la neve. Faceva così freddo, che
anche gli orsi restavano rintanati.
Aprì la sacca, e tirò fuori un grosso pezzo di torta che divorò, Cominciò a guardarsi intorno.
Pensò che il giorno era lungo. Aveva molto da aspettare, prima che giungesse il buio,
Era il caso di trovare un riparo per la notte.
Posò la sacca e incominciò a cercare legna. Avrebbe costruito una specie di capanna.
Raccolse un bel po' di legna e incominciò a costruire la sua capanna. Pose con molta
attenzione il materiale trovato, sovrapponendo ceppi e fascine, fino a quando
la capanna fu costruita. Soddisfatto, rimase ad osservare il suo capolavoro.
Era facile pensò, era come costruire un castello di sabbia, Raccolse un po' di foglie e fece
un giaciglio.
Per cuscino, mise la sacca sotto la testa e si sdraiò aspettando la notte.
Un po' gli dispiaceva per la mamma, che da quando papà era morto, si preoccupava sempre
troppo per tutte le cose.
Teo pensò che avrebbe affrontato il problema al momento opportuno. Ora voleva godersi la
libertà.
Voleva stare con i suoi pensieri. Era felice, anche se un po' stanco.
Udì un rumore, sbirciò tra le fessure della capanna; ed ecco là: vide un omino così piccolo e
dall'aspetto assai curioso.
È uno gnomo. Pensò il bambino. Aveva in testa un cappello a punta con in cima una
piuma verde.
Camminava così in fretta, che in un attimo sparì. Teo restò a bocca aperta’ Dov'era finito?
Non sapeva se uscire dal suo nascondiglio a cercare l'omino, o restare
prudentemente al sicuro.
Si fece coraggio ed uscì. Avanzò a carponi e si avvicinò ad un cespuglio
per osservare meglio ciò che avveniva. Eccolo là!
Era così piccino che Teo pensò, lui era un gigante a confronto.
Non sapeva cosa fare. Ad un tratto l'omino parlò.
‘’Non avere paura, vieni fuori di lì.’’
Mi ha visto. Pensò il fanciullo. Non gli restava che uscire allo scoperto. Gli si avvicinò:
’’ciao, io sonoTeo e tu come ti chiami? ‘’
‘’Mi chiamo Giò-Giò. Sono uno gnomo, come vedi, vivo nel bosco e tu?’’
‘’Io sono un bambino di otto anni e vado a scuola.’’
‘’A quest'ora le scuole sono chiuse,è molto tardi, disse Giò-Giò, che ci fai qui?’’
Teo guardò l'orologio che aveva al polso, dono di papà. Le lancette segnavano le quattro
del pomeriggio.
‘’Veramente oggi sono in vacanza’’ bisbigliò.
‘’Presto presto, aiutami a raccogliere legna, prima che diventi buio.’’
È quasi buio? Devo essermi addormentato. Disse tra sè il bambino.
‘’Io sono qui perchè volevo vedere le fate. Dicono che abitino nel bosco.’’
Giò-Giò tirò fuori dalla tasca una lampada, la poggiò sopra un tronco e l'accese soffiandoci
sopra forte
‘’Forza aiutami a raccogliere legna.’’
Teo era meravigliato, scrutava l'oscurità tendendo l'orecchio. Si udirono strani rumori.
Ora si sentiva chiaro, un vocìo, risate ed un chiasso infernale.
Nello stesso momento spuntavano da tutte le parti, fate gnomi ed elfi.
Il baccano era indescrivibile: ballavano saltavano e cantavano gioiosi.
Teo si trovò al centro di un cerchio festante ed animato,
‘’Io sono Irma, la fata protettrice dei bambini che marinano la scuola’’. Con un inchino, la fata si
presentò a Teo.
‘’Io sono Fige la fata protettrice dei bambini che dicono bugie.’’
‘’Io sono Finn’’. disse un elfo dal berretto rosso e la giubba verde, proteggo i bambini che fanno
arrabbiare la mamma.
Tutti si presentarono e salutarono con un grazioso inchino. Come erano apparsi, così in un lampo
sparirono tutti. Tutti, tranne Giò-Giò che continuava a raccogliere legna.
Anche Teo aveva raccolto legna. Ne aveva oramai, raccolta una fascina.
Guardò Giò-Giò e rimase senza parole. Lui aveva raccolto delle listarelle che sembravano
stuzzicadenti.
‘’Non importa’’ disse lo gnomo, vedendo l'imbarazzo del fanciullo.’’Basta quella che ho raccolto io’’.
‘’Andiamo, vieni. Al villaggio questa notte si festeggiano i compleanni.’’
‘’Quali compleanni?’’ Chiese Teo.
‘’Ma di tutti; noi festeggiamo il compleanno di tutti, così nessuno rimarrà senza festa’’.
‘’Dov'è il villaggio?’’
‘’Vieni con me e vedrai’’.
S'inoltrarono sempre più nel bosco, ad ogni passo Giò-Giò si fermava sbuffando.
‘’Accipicchia, pesa questa legna!’’
‘’Dalla a me,’’disse il bambino.’’ Per me non è pesante.’’
Ad un certo punto, si presentò davanti a loro, una fila di grossi sassi che usarono come passerella.
Così attraversarono un torrentello. Per magia, apparve davanti agli occhi stupefatti di Teo,
un bosco verde, pieno di colori e profumi. La neve e il freddo erano spariti,
‘’Dove siamo?’’ Azzardò con un filo di voce Teo.
‘’Siamo nel mondo delle fate, degli gnomi e degli elfi. Qui non esistono le cose sgradite. Non c'è
l'alternarsi delle stagioni.’’
‘’Qui il bosco è sempre come lo vedi.’’
Arrivarono in una grande radura. C'erano tante piccole casette fatte di legno e di sassi,
Era un magico regno in miniatura.
Un piccolo forno a legna dove un elfo panettiere, saltellando e cantando cuoceva il pane per
gli abitanti del villaggio. Al centro della radura c'era un piccolo pozzo,
dove una fata con un secchio grande come un ditale, tirava su l'acqua.
Quando il ragazzo fu al centro della radura, tutti gli abitanti festanti gli saltellavano
attorno. Riconobbe Finn, che a tutto fiato suonava il flauto, La fata Fige, gli si avvicinò con
in mano un vasetto contenente un unguento.
‘’Questo unguento ha poteri magici’’ disse.
‘’Se lo spalmi sulla fronte, ricordi o dimentichi a piacere. Te lo dono.’’
Ricevette tantissimi doni magici, Quello che a Teo piaceva di più, era una pannocchia
gialla. Se la tenevi sempre con te, non ti saresti mai ammalato, Se la perdevi, erano guai.
Ad un tratto, ci fu un silenzio grève. Nessuno parlò più. Si disposero a cerchio tutti quanti,
Teo si trovò in mezzo, Giò-Giò gli si avvicinò dicendo:’’vedi, tutti quanti sono felici di conoscerti.
Uno come te, non l'abbiamo mai incontrato.’’ ‘’Vogliamo che tu resti con noi e diventi
il nostro gigante protettore. Sarai il nostro Re. Non dovrai fare altro che spargerti
l'unguento sulla fronte. Ricorderai solo, che sei il nostro Re.’’
‘’Pensaci disse Irma, Hai però solo un minuto per decidere.’’
Teo si spaventò a morte. Lui doveva tornare dalla mamma, chissà quanto tempo era trascorso
. Le lancette del suo orologio segnavano l'una di notte. Si voltò per tornare da dove era venuto.
Volleva tornare a casa.
Con sgomento, vide che la radura e tutto il bosco erano sospesi nel vuoto. Sotto di lui, il buio.
Tutto era nero come la pece.
‘’Santo cielo’’, gridò,’’ voglio tornare dalla mamma!’’
Fige gli si avvicinò con in mano l'unguento magico, intinse due dita, e con una carezza toccò
la fronte di Teo, che aprì gli occhi. Vide su di lui il viso sorridente della mamma,
che gli schioccava un bacio sulla fronte.
‘’Teo è tardi, ti sei riaddormentato, Devi andare a scuola’’.
Il bambino saltò sul letto e abbracciò la mamma gridando:
‘’ha funzionato! ha funzionato!’’
La mamma scuoteva il capo:’’ cos'ha funzionato Teo.’’
‘’L'unguento’’. Gridò forte.
‘’Che unguento, su da bravo, non capisco, Non sognare ad occhi aperti come il tuo solito.’’
‘’Ma mamma!’’ S'affanava a dire il bambino:’’ c'erano le fate, poi c'erano gli gnomi,
Giò-Giò mi ha portato...
’ Di colpo ammutolì, come colpito da un dardo. Fu preso da una gioia immensa.
Era felice di vedere la mamma, non poteva vivere senza di lei. È stato tutto un sogno pensò.
‘’Oh buonissimo giorno mamma!’’ Bisbigliò.’’ Sono felice di essere qui’’. La mamma scosse
di nuovo il capo sorridendo; era abituata alla fantasia del suo bambino.
‘’Andiamo il latte fuma nella scodella e ho appena sfornato la torta.’’
Teo felice saltellando, seguì la mamma in cucina,
L'ultimo mio pensiero è stato il desiderio di tornare dalla mamma. L'unguento ha funzionato
disse tra sè.
Senza farsi sentire bisbigliò:’’ grazie fata Fige, Grazie Giò-Giò, grazie grazie tutti.’’
Disse ciò, ben sapendo che il mondo dove era stato, non l'avrebbe trovato mai più.
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- grazie Alberto... Teo mi è molto simpatico... ciao
- bravo Teo. Letto con piacere, complimenti.
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