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Nirma Pot
Avrei dovuto capirlo fin dall’inizio.
Fin da quel nostro primo incontro. Di quelli casuali, nel segno perfetto del peggior film di cassetta passato di mano in mano da un videoregistratore all’altro. Semplicemente sulla fiducia mal riposta di una semplice rassicurazione del tipo: “È il film più bello che abbia mai visto! Guardalo e poi mi dirai se non è vero!”
Il problema, in questi casi, è che spesso e volentieri i tuoi gusti non coincidono esattamente con quelli degli altri.
Praticamente nove volte su dieci divergono senza speranza.
E così ti ritrovi in dormiveglia dopo appena venti minuti dall’inizio della pellicola, quando lei non ha ancora capito se lui faccia la ronda tutte le mattine sotto la sua finestra cantando a squarciagola “Ti amo” come semplice esercizio per la gola o se, al contrario, cerchi di mandarle un messaggio in chissà quale codice segreto.
Segreto! Questa si che è una parola che ben si addiceva a Nirma. Sarebbe meglio dire segreti, tante le cose che nascondeva dietro quel suo sguardo di una dolcezza disarmante, da toglierti il fiato e farti morire soffocato senza nemmeno rendertene conto.
Ricordo ancora il suo sorriso: delicato come una lieve brezza d’alba, quando l’aurora s’accenna all’orizzonte. Era allora, in quel preciso momento, che il mare dei suoi occhi si increspava appena in morbide onde di un azzurro senza confini. Fu proprio nell’istante esatto che il mio sguardo incontrò quell’incantevole profondità ed io vi annegai irrimediabilmente.
Un tuffo infinito dentro l’abisso che Nirma custodiva in sé.
Nirma Pot. È bizzarro come un nome così delizioso possa portarsi appresso un cognome tanto ridicolo e sgradevole.
Solo adesso mi rendo conto che in realtà lo dimenticai non
appena lo sentii sussurrare dalle sue labbra (c’è bisogno che ve le descriva? Avete già capito tutto! Beato chi avrà il sublime privilegio di assopirci le sue, in un lungo, interminabile svenimento di sensi ed inesprimibili emozioni).
Per me esisteva solo Nirma. Pot e compagnia bella potevano andarsene dritti dritti all’inferno, per quello che mi riguardava!
L’Ironia della Sorte (le scrivo con la lettera maiuscola perché quando una se lo merita, se lo merita!) volle però che all’inferno ci andassi io!
Intendiamoci: l’inferno vero e proprio arrivò dopo, senza fretta, con estrema calma e senza sgomitare. Sarei bugiardo ed ingrato se non ammettessi che all’inizio mi sembrò di vivere, sul serio, come in paradiso. La frase è scontata, assai retorica, però rende benissimo il concetto. La colonna sonora di quei miei primi giorni vissuti sotto il segno di Nirma era piena zeppa di canti gregoriani, cori angelici e musiche polifoniche suonate dai più perfetti organi che artigiano musicale avesse mai potuto ingegnare.
Che, poi, della luce! Notte e giorno, sole e luna si mescolavano continuamente in un’ interminabile girandola di luminescenza dai toni che definire caravaggeschi è render troppo onore all’ombra ed alle sue tenebrose sfumature.
Con tutto l’immenso rispetto per il Caravaggio, che amo (indegnamente) alla follia.
Insomma: una vera e propria clinica del benessere e della felicità che solo l’amore può offrirti allorché il tuo cuore pulsa i suoi primi battiti amorosi, quando vivi e divori gli indimenticabili, primitivi momenti dell’innamoramento.
Quindi, se non vi dispiace, vorrei parlarvi un po’ di quel tempo lì, lasciando i dolori e gli spasmi dell’anima ferita per il gran finale. Che da perfetto idiota vi ho già svelato!
Poco male! D’altronde, a ben guardare la piega che hanno preso le cose al giorno d’oggi, avrei suscitato maggior meraviglia e fatto strabuzzare i vostri bellissimi occhi raccontandovi di un lieto fine. Già vi immagino: sareste saltati su come razzi galattici dalle vostre comode poltrone se solo vi avessi confidato che la storia d’amore era ancora tale. Fantascienza! Roba degna del miglior Spielberg e di un Asimov in vena come non mai!
Oddio! Non che tutte le storie d’amore debbano necessariamente finire nel bidone dell’immondizia. Apprendiamo ancora dai giornali o dai rotocalchi televisivi che c’è chi festeggia le nozze d’argento, d’oro e perfino di diamante (senza invidia, ma è faccenda da veri supereroi!).
Tuttavia è sempre più difficile trovarne d’esempi, raro come l’argento, ancora più raro come l’oro, quasi unico come il diamante! Tralascio le nozze platino: mi ingarbuglio al solo pensiero di conteggiare gli anni di coabitazione che si portano appresso quelle coppie che hanno avuto la fortuna (e la follia, mi viene da aggiungere!) di festeggiarle.
Ma torniamo a me. E a Nirma.
Anche se la nostra storia durò poco meno di un battito di ciglia di certo racchiuse in sé le meraviglie di tutti e tre i preziosissimi metalli “matrimoniali”: era d’argento la luce che emanava lungo i viali notturni allorché i nostri discorsi attraversavano in punta di piedi la notte fino al mattino; dorate le parole con le quali ci sussurravamo il nostro sentimento, in modo quasi impalpabili, come fossimo prigionieri del timore di vederlo dissolvere per sempre una volta a contatto con il mondo che rimaneva al di fuori di noi. Infine, come il diamante, fu amore puro, raro, e?" a dispetto della sua prematura fine - eterno.
Ciononostante, non fu amor a prima vista! Il classico colpo di fulmine che tutti?" e dico tutti?" vorrebbero almeno una volta nella vita poter vantare. Nessuna campana che mi suonò in testa quando la vidi per la prima volta. Non svolazzarono teneri passerotti cinguettando simpaticamente in girotondo sopra la mia zucca frastornata. Nessuna vertigine a complicarmi la deambulazione.
In verità il contraccambiato innamoramento si concretizzò poco a poco, di giorno in giorno, di sguardo in sguardo. Il nostro amore trasvolava leggero come pulviscolo amoroso sull’onda dei nostri respiri affannati, allorquando le nostre spalle si sfioravano nell’andirivieni dell’affollato locale.
Il nostro amore planava da una bocca all’altra sciogliendosi nel rosso fuoco delle labbra, sempre in attesa del bacio sublime, il bacio con la B maiuscola, il bacio assoluto, il bacio per eccellenza. Il primo bacio, così perfetto che dovrebbe essere - a buon diritto?" anche l’ultimo.
Per me, poi, quel primo bacio non rappresentò soltanto il traguardo finale verso il quale erano tesi tutti i miei ciclopici sforzi da alcuni mesi a quella parte. La straordinaria apoteosi di quel mio incontenibile viaggio verso il suo cuore. Fu di più.
Molto di più! Fu una vera e propria illuminazione!
Se c’è una cosa che ricordo adesso come se fosse allora - e che per sempre da qui all’ infinito mai dimenticherò ?" è la strabiliante sensazione di averla baciata da sempre.
Non so se mi sono spiegato. Di solito quando ci si appresta a baciare una persona per la prima volta si fanno sempre tanti di quei pensieri e congetture sul come sarà, sul come mi giudicherà, sul come bacerà e via discorrendo. E praticamente sempre?" ma se dovessi sbagliare ditemelo pure: non mi offendo - il primo bacio è un’esplosione di sensazioni sconosciute, di emozioni del tutto nuove. Ecco: con Nirma non andò così! Eppure proprio grazie a quella incredibile sensazione che poi divenne consapevolezza di averla baciata da sempre, proprio in virtù di quel bacio che mi apparve come il miliardesimo che posavo sulle sue labbra, la meraviglia fu ancora più grande e l’incanto che esplose dentro di me scoprì improvvisamente rotte fino ad allora misteriose lungo le quali vidi le nostre vite e le nostre anime viaggiare insieme attraverso il tempo e lo spazio: una passeggiata siderale attraverso millenni vissuti mano nella mano.
In altre parole, ebbi la sensazione di conoscerla da sempre!
So bene che con questa brevissima frase avrei potuto risparmiare?" come minimo?" 800 e passa caratteri (spazi compresi). Ma io sono fatto così! Mi piace giocare con le parole, con la scrittura, con gli avverbi e gli aggettivinel tentativo (quasi sempre frustrato) di cesellare un tenebroso pensiero, di ricamare un’improvvisa idea od intagliare minuziosamente un semplice paesaggio.
E lo faccio solo per me stesso! E lo faccio nonostante sappia fin troppo bene che la maggioranza la pensa esattamente all’opposto. Eppure continuo a farlo!
Eppure continuo a farlo!
Fu la stessa cosa che pensai quando mi accorsi che non riuscivo a smettere di baciarla. All’inizio c’era stato tra di noi come un tacito accordo in merito: nessun bacio! Troppe complicazioni legate ad un gesto apparentemente così innocuo. Già! Talmente innocuo da legare per sempre due persone ovunque poi andranno, in qualsiasi luogo si vorranno rifugiare per nascondersi - per sempre?" l’uno dall’altra. Due estremità opposte di un filo infinito che si avvolge in milioni di spirali e ghirigori attorno all’universo. Un giro del mondo di sola andata in ottantamila baci e molti di più!
Infinito! Già! A dirlo si fa presto! Come dice Vasco Rossi in quella che considero la sua più bella canzone: “Ora sai che vivere, non è vero, che c’è sempre da scoprire, e che l’infinito, è strano ma per noi sai tutto l’infinito…finisce qui!” *
Appunto! Ed anche il nostro infinito finì lì! Come un’ incantevole e luminosissima stella che viene improvvisamente risucchiata da un immenso buco nero, per apparire in chissà quale altro universo parallelo. Come un bellissimo fuoco d’artificio che esplode in colori e meraviglie nel cielo tanto da far rimanere tutti a bocca aperta e con il naso all’insù, prima di scomparire nell’oscurità in malinconici rivoli fumanti come nebbia magicamente sospesa tra le stelle e le luci di città.
Universi paralleli. L’idea non mi dispiace. Sarebbe meraviglioso sapere che da qualche altra parte dell’infinito due amori perduti in quello spicchio di universo possano ritrovarsi ancora insieme in un altro angolo siderale, magari sopravvivendo all’incuria dell’odio, al logorio di una vita che ti sminuzza e ti sgretola per poi soffiare via, nell’irreparabilmente lontano, le tue briciole..
Da quel giorno?" un giorno come tanti altri - non la vidi più.
Ci vollero almeno due mesate per farmene una ragione. Improvvisamente era diventata un qualcosa di impalpabile, di assolutamente etereo, quasi non fosse mai esistita. Col tempo, invece, il suo ricordo tornò lentamente a galla dagli abissi del lago profondissimo dove il mio dolore aveva cercato di annegarla per sempre. E non mi abbandonò più.
L’infinito?" apparentemente finito?" aveva ripreso il suo eterno viaggio.
Fu per caso che un pomeriggio di mezza estate?" riscrivendo e vivisezionando per la miliardesima volta il suo nome su un foglio bianco trovato per caso accanto al tavolo del mio studio?" mi accorsi che quello strano cognome che si portava appresso era tutt’altro che bizzarro, e tutt’altro che un caso.
NIRMA POT, due parole che se anagrammate con un po’ di fantasia da un innamorato pazzo ne figliano un’altra, questa volta di senso assolutamente compiuto: I M P R O N T A.
IMPRONTA! Quella parola mi colpì subito, sebbene senza un immediato perché. Come è mia abitudine, presi il vocabolario per approfondirne il significato. Doveva essercene uno. O almeno lo speravo. Era l’ultima zattera a cui aggrapparmi per restare a galla da lì all’eternità invece di sprofondare per sempre nelle imperscrutabili profondità di un addio senza un perché.
“Impronta: il segno che un corpo lascia su un altro corpo”
Spalancai la bocca, lasciando cadere a terra la penna che ancora penzolava pericolosamente dal labbro inferiore. Lo sguardo, incredulo, sgranava quella frase apparentemente innocua ma che, al contrario, squarciava una volta per tutte il plumbeo cielo della mia mente con la sua illuminante limpidità.
Sistemai il cuscino del divano facendone il guanciale più comodo in cui al momento potessi sperare e mi distesi lentamente. Fissavo il soffitto del soggiorno come fosse la galassia più remota in cui un viaggiatore spaziale avesse la fortuna di approdare. Rimuginavo e rimuginavo sull’incredibile definizione che avevo appena letto.
Pensai che l’inesprimibile sorriso che illuminava il volto di Nirma avesse lo stesso profilo dell’impronta del mio corpo impressa sul divano.
* “La Noia” (Vasco Rossi, Vado Al Massimo, 1982)
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0 recensioni:
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- Semplicemente delizioso. Si legge col sorriso sulle labbra. Ben fatto!
- Mi stupisco che questo racconto non abbia stelline o commenti: veramente ma veramente bella! Mi è piaciuta un sacco!

ps: mi hai fatto morire dal ridere quando hai descritto la prima fase dell'innamoramento, nel pezzo con i canti gregoriani!
Bellissimo! 

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