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Romanzo banale e stereotipato

Un led verde lampeggia nella notte e un paio di quegli orribili trilli da sveglia elettronica cancellarono gli ultimi sprazzi di sonno. 6:30. Ora di alzarsi, anche se lui era sveglio da molto tempo. Un forte dolore alla testa lo riportò a riconsiderare tutto ciò che era successo in quegli ultimi giorni.
Tutto era iniziato circa un mese prima, il mattino di un qualsiasi venerdì.
6:30. Suona la sveglia. Quei gesti ripetuti quasi meccanicamente avrebbero annoiato qualsiasi osservatore esterno ma erano la base della vita di un uomo non più giovane col viso segnato dal tempo e dall'apatia che ormai aveva preso il sopravvento.
Se è vero che la vita ha un senso e che quel senso è soggettivo per chiunque, chi non avesse mai visto - se non quella mattina stessa - il signor Bernard Fasman avrebbe pensato che lo scopo della sua vita era unicamente quello di fare un nodo alla cravatta. I penetranti occhi azzurri viaggiavano febbrilmente da un capo all'altro dello specchio, in attesa che le mani facessero il loro lavoro, quel lavoro seccante che Fasman eseguiva con incredibile perizia, fare il nodo alla cravatta.
Una frugale colazione, consumata da solo in piedi vicino al tavolo, era l'unico momento in cui il pensiero dell'uomo si attivava. Non si pensi che Fasman fosse un uomo con scarsa abilità nell'usare il proprio cervello, anzi la sua mente era sempre attiva, attiva ma priva di immaginazione, domande e desideri. Fasman era, o è, difficile a saperlo, un morto dotato di movimento.
Nella vita di Fasman non c'era niente, era vuota. Non c'era scena patetica che potesse risvegliare un sentimento in quell'uomo arido, difficile dire se per cinismo o per indifferenza, ma in fondo queste due possibilità non si sovrappongono in questo caso?
Con la stessa emotività di un blocco di granito prese la bella ventiquattrore di pelle e uscì come ogni giorno per andare a lavoro.
Se Fasman avesse avuto un'auto probabilmente non sarebbe successo nulla, ma, nonostante il ricco stipendio di neurochirurgo, non ne aveva mai posseduta una. Chi pensa che non avesse voluto comprarla per evitare l'impatto ambientale non ha evidentemente capito che parliamo di un egoista. Il motivo per cui non l'ha mai fatto è dovuto al semplice calcolo che gli ha fatto notare che assicurare l'auto, pagare il bollo, rifornirla di benzina e, ovviamente, comprarla, sarebbero state spese superiori a un abbonamento all'autobus.
Con passo moderato, non eccedeva neppure in questo, si recò alla fermata. Su un marciapiede attendeva l'autobus, quando arrivò un vagabondo.
Il disgusto è un sentimento? Se si è uno dei pochi che Fasman provò mai.
Pochi centimetri di distanza separavano i due uomini, ma in quei centimetri un abisso di differenze e di elementi comuni. Da un lato un uomo, dall'altro un relitto umano, ma è difficile dire da quale lato fosse Bernard Fasman.
Ore 7:20, come sempre arriva l'autobus, come sempre è in ritardo. Fasman sale e nel toccare la sbarra di ferro sudicio nasce in lui un forte disgusto. Stranamente anche il vagabondo sale, stranamente ha il biglietto, la cosa turba un po' Fasman.

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5 commenti:

  • Anonimo il 03/06/2011 12:14
    Lunghissimo
  • Dino Greco il 29/11/2008 18:45
    grazie, è bello sentirlo e aspetto altri commenti da altri
  • Anna Ferrara il 28/11/2008 18:32
    Ti ho letto e mi sei oiaciuto, specialmente per le descrizioni inerenti personaggi e luoghi. Ciao
  • Dino Greco il 23/11/2008 17:37
    chi legge è pregato di lasciare un commento, grazie