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Il mio viaggio a Lourdes
Nei primi di Agosto dell’84 mi trovo, per la prima volta nella mia vita, all’aeroporto in partenza per Lourdes con il mio padre spirituale, P. Mario. Che bellezza! Che grazia! Tanta attesa ed ora eccomi sull’aereo in volo verso Lourdes. Ti vedo Signore, contemplo il cielo, opera della tua mano, la terra, baciata dal mare, diventa sempre più lontana, piccola, evanescente sfuma nello spazio infinito. Ogni nube è diversa e il vento dà loro la forma che vuole! E tu? Pensa, o Signore, non sei riuscito ancora a darmi la forma che vuoi, perché io ho resistito e ancora Ti resisto stupidamente! Perdonami Signore! Le nubi passano, variano, brillano, ma quanti nuvoloni grigi sono passati nella mia vita, o Signore, e lo ricordo con una preghiera-poesia che prendo in prestito dalla mia amica Concita.
Calda neve
… Chi ha teso la mano di noi due,
Tu per farmi salire,
oppure io per farmi innalzare?
Dove sei Signore a lungo atteso?!
Sei opaco in me, tutto tace.
Il silenzio si libra sui miei passi
e come canto senza suono, Tu sei in me.
Eppure mi circondi, sei presente.
Ti ho scelto? O sei Tu che mi hai preteso?
Non lo so ancora,
sei entrato nella mia vita e l’hai stravolta,
senza darmi la possibilità di capire
ed ora aspetto …
Aspetto che la neve smetta di cadere.
Concita Sambataro
Mi scuoto, sento su di me il Tuo alito di vita, queste nubi sembrano fiocchi di neve candida e calda. Ti lodo per il cielo, per il mare azzurro, per i monti innevati, ti lodo per tutte le creature animate e inanimate. Ti lodo mentre l’aereo vola e il mio cuore, ora immerso nel Tuo, non teme alcun male! Intravedo ora una striscia scura giù: è la dolce terra di Francia! La penna non sta dietro ai tanti eterei pensieri e non sta dietro al grazie che ti sussurro così, faccia a faccia: Tu sei nello splendore variopinto del creato, io, in questi atomi di materia che costituiscono il mio essere su cui hai alitato il Tuo soffio di vita e mi sento una piccolissima parte del Tuo universo! Mille anni per Te sono come un giorno solo e un giorno solo come mille anni.
Ecco Ti abbraccio, o Amore Santo, rispondi, Ti prego, ai nuovi problemi che mi porto dentro. “Sei entrato nella mia vita e l’hai stravolta” è vero, quale angoscia mi stringe il cuore dalla quale Tu non puoi liberarmi?
Piccola e indifesa mi affido a Te. Liberami dal male oscuro e nascosto che vive nel mio cuore, da quello insidioso che c’è nel mio corpo, dai ricordi inutili del passato, che spesso diventano vuoti bagagli di nostalgia, liberami dai perché che turbano il mio presente, anche nella vita della chiesa. Tu che guidi l’universo puoi farlo, o potente, o Amore Santo! Ecco non posso più scrivere, l’aereo comincia a ondeggiare, quanto verde splendente, quanta speranza, quanta luce! Dopo l’arrivo e la prima sistemazione in albergo, tutti in gruppo con le targhette appuntate sui nostri vestiti estivi, andiamo a piedi verso il Santuario, che già in lontananza appare: immenso, luccicante di lucette a spillo, lontane e intermittenti.
Le stradine sono caratteristiche, mi sembra di essere a Taormina, i negozietti che espongono oggetti vari sono ben forniti, ma P, Mario, solerte, ci invita a non fermarci per poter partecipare alla processione Eucaristica. Ecco siamo arrivati, cerchiamo di immetterci in questa immensa folla proveniente da tutto il mondo conosciuto. Ma ora, dentro questa “fiumara Umana” noto giovani corpi macilenti, mutilati, offesi, di fratelli e sorelle di tutte le età, perfino bambini inchiodati, con strani invisibili “bulloni della gioia” alle terribili sedie a rotelle.
Questo immenso fiume di dolore ha una caratteristica sconvolgente per me: è un dolore pudico, silenzioso, accettato con infinita pazienza, persino con gioia, oserei dire! Mi sento sconvolta da tanto eroismo e piano mi avvicino a P. Mario e lo guardo interrogativamente, comprende, mi prende per mano e mormora: “Rosarita, il segreto della gioia è accettare la volontà del Signore, poi bisogna “dimenticarsi” e camminare. Ho voluto che tu venissi a Lourdes con me per dare una svolta alla tua fede, anzi al tuo modo di credere”. Ora cammino in fila, sono più calma e, strano, sono io che ricevo sorrisi e timidi cenni di saluto da qualcuno che può muovere solo le dita. L’immensa fiumara a stento comincia a muoversi negli immensi spazi sacri di Lourdes, perché abbiamo lasciato alle spalle la città turistica colma di alberghi, ristoranti e negozi.“
Ave Maria, piena di grazia” ripete il primo gruppo della lunga fila, e in lontananza il gruppo finale fa eco recitando la “Santa Maria”. E la Madre di Dio unisce, in un unico coro devoto, questo mare di pellegrini, pochi, e di sofferenti, quasi tutti.
L’indomani mattina sento prepotente il bisogno di “isolarmi”: sono troppe, varie e profonde le sensazioni che mi invadono, dentro ho bisogno di luce, di pace, di gioia, di dialogo.
Ho con me la targhetta con il nome del nostro albergo e con gli orari di rientro stabiliti.
Calco sulla testa il mio colorato cappellino, sistemo bene lo zainetto, metto gli occhiali da sole e piano svicolo dal mio gruppo; qualcuno mi chiama, ma P. Mario suggerisce: “Lasciate stare Rosarita, ha bisogno di ritrovarsi, perché si era smarrita”.
Ora svelta mi immergo in questa folla “dolorante”, cammino, mi fermo, prego, sento come un lieve gorgoglio d’acqua, ecco è il fiume che, irruento, libero, scorre verso il suo mare. <O Signore fa che la mia vita scorra libera, limpida, feconda di bene e fa che fluisca sempre verso di Te, sicuro porto dell’anima mia! Ecco il mio arido cuore Ti ascolta, ora il mio spirito risposa in Te, anche il mio stanco corpo, al calore benefico della Tua presenza, si sente rifiorire!>.
E sono davanti alla grotta, rispetto il religioso silenzio e mi fermo per un po’ anch’io in preghiera. Fra alcuni minuti ci sarà la Messa nella Basilica di S. Pio X, mi avvio.
L’interrogativo che mi pongo è profondo, un’intera umanità sofferente e dolorante si aggira in questo luogo sacro e il vero stupendo miracolo è la serenità stampata sul volto dei fratelli sofferenti, l’accettazione di situazioni assurde con “naturalezza e speranza”.
Qui c’è la pace, quella che “il mondo irride, ma che rapir non può” (Inni Sacri; A. Manzoni).
Ora alla lettura del Vangelo con gli occhi dello spirito vedo e sento Pietro implorare <<Signore comanda che io venga a te sulle acque>>. E lo vedo sicuro scendere dalla barca e camminare per un attimo tranquillo sulle acque, ma il vento sibila e Pietro ha paura e anche io ne ho ancora tanta. Ma lui ha l’umiltà di chiedere il soccorso. <<Salvami>> implora e anche io Te lo ripeto: “Salvami da tutte le mie paure, dalla mia stupida ansietà e fammi vivere alla luce del Tuo Amore>>. (1984)
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