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La danza degli orsi
Non ricordo il momento preciso in cui giunsi in questi luoghi fuori dal mondo, vaghe sono le memorie di quella notte ove la nebbia regnava.
Nebbia, sì nebbia, fu quella la ragione della mia fermata non prevista. Mai vi ero stato in queste terre dimenticate dal nulla e non lo sarei tuttora, se fossi stato in grado di guidare. La mente poteva farcela ma gli occhi chiedevano pietà. In alcuni momenti, ho avuto l’impressione di aver avuto delle allucinazioni….
Decisi quindi di fermarmi nel primo posto aperto che capitasse. All’improvviso, vidi una lieve luce farsi strada fra la cecità di una grigia notte. Avvicinandomi riuscii a dare anche dare una forma al bagliore. Si trattava di un’insegna….. una locanda.
“Che fortuna!” Pensai fra me.
Senza pensarci troppo voltai a sinistra e arrestai la mia corsa clandestina, parcheggiando proprio sotto l’insegna.
Impossibile ricordare di preciso il nome di quella locanda, non ci feci troppo caso all’epoca, figuriamoci adesso. Credo assomigliasse o richiamasse qualcosa simile ad un club……ma ormai non ha più importanza.
Decisi di entrare con l’incertezza che avrebbero potuto cacciarmi data l’ora tarda. Aprii la porta e, sorpreso, scoprii con felicità che il ritrovo era ancora affollato di bevitori ma un destino beffardo, volle che ci fosse più nebbia dentro che fuori dalla locanda. Strano però, tutto quel fumo non mi dava fastidio anzi, mi riportava alla mente vecchi ricordi di gioventù.
Facendomi strada con gli occhi, notai un posto libero in un tavolo in fondo al locale. Stavo per sedermi, quando una voce interruppe i miei liberi pensieri. Un uomo, anzi due m’invitarono a sedermi con loro al bancone. Titubante non risposi immediatamente, ma quando le mie stanche orecchie udirono l’espressione che oramai non si usa molto, “offriamo noi”….. non potei più rifiutare. Dopotutto, non si rifiuta mai una bevanda offerta in modo più significativo, se alcolica e in una fredda e scura notte come quella.
Attraversai il locale fra sguardi accusatori, come se uno straniero non potesse entrare in quel luogo oscuro e mi sedetti tra i due anziani. Il primo di piccola corporatura e dai lunghi capelli bianchi, l’altro più alto e dalla folta barba anch’essa di color bianco. Ricordo le presentazioni ma ovviamente non tengo più in memoria i loro nomi….. dopotutto l’età….
I due interruppero il sordo riposare dell’oste, seduto su uno sgabello intento a non cadere. Tra imprecazioni soffuse, giunse di fronte a noi puntandosi al bancone con entrambe le braccia con l’aria minacciosa. Subito dopo però, l’anziano dai lunghi capelli, gli fece un cenno e l’oste si ritirò in cucina stampandosi un sorriso in bocca.
In quel momento, non compresi.
Nel frattempo, iniziammo una leggera discussione che spaziò in pochi minuti, dal tempo alla musica, passando per le donne fino a giungere ai lunghi viaggi fatti in gioventù e a tutte le mattine dedicate alle post-sbornie. Strano, ma in breve mi sentivo quasi a mio agio, come se ci conoscessimo da una vita.
Dopo alcuni istanti, fece la sua ricomparsa l’oste con una grossa bottiglia di vino rosso e tre calici. Per una frazione di secondo, alla vista dell’oscura bottiglia, tutto il locale rimase in un insolito silenzio. Persino il fumo, sembrò arrestare il suo continuo mutare.
In quel momento, non compresi.
Dissero che proveniva da una riserva speciale che, un’antica famiglia della zona, da generazioni dava in omaggio una cassa del misterioso vino senza nome all’unico locale del paese sempre aperto.
Assaggiai quindi quel denso liquido rosso con una certa titubanza. Sete n’avevo in abbondanza e sono sempre stato un gran bevitore ma il vino, non lo avevo mai retto con coraggio.
Subito dopo alcuni secondi, avvertii il suo potere calorifero. Non era certo una bevanda per un guidatore che deve farsi strada attraverso la nebbia….. ma era buona. Anzi, il miglior vino bevuto in tutta la mia vita.
Non riuscivo a staccare il calice dalle mie labbra, calice, che magicamente rimase sempre pieno. Mentre gli altri due continuavano a parlare di cose che mai ricorderò, il mondo attorno stava cambiando gradualmente.
Avvertì una piacevole sensazione di leggerezza mentre la lingua, gradualmente si trasformava in un pezzo di legno. Poi, successe il fato che cambiò per sempre la mia vita.
All’improvviso un suono iniziò a farsi largo fra la confusione della serata. Musica, sì, si trattava di una musica molto allegra e vivace.
Incuriosito, mi voltai a guardare e per poco non mi scivolò il bicchiere dalle mani, rimanendo senza fiato per alcuni secondi. Impossibile credere a quello che i miei occhi lucidi vedevano.
Di fronte a me nel mezzo del locale, tre orsi ballavano attorno ad un tavolo. Tre orsi, sì, orsi bruni che in piedi sulle zampe posteriori, danzavano e saltellando al ritmo della musica.
Stavo delirando? Un effetto allucinogeno del vino? No, era tutto reale compresi gli altri clienti che incitavano le bestie battendo le mani.
-La vera festa inizia solo ora!- Mi disse sorridendo l’anziano più basso. Mi sembrava tutto così irreale, con il locale poi, avvolto da un fumo passivo che sembrava giocare con gli animali, avvolgendoli in giochi di fantasia.
Il fatto più strano però, era che solo dopo alcuni minuti mi sembrava di appartenere al quel luogo da sempre, di farne parte integrante. Mi sentivo bene anzi, per la verità era la prima volta che avvertivo in me una tale allegria, una tale felicità.
In quel momento, lasciai tutti i miei pensieri fuori da quella locanda nascosta nella nebbia, niente aveva più importanza.
-Forza! Balliamo anche noi!- Esclamò l’altro mio nuovo amico e non ci pensai due volte. Con il calice in mano, mi buttai nella mischia infilandomi fra gli orsi ballerini come se niente fosse.
Per ore e ore, ballai e bevetti, ballai e bevetti, ballai e bevetti, fino a quando non persi i sensi e mi accasciai per terra.
Dare una spiegazione a quello che successe quella notte? Lo vorrei ma non sono in grado di dire se è stato il vino fatato la locanda stregata.
Solo di una cosa ho la certezza ed è che ora mi trovo sulla cima di una collinetta in mezzo ad un bellissimo bosco. Annuso l’aria alla ricerca di cibo e osservo il cielo sperando che non riservi pioggia come il giorno prima.
Poi avverto un richiamo e auspicando che sia qualche buona preda, corro goffamente, anticipando forse gli altri orsi danzanti che popolano il bosco.
Dopotutto non mi trovo così male, e poi…. ogni sabato vado a ballare!
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